La mostra, che attinge largamente, ma non solo, alle collezioni del Kunst Museum di Whinterthur ci permette di vedere come la Svizzera sia un Paese dove l’espressionismo nasce da un’anima divisa, come si preferisce, da un dualismo che nasce dalle sue stesse radici storiche. Come dichiara l’Assessore Jean-Pierre Guichardaz: “Ci auguriamo che questa iniziativa di ampio respiro possa essere apprezzata da un ampio pubblico, composto non solo dai Valdostani, ma anche dai numerosi turisti, molti dei quali provenienti proprio dalla Svizzera, che frequentano la nostra regione, di cui apprezzano le bellezze naturalistiche ma anche l’importante offerta culturale. Ringraziamo il Kunst Museum Winterthur, con il direttore Konrad Bitterli, i prestatori di collezioni pubbliche e private per la loro generosità e la Kunsthalle Vogelmann, Städtische Museen Heilbronn, con il direttore Marc Gundel, che accoglierà l’autunno prossimo questa mostra in Germania”.
In una mia ricerca storiografica e scientifica sull’Espressionismo ed in particolar modo sull’ Espressionismo Svizzero apro il mio saggio dicendo : Nell'uso attuale del termine espressionismo riferito alle arti si danno due accezioni diverse: da un lato si indica una tendenza ricorrente, una sorta di categoria, individuabile in senso sovrastorico, dell'atteggiamento psicologico che si manifesta, nel fare artistico, in un sistema di esasperazioni formali; dall'altro si indica un complesso momento, storicamente determinabile, dell'avanguardia artistica di questo secolo, al quale il termine è stato applicato, prima dalla critica e poi dagli artisti, per indicarne il comun denominatore e il fattore più caratterizzante. In questo momento prevale l'atteggiamento espressionista categorialmente inteso; ma il fenomeno storico non è riducibile all'atteggiamento, come d'altra parte l'atteggiamento, nel suo manifestarsi storico, si combina con una serie eterogenea di fattori e si riduce in una determinazione particolare.
Nel taglio del materiale da analizzare è legittimo tener presente l'una o l'altra accezione del termine, operando una restrizione, necessaria per ogni tipo di analisi, che corrisponde a una scelta sul metodo e le finalità del lavoro. Optando per la seconda, ci proponiamo di indicare il significato di un certo modo d'intendere la produzione artistica e l'atteggiamento estetico in un determinato momento storico, le sue molteplici manifestazioni e le sue implicazioni ideologiche, le condizioni da cui esso nasce e la posizione che occupa nella coscienza contemporanea. Questa precisazione è necessaria perché, tra tutti i termini designati a indicare movimenti d'avanguardia, l'espressionismo, per la complessità dei fatti che lo compongono e non per una loro presunta, illusoria elementarità, è quello che presenta maggiori difficoltà di definizione e quindi, al tempo stesso, più si presta a risolversi in una categoria sovrastorica; categoria che può esercitare un particolare fascino anche per certe sue istanze irrazionalistiche. Scegliendo di porsi in un'ottica rigorosamente storica, si deve analizzare e scomporre anche questo fascino.
Per espressionismo s'intende dunque una manifestazione delle arti situabile tra l'esaurirsi, o meglio il trasformarsi, di un filone simbolista e le nuove tendenze ?oggettive' e ?razionali', che però sotto molti aspetti in esso rientrano, ossia tra il 1905 circa e il corso degli anni venti. Il termine è nato nell'ambito della pittura, ma il fenomeno investe anche la scultura più limitatamente, la musica, la letteratura, il teatro e il cinema, e infine l'architettura e l'industrial design, dove però è controverso se esso abbia agito direttamente o a livello di istanza, o in negativo. Per un complesso di ragioni economiche e sociopolitiche, nonché per un particolare substrato culturale e in specie filosofico, il suo centro è la Germania, da cui passa abbastanza direttamente in Austria e per vie più lente e complesse in altri paesi. Un discorso a parte va fatto per i fauves, che si possono considerare una particolare, e diversa, manifestazione dell'espressionismo in Francia, e con i quali si sono talvolta identificati gli stessi pittori espressionisti tedeschi. Il termine indica la volontà programmatica di estrinsecare nell'opera una realtà interiore, una condizione composta di sentimenti, concezioni del mondo, reazioni all'ambiente esterno, direttamente e immediatamente attraverso l'immagine, senza il tramite di un simbolo codificato; questa condizione si riassume nella intraducibile Stimmung, letteralmente ?intonazione di un accordo', che comprende lo stato d'animo e l'atmosfera dell'ambiente. Si accentuano, in tal modo, l'istanza comunicativa e il valore gestuale dell'attività artistica, a discapito dell'interesse per una forma totalizzante e appagante; la forma si riduce invece alla funzione di segno, nel contesto di un linguaggio che rivendica a sè, e a sé soltanto, la possibilità di esprimere globalmente e senza ?maschere' la realtà dell'esistenza, ormai scissa irrevocabilmente dalla verità fenomenica: sono proprio gli espressionisti che aprono la strada a un'estetica non più fondata sul concetto di forma e di rappresentazione, ma su quello di ?segno': l'estetica ?semantica', appunto. Nè, se questa tesi è giusta, v'è altro da aggiungere per spiegare l'influenza persistente, crescente, sempre più premente, che l'espressionismo ha esercitato ed esercita sull'arte moderna nel mondo; e la necessità di un ponderato riesame critico che chiarisca l'importanza, non soltanto di componente romantica, ch'esso ha avuto nella storia dell'arte". La definizione dell'espressionismo in tale significato, che, nel sottolineare il moto dall'interno all'esterno dell'atto creativo, polemicamente lo oppone all'impressionismo ma questo se ne rivelerà, a un esame più attento, presupposto diretto, non appare in un vero e proprio programma, ma è desumibile da una serie d'interventi di critici e di artisti. È usata, forse per la prima volta, nel 1910, riferita a un quadro di Pechstein da Cassirer, durante una discussione della giuria del gruppo Secessione di Berlino; da Worringer nella sua difesa delle tendenze moderne soprattutto francesi contro la nazionalistica Protest deutscher Künstler pubblicata poi anche in ?Der Sturm" nell'agosto 1911 con maggiore consapevolezza nel 1914 riferita agli artisti della Brücke, del Blaue Reiter e a Kokoschka, e da Bahr nel 1916; da K. Edschmid in alcuni scritti tra il 1917 e il 1919, riferita alla letteratura; quindi il termine diviene di uso comune, e in seguito sarà riferito sempre più alla tendenza che più nettamente si rivela nei pittori della Brùcke. Dal 1914 in poi per espressionisti s'intendono specialmente gli artisti operanti in Germania, ma il termine è spesso ancora esteso ai fauves, ai cubisti e ai futuristi. In alcune affermazioni, per esempio dello stesso Edschmid e di Behne Deutsche Expressionisten, in ?Sturm", 1914, appare prevalente la tendenza a concepire l'espressionismo come categoria sovrastorica, che eternamente ?ritorna' nell'evoluzione dell'umanità. Come è stato notato, sono gli artisti francesi, e in particolare Matisse sulla scia di Moreau, i primi a formulare nei loro scritti una teoria dell'arte come espressione; e il termine espressionismo in Germania è inizialmente riferito proprio ai fauves: così, per esempio, alla XXII mostra del gruppo Secessione di Berlino, nel 1911.
Ma non è un caso che il termine stesso venga coniato e usato dai critici tedeschi e non dai francesi. L'arte come espressione è intesa in modo profondamente diverso da un Matisse o da storici come Fechter; il riferirnento dell'espressionismo compiuto da quest'ultimo, a posteriori, all'avanguardia tedesca, in base ad argomentazioni irrazionalistiche per noi inaccettabili, indica comunque che esiste un fenomeno storicamente determinato riassumibile in tale termine, anche se gli artisti in questione non si sono autodefiniti espressionisti nè costituiscono un gruppo unitario. Questa esigenza di comunicazione, di approdo immediato alla sfera esistenziale, di recupero del valore della creatività soggettiva, avviene in un momento particolarmente denso di trasformazioni nella storia della Germania. Siamo in una nazione relativamente giovane, in cui il processo di industrializzazione, ancora abbastanza arretrato all'inizio dell'ultimo quarto dell'Ottocento, ha subito negli ultimi anni una rapida accelerazione, per entrare direttamente nella competizione del mercato mondiale. La fase bismarckiana si è conclusa nel 1890 la speranza di un rapporto dialettico tra un capitalismo in piena espansione e un socialismo che preme alle porte, aperta subito dopo da qualche provvedimento, è delusa ben presto e sostituita dall'ordine stabile e dalle mire assolutistiche e imperialistiche di Guglielmo Il.
Nella vita quotidiana appaiono preponderanti i valori del progresso scientifico e del rafforzamento del potere, presupposti della sicurezza di un assetto borghese che tanto più difende il proprio privilegio quanto meno direttamente è attaccato. È il momento di formazione e di espansione dei grandi consorzi produttivi e delle grandi ditte, il momento dei Krupp, della Siemens, delle miniere della Ruhr. In questa situazione l'artista-pittore prende coscienza, più chiaramente di quanto non fosse mai avvenuto prima, della propria non solo ideale ma reale, strutturale emarginazione. Sia nel ruolo di facitore d'immagini di evasiva purezza, sia in quello di sopravvissuto operatore di tecniche artigianali, egli avverte la propria impotenza nella ricerca di un committente non interessato all'utilità dell'investimento o di un destinatario ancora capace di accogliere, nel frastuono della città, il suo specifico linguaggio; e nello stesso tempo avverte, insopprimibile, il freudiano ?disagio' dell'attuale forma di civiltà, anzi di ?civilizzazione', il pericolo e l'imminente catastrofe, e per contro l'impulso vitale a opporvi disperatamente un valore alternativo. Il quale oscillerà sempre tra la pura, negativa protesta e un'ipotesi di ricostruzione più volte frustrata, fino ad approdare ed è questa la fine, o meglio la risoluzione dell'espressionismo al riconoscimento dell'inutilità della ribellione attuata in termini puramente astratti e della necessità, da parte dell'artista, di un intervento diretto nella lotta politica. Non sono, questi, problemi del tutto nuovi. Il ?disagio' era stato rilevato esattamente, anche se utopisticamente irrisolto, da Ruskin e Morris; e il problema di opporre al meccanicismo della produzione industriale l'alternativa della creatività e della libertà è un problema di tutta l'arte contemporanea, dall'impressionismo e postimpressionismo alle avanguardie storiche e fino ai nostri giorni. Ma nell'attaccamento alla propria tradizione nazionale, favorito da un isolamento culturale riscontrabile a tutti i livelli nella seconda metà dell'Ottocento, gli artisti tedeschi ora trovano motivo per aggravare dolorosamente quello che Gropius chiamerà ?l'abisso tra il reale e l'ideale" piuttosto che per risolvere un problema già contraddittoriamente impostato. Nei primi anni del Novecento, pesantissima è ancora l'eredità romantica nella sua componente idealistica, e a questa non è sfuggito neppure il positivismo tedesco che non ha mai assunto un ruolo di rottura, ma è stato neutralizzato da una nuova corrente irrazionalistica con cui esso stesso si confondeva.
L'impressionismo come radicale mutamento nella concezione della pittura non era mai entrato in Germania, e con esso veniva ignorato, almeno a livello di tecnica, qualunque modo d'intendere l'arte nella sua funzione conoscitiva e di controllo con mezzi specifici della realtà fenomenica. Il simbolismo in Germania non evocava tanto un contenuto onirico quanto gli antichi miti e un astratto ideale che sconfinava, assai più che negli altri paesi, nel recupero di un classicismo vuoto e lontano.
Lo Jugendstil, più che interpretare le nuove istanze del modernismo, si era posto, nelle sue forme più appariscenti, come posizione evocativa ed evasivamente liberatoria. L'improvvisa apertura che l'espressionismo indubbiamente segna nei confronti della cultura europea, assume il carattere, da un lato di una violenta reazione contro tutte le condizioni che l'avevano ostacolata, dalla tradizione accademica agli interessi di una logica borghese e industrialistica, dall'altro di una strenua difesa delle proprie radici considerate autentiche, di un recupero sovrastorico dei valori del proprio passato, con i quali il legame è direi quasi viscerale e impossibile a sciogliersi. Consideriamo gli idoli del momento, i nomi ricorrenti negli articoli dei critici e nelle lettere degli artisti: da un'interpretazione parziale di Nietzsche si risale a Schopenhauer e, più lontano, alla genuinità del cristianesimo primitivo o della religione autoctona precristiana; si risale da Wagner a Goethe, fino a Dürer, Grünewald e i 'primitivi'? tedeschi.
Il primo momento della reazione non in senso strettamente cronologico, anche se pure di questo si tratta, ma soprattutto in senso dialettico segna un'esasperazione della soggettività contro la minaccia di una massificazione, dell'individuale contro il sociale. Quindi, il passo è breve verso il recupero di un senso di coralità in cui l'individuo non solo conserva il proprio valore, ma lo intensifica nel creare, con i suoi simili, quella sorta di superiore individualità che è la comunità e che non necessariamente coincide con la collettività sociale. Resterà sempre, negli espressionisti e fin negli del Bauhaus un contrasto tra ciò che Tönnies aveva definito Gemeinschaft e Gesellschaft. Contro la materia impersonata dalla macchina, dal denaro, dal benessere, si rivendica lo Spirito e anche in questo c'è l'eredità diretta della tradizione simbolista, o più precisamente il Geist, che è spirito e intelletto insieme, e si esprime attraverso l'istinto, romanticamente rivendicato contro la ragione. Esso non va confuso con una religiosità di tipo confessionale: viene esaltato anche contestualmente all'agnosticismo o all'indifferenza religiosa; è una sorta di anima, una Seele, un principio vitale, e difatti la parola sarà nuovamente assunta e chiarita in questo senso con il rafforzarsi di tendenze neovitalistiche negli anni successivi alla prima guerra. Comunque gli espressionisti sono in genere profondamente religiosi, quasi tutti tendenti a una forma mista di panteismo e misticismo, in cui identificano, sempre sulla scia della corrente romantica. Ma, al di là dell'interesse che può suscitare l'adesione di alcuni artisti a determinate dottrine, è importante tener presente il diffuso senso ?cosmico' che emerge da tutte le testimonianze dell'espressionismo. Il senso di disagio e di emarginazione spinge l'artista a ricreare il proprio rapporto con la natura in base a funzioni irrazionali e mistiche, perché sul terreno della nemica ?raglone' sarebbe sconfitto in partenza. In un primo momento egli oppone il suo io a una natura intesa come materia passiva, cui solo l'atto conoscitivo del soggetto può dare anima e vita. Quindi egli aspira a ricostituire una ?unità' perduta, a perdersi nel ?tutto', in un cosmo in cui gli esseri e le cose il principio divino e la materia stessa si fondono in un principio vitale che è il Geist, che oscilla tra un desiderio di autodistruzione, in quanto individuo staccato dal ?tutto' originario, e un desiderio di autoaffermazione, perché il Geist si afferma attraverso un atto di volontà che è pur sempre un atto umano di rivalità con la natura. Il tema dell'unione cosmica è costante negli scritti di Fr. Marc, ma si trova anche in Klee, A. Macke e molti altri. In una lettera del 1° dicembre 1917 a E. Grisebach, E. L. Kirchner scrive: ?Capisco ciò che Lei intende quando dice che il filosofo e l'artista creano il loro mondo. Questo mondo in realtà non è che un mezzo d'intesa per entrare in relazione con gli altri uomini nel grande segreto dell'universo". E Kandinskij in Sguardo al passato: Ogni opera d'arte ha origine nello stesso modo in cui ebbe origine il cosmo: attraverso catastrofi che dal caotico fragore degli strumenti formano infine una sinfonia la quale ha nome armonia delle sfere". Nel passaggio da un'opposizione tra l'io e il mondo alla ricerca di una nuova armonia tra gli esseri e le cose bisogna tener presente anche la funzione della mai interrotta tradizione del classicismo di Goethe, al quale gli scritti di artisti e critici fanno continuamente riferimento. Continua così una particolare dialettica di classico e anticlassico che trae le sue origini dallo Sturm und Drang; e l'espressionismo non si risolve semplicemente in un atteggiamento anticlassico, ma in una nostalgia per un' armonia che si vuol recuperare. In questo ?ritorno' all'unità originaria si ricercano le radici dell'esistenza umana anche in senso storico, come ripensamento della propria tradizione.
Di qui il primitivismo, che gli espressionisti ereditano pure dal romanticismo e dall'area simbolista, ma che assume ora un tono particolare; è qualcosa di antico, di lungamente represso, che esplode, dal profondo dell'inconscio, nello Urschrei, il grido primordiale. Va precisato che il concetto d'inconscio, per gli espressionisti, è influenzato anche da Freud e più tardi da Jung, ma resta estraneo al senso in cui viene definito dalla nuova scienza della psicanalisi: morbosamente legato a qualcosa di viscerale e trascendentale nello stesso tempo, esso viene a coincidere con un'idea integralista dell'umano, carica di componenti sovrastrutturali; e per questo resta ancora al di là della nuda freddezza e laicità con cui il termine si trasforma per i surrealisti, anche se molti sono poi in concreto i passaggi tra i due movimenti, mediati dal dadaismo. Si tratti della scultura negra o dell'arte dei popoli dei Mari del Sud, degli ex voto popolari, delle stilizzazioni della scultura etrusca di E. Heckel ed egizia di O. Müller, o del verticalismo gotico, il primitivo viene sempre assunto non soltanto e non tanto come principio formativo, ma piuttosto come evocazione di una autenticità primordiale, inconoscibile ma manifestabile nel puro atto: non è un caso che le componenti primitivistiche appaiano più evidenti nelle incisioni e in particolare nella tecnica della xilografia, ripresa dalla tradizione popolare e dagli incisori tedeschi del Quattrocento, in cui la forma fa tutt'uno col gesto che scava il legno e che è determinato da una connessione quasi strutturale tra la soggettività dell'impulso e le caratteristiche quasi organiche e viventi (le venature) della materia. Considerata la situazione storica da cui si sviluppa, è logico che al centro della poetica dell'espressionismo sia la tendenza a porre, e talvolta, nello stesso tempo, a eludere, il problema sociale e quello di una filosofia della scienza. Nasce una difesa del ?povero', esplicita, per esempio, in Heckel e in A. Loos, in cui si mescolano la tradizione del cristianesimo primitivo e quella del socialismo utopistico come in genere in tutte le avanguardie storiche, è pressoché ignorato il nome di Marx e a questa spesso si accompagna una difesa dell'individuo in cui intervengono spunti anarchici talvolta direttamente testimoniati, e del resto già presenti nell'area simbolista francese e nell'esempio wagneriano. Molti artisti, per esempio Marc e quasi tutti i membri dello Arbeitsrat für Kunst, si autodefiniscono socialisti, ma di un socialismo ?particolare', perpetuando così quell'atteggiamento impolitico che era stato caratteristico di gran parte del romanticismo, non solo tedesco. In Lo spirituale nell'arte Kandinskij, nel triangolo che simboleggia l'avanzata dello Spirito, pone al livello più basso i ?materialisti", che sono ?atei" anche se professano una religione confessionale, sono in politica ?repubblicani", in economia ?socialisti" e odiano l'anarchia anche se non la conoscono; e a un livello di poco superiore ci sono quelli che, tra gli altri, citano Marx. Mentre si sostiene l'autonomia e la libertà dell'atto estetico, si rifiuta il principio dell'art pour l'art, per finalizzare la forma all'affermazione di una vittoria spirituale e propagandare l'intervento diretto dell'arte nella vita; in teoria, nella vita del popolo, ma spesso si propugna la necessità di una élite culturale. A parte alcuni episodi circoscritti e anch'essi contraddittori della rivista ?Aktion", l'atteggiamento degli espressionisti è nettamente antiattivistico, e in questo si distacca dalla componente nietzscheana. In realtà la protesta sociale avviene nella forma di un'astratta negazione ed è anch'essa concepita come puro atto non contaminato dalla realtà; nella ricerca di un ruolo specifico d'intervento, mai definito e realizzato, consiste il dramma, dai toni della speranza a quelli della disperazione, degli espressionisti. Comune a tutti è l'atteggiamento antiborghese, altra costante almeno dal romanticismo in poi, e la polemica antipositivistica. L'utilitarismo, la ricerca del benessere e la fede nel mero progresso scientifico vengono accomunati nel concetto di materialismo, al quale si reagisce ora accentuando la fede nell'?evoluzione' in una fase spiritualistica, dove il divenire si contrappone, ancora romanticamente, all'essere come lo spirito alla materia, ora ricorrendo al regresso in una fase preborghese, che s'identifica indifferentemente con la comunità medievale o con la preistoria dell'umanità. Nonostante l'odio per la borghesia, si accetta senza troppe contestazioni la realtà di fatto della committenza borghese. Questo non può essere oggetto di condanna: nella situazione politico-culturale esistente, e con i limiti ideologici che son quelli di tutti gli intellettuali e non solo degli artisti, gli espressionisti, come coloro che li precedono e li seguiranno, non possono far altro che cercare la protezione del collezionismo privato; aspirano, sia a Monaco che a Berlino, a non esserne condizionati, a organizzare mostre senza giuria, ma la loro gratitudine si volge indifferentemente al Direttore dei Musei di Monaco, H. von Tschudi, al ?mecenate' B. Koehler (lo ?zio Bernard' di Macke), ai mercanti illuminati P. Cassirer e H. Walden. La ?comunità' della Brücke si regge col finanziamento dei ?soci passivi', quasi tutti nomi dell'alta borghesia, e perfino nel programma dello Arbeitsrat für Kunst la produzione artistica deve avere finalità pubbliche, ma può esser promossa da enti pubblici e privati. La disputa sulla collocazione borghese o antiborghese del fenomeno espressionista, connesso alle sue radici romantiche e in vista della fortuna che alcuni suoi temi avranno nel nazismo, sollevata soprattutto dall'interpretazione lukácsiana, non ha alcun senso, a nostro avviso, se ci si riferisce al piano politico concreto e all'espressionismo in particolare anziché a tutta l'arte contemporanea. Condannare il fallimento di questo movimento artistico significa cadere nell'illusione di una potenzialità rivoluzionaria diretta che esso non può avere, nè se lo consideriamo parte di una sovrastruttura, nè se lo consideriamo un linguaggio specifico. Anche se si appella sovente al popolo e la parola Volk in tale contesto ha un significato romantico e spiritualistico e non coincide affatto con una ?classe', l'espressionismo non è un'arte popolare, come non lo è nessuna avanguardia. Nato nell'ambito, e sotto tutti i condizionamenti, di un assetto borghese, ne avverte i limiti e le contraddizioni, lo giudica, lo condanna e protesta contro di esso. Impotente a rompere i ponti con la sua stessa matrice, della borghesia si limita a preannunciare la catastrofe e in certa misura vi contribuisce, ma l'analisi negativa non evade dal livello simbolico. Nel momento in cui gli artisti avvertono l'equivoco, che non è della loro singola posizione ma del concetto stesso di arte, l'espressionismo, con un processo assai simile alla vicenda cubismo-dadaismo, si rovescia nel suo contrario, e si parlerà di morte del quadro, morte dell'architettura, morte dell'arte, senza peraltro la volontà di attuarla: nel 1912 Kandinskij parla di arte monumentale opera d'arte totale che si realizza non nel quadro ma nel teatro; Loos sostituisce al concetto di architettura quello della nuda prassi del costruire; gli architetti tedeschi dell'immediato dopoguerra oscillano tra l'esaltazione della forma nella fase utopistica e la riduzione della forma a un equivoco concetto di funzione nella fase del razionalismo; nel 1921 W. Worringer teorizza il concetto di fine dell'espressionismo e morte dell'arte figurativa (Künstlerische Zeitbragen). È stato notato che certe immagini e, più in generale, il senso di decadenza e di morte presente un po' in tutta la produzione espressionista, ma in particolare nella prima fase e nella ripresa postbellica, preannunziano la catastrofe della guerra o il nazismo. Tenendo anche presente che nel 1913 già si parlava di guerra, è chiaro che queste immagini derivano comunque dal presentimento, e dall'avvertimento, che l'attuale indirizzo politico (e non solo della Germania) non può che portare a una catastrofe. Accanto alla fiducia nell'inizio di una nuova era, in una palingenesi dell'arte e della società, avvertibile soprattutto nel Blaue Reiter, e all'esaltazione della giovinezza il tema era già presente nello Jugendstil, lo stile della gioventù, c'è l'idea dell'imminente fine di una civiltà. L'atmosfera della Dämmerung è presente, nonostante l'apparente lucidità filosofica smentita dalle componenti irrazionalistiche, in un libro come Il tramonto dell'Occidente di O. Spengler del 1918 che influenza direttamente l'idea di fine dell'espressionismo del Worringer: fine e non risoluzione, Ende e non Auflösung, e quindi non derivabile dalla dialettica hegeliana. Fine del mondo, e a seconda dei casi con o senza resurrezione. La diagnosi era esatta; i toni con cui si tenta il rimedio, o non lo si tenta affatto, lo sono meno. Si può ammettere che in questa rinuncia si riflette l'atteggiamento del borghese che assiste senza ribellarsi alla propria autodistruzione. Ma se per l'espressionismo l'arte è comunicazione, il compito rivoluzionario è realizzato nell'atto stesso della denuncia e nello stesso ammettere la propria inettitudine, che è quella di un'intera classe sociale, a costruire un'alternativa. Tutto questo va detto per un'interpretazione globale del fenomeno; nel quale esistono anche episodi regressivi che si nutrono passivamente di una certa cultura, tramandata da una parte del filone romantico e sfruttata dall'ideologia nazista si vedano le tesi di storici come P. Viereck e G. L. Mosse, e quella più ponderata del Mittner. L'alternativa borghese-antiborghese introduce a un altro carattere dell'espressionismo: l'accentuata bipolarità, cui abbiamo già accennato a proposito della dialettica classico-anticlassico, opposizione-risoluzione del rapporto tra l'io e il mondo. Un atteggiamento bivalente è riscontrabile in ogni movimento artistico del Novecento basti pensare al cubismo un'opposizione polare è nei loro reciproci rapporti e risale al binomio sublime-pittoresco e classico- romantico. Appare nettissima nelle tendenze di volta in volta scientifiche e irrazionali, astratto-geometriche e organiche (spesso intrecciate) del postimpressionismo. Ma questa bivalenza, derivata dall'area simbolista, raggiunge nell'espressionismo la sua massima tensione; e non a caso alcuni studiosi di psicologia vi hanno visto, a ragione o a torto, realizzata la manifestazione di un carattere introvertito, o piuttosto di un carattere schizotimico estensibile a gran parte dell'arte contemporanea. Sta di fatto che nell'espressionismo, e non di rado in uno stesso artista, coesistono un'esigenza di espressione soggettiva e di costruzione oggettiva, la ricerca del brutto e del deforme e quella di un'armonia, il relativo e l'assoluto, il tema della morte e quello della nascita, lo slancio lirico e la fredda impassibilità. Si passa dal rifiuto delle scienze esatte all'emulazione dell'astrazione matematica e degli studi biologici, dall'odio per la macchina all'esaltazione dell'industria soprattutto in campo architettonico, dal nazionalismo all'europeismo e internazionalismo, dall'esaltazione dell'individuo a quella della massa, dalla rivoluzione alla conservazione, dall' ?urlo" alla ?geometria" . Questo andamento distonico è spiegabile alla luce del ?disagio della civiltà' da cui deriva e del carattere soggettivo di entrambe le soluzioni di ogni coppia di opposti. L'artista cerca ogni volta una risposta totale, esistenziale al problema della funzione dell'arte, chiede la sopravvivenza della libertà in assoluto e non i modi in cui si possa attuare; per questo, almeno prima del Bauhaus, gli sfugge quella soluzione perché diverso è il suo problema che appagava Cézanne o i cubisti: che la propria funzione consista nell'elaborazione di una tecnica esemplare, in un'indagine autonoma sulle strutture dello spazio e del tempo. Il problema degli espressionisti è meno circoscritto, più universalistico e perciò più ?tragico' rispetto a quello dei cubisti. Tuttavia esso non va isolato, ma inquadrato in un rapporto di contemporaneità, di reciproci scambi e di complementarità con la linea fauve e cubista; si può dire che, in un analogo rapporto, tutte le esperienze successive muovano ora dalla tendenza fondamentale dell'espressionismo, ora da quella del cubismo. Per alcuni artisti della Brücke e del Blaue Reiter non tutti: non mancano interpretazioni corrette, non polemiche e istintive, come per critici come Bahr e Worringer, l'impressionismo è l'ultimo atto della tradizione classica rinascimentale alla quale si oppone la nuova pittura. Ammirano invece, e considerano dei loro, non solo Gauguin e van Gogh, ma anche Cézanne. La pittura impressionista vera e propria è, per loro, legata alla borghesia e al positivismo, è una passiva registrazione di dati sensoriali. La stessa interpretazione, comune anche ai fauves, si era formata nell'area del simbolismo francese. Posso considerare al contrario l'impressionismo come il primo atto di una serie di analisi condotte su una realtà non più pensata come assoluta ed esterna all'uomo, ma come prodotto della sua coscienza; il primo passo verso quel soggettivismo, che sarà poi alla base dell'espressionismo. I giovani pittori tedeschi non hanno veri impressionisti nella propria tradizione neanche M. Liebermann, L. Corinth e M. Slevogt si possono considerare tali e intorno al 1905 assai poco sanno degli impressionisti francesi. La strada che quelli avevano aperto sarà loro indicata da un lato da E. Munch e J. Ensor e poi dai fauves e dai loro immediati precedenti dall'altro dalle teorie dell'arte contemporanee all'impressionismo e al postimpressionismo, nate in Germania e in Austria e certamente note nell'ambiente di Monaco. Da Gauguin, van Gogh e Cézanne i nabis e il pointillisme, dall'impressionismo al fauvismo e attraverso Braque e ancora Cézanne fino al cubismo.
Nel primo decennio del secolo quindi gli elementi comuni agli artisti francesi e tedeschi sono minoritari rispetto alla base culturale; e anche la distanza dall'impressionismo va misurata su scale diverse. Al procedimento recettivo dall'esterno all'interno sia i fauves che gli espressionisti oppongono un movimento dall'interno all'esterno, all'analisi la sintesi, a un processo materiale un processo spirituale. Entrambi usano colorazioni violente e arbitrarie, non dedotte dalla realtà ma interamente create, stesure di colore compatto, spesso delimitate, con una tecnica derivata dal cloisonnisme, da strisce scure; superano la frantumazione impressionistica dello spazio riducendo le immagini al piano, o a più piani intersecantisi che non hanno più alcun rapporto con la piramide visiva della tradizione rinascimentale. Ma l'operazione nei due casi è condotta con intenzionalità diversa. I fauves operano ancora nell'ambito della tradizione classica francese mai del tutto interrotta e continuamente rivitalizzata; non si pongono direttamente problemi esistenziali e sociali. L'espressione di un contenuto soggettivo si attua nella ricerca della potenzialità costruttiva del colore puro, nella creazione di forme che mirano a ricomporre un'armonia universale, una ?natura parallela", come diceva Cézanne, il modello di un mondo possibile, in cui è essenziale la funzione di una forma perfetta e autosufficiente. Di qui al cubismo, per la via indicata da Braque: il colore si condensa in solidi geometrici, crea un nuovo spazio, in cui è introdotta, attraverso la memoria e la compresenza del vicino e del lontano, la dimensione del tempo. L'interrotto rapporto con la realtà è ricreato con un processo rigorosamente formale e un criterio universalizzante; rispetto all'impressionismo è stato compiuto un passo dal relativo all'assoluto; ma anche gli impressionisti si proponevano fin dall'inizio e qui è la ragione della breve durata del gruppo una nuova sintesi della realtà da attuarsi attraverso la tecnica pittorica. Gli espressionisti della Brücke operano in piena tradizione romantica; dietro di sé hanno il mitologismo di A. Böcklin, lo spazio ideale e astratto di H. Marées o di A. Hildebrand, una tradizione pittorica classicistica (non classica) che contrasta con la cultura più radicata e popolare: a tutto ciò si oppongono e da tutto ciò nello stesso tempo sono condizionati. L'espressione si carica di un contenuto essenzialmente psicologico e la forma, più che subordinata, è violentata: se i colori dei fauves sono violenti ma armonicamente composti, questi sono stridenti e spesso sporcati da gialli acidi, verdastri, violacei; le linee sono spezzate, gli angoli appuntiti, le immagini disarmoniche. Non è, questo, il modello di un mondo diverso, ma lo stesso mondo reale restituito deformato e talvolta mostruoso: nonostante l'immagine sia prodotta dall'interno, essa è incapace di staccarsi dalla memoria del reale che è costrizione e sofferenza. La situazione si rovescia nelle opere del Blaue Reiter e non a caso c'è stato di mezzo il contatto diretto con i fauves. Ma, anche in questa fase, il problema centrale non è la creazione di una nuova armonia e un nuovo spazio (?solo l'arte poteva trasportarmi fuori dello spazio e del tempo", ricorda Kandinskij nello scritto giovanile Sguardo al passato, e la formula resta per lui sempre valida), ma la rievocazione dell'inconscio, il recupero del soprannaturale, la comunicazione tra gli esseri e le cose. Che Matisse sia classico, mediterraneo e pagano e Kirchner, o Kandinskij, gotico, nordico e mistico è immagine ormai abusata e da prender con cautela, ma significativa: da un lato si ?esprime' un'idea appagante del mondo, una fiducia nelle possibilità costruttive di una tecnica umana, dall'altro una ricerca ansiosa e sempre inappagante, una tensione verso un Assoluto che resta al di là delle possibilità umane, un impegno in una prassi che mai si risolve in una forma compiuta, ma in cui s'identifica, all'infinito, l'attività artistica. Tutto questo vale come caratterizzazione generica dei due movimenti: nei singoli artisti troviamo anche forme miste e complesse. Tra i fauves, per esempio, M. Vlaminck è quello che più si avvicina all'inquietudine dei tedeschi, mentre Marc trova, tra il 1912 e il 1914, immagini di una straordinaria armonia ?classica'. L'aggancio ad alcune teorie estetiche, storico-artistiche, filosofiche e letterarie è quanto mai necessario per un'introduzione all'espressionismo tedesco, sia per il suo accentuato carattere ideologico, sia per la rottura che esso compie con la tradizione figurativa locale, per cui le sue componenti vanno ricercate in gran parte al di fuori dell'area figurativa. L'autonomia del linguaggio pittorico, la creatività e direi quasi ?formatività' intesa come movimento dall'interno all'esterno, le implicazioni psicologiche, l'impulso volontaristico, la polemica antipositivistica e, in parte, anche la preferenza per le produzioni anticlassiche sono tutti elementi che trovano la loro premessa nei teorici della
tpura visibilità' e della Einfühlung empatia, immedesimazione, simpatia simbolica, separa la facoltà con cui opera il pittore, la pura visibilità, sia dalla ragione che dal sentimento. Contro l'idealismo hegeliano e il positivismo di quest'ultimo però sono accolte alcune istanze, come l'esigenza di fondare una ?scienza dell'arte', contro il romanticismo e il realismo, l'arte non è riflesso nè della natura, che non esiste al di fuori della coscienza umana, nè di un concetto o un'idea, nè del sentimento, ma è una forma autonoma di conoscenza, un atto creativo che parte dalla coscienza e termina nella forma della realtà, che va dall'interno all'esterno e in cui l'attività della mano prosegue quasi automaticamente e senza soluzione di continuità quella dell'occhio. Siamo nella tradizione kantiana, filtrata dal formalismo dello Herbart; e in genere a Kant, e non a Hegel, risalgono i precedenti culturali accolti dagli espressionisti. La teoria della Einfühlung è di origine romantica, ma la sua formulazione moderna si può far risalire all'opera di R. Vischer ed è sistematizzata da J. Volkelt. Secondo tale teoria, l'artista proietta i propri sentimenti non negli oggetti delimitati concettualmente, ma nelle loro forme, presta la sua anima alle cose; e le forme da lui create rifletteranno il suo atto soggettivo di immedesimazione in esse, anche in questo caso secondo un processo che va dall'interno all'esterno. È importante, per gli sviluppi futuri, il principio antimimetico che vi è implicito, come anche il rapporto con la psicologia sperimentale, assente invece nella teoria fledleriana, nonché l'attenzione data dal Vischer al sogno e al mito; e soprattutto il principio soggettivo su cui si basa la teoria della percezione e della riproduzione delle forme, che si intende già come espressione di un contenuto puramente interiore. È certa l'influenza esercitata dalla teoria della Einfühlung nell'area dello Jugendstil e in particolare sulla concezione di H. Van de Velde, che a sua volta tanta importanza avrà per gli architetti della generazione espressionista, e sul libro Lo spirituale nell'arte di Kandinskij. Di entrambe le teorie si vale A. Riegl per la sua concezione di un Kunzstwollen (volontà d'arte) che, in consonanza con le idee filosofiche, religiose, politiche, ma agente come elemento attivo di trasformazione, si esprime non allegoricamente, ma attraverso schemi o simboli visivi, raggruppati secondo un'alternanza di ?tattile' e ?ottico'. Di questa teoria Riegl si serve per rivalutare le arti applicate, cosiddette minori, e le fasi primitive e della cosiddetta decadenza: due interessi che, accanto all'accento spiritualistico e volontaristico, si ritrovano nello Jugendstil e nell'espressionismo. Dalla teoria della Einfühlung e da quella del Riegl, nonché da Hildebrand, Schmarsow, Wölffiin,Worringer -Abstraktion und Einfühlung, Neuwied 1907 per opporre a un Kunstwollen fondato sul concetto di empatia, basato soprattutto sulla teoria del Lipps, uno fondato sul concetto di astrazione, tipico delle epoche primitive, dell'Oriente e, in parte, del gotico. L'uomo primitivo non s'identifica nelle forme dell'apparenza fenomenica; prova disagio nei confronti del mondo esterno, teme lo spazio, rifugge dall'organico-vitale' e trova conforto nell'?astratto', ossia in una regolarità geometrica, cristallina, inorganica, in immagini ?morte' come la piramide egizia o i mosaici bizantini, in cui tutto è ridotto alla rappresentazione bidimensionale per sottrarre gli oggetti alla casualità con cui sono percepiti nell'esperienza fenomenica e per renderli invariabili ed ?eterni'. Worringer dimostra una simpatia per l'astratto, che nelle opere più tarde si rovescerà in una simpatia per l'organico, assai vicina alle teorie e alle forme di alcuni architetti-utopisti, e collegabile a un'interpretazione di teorie vitalistiche e soprattutto del classicismo di Goethe.
La portata innovatrice della teoria del Worringer non va sopravvalutata nè è collegabile senz'altro alle prime esperienze astratte, tanto meno a quelle di Kandinskij, il concetto di astrazione, che è poi un'empatia alla rovescia e che ha caratteri molto simili alla ?chiarezza' e all'?ordine', di matrice nettamente classicistica, di cui parla Fiedler. Però il libro, che è una sorta di sintesi di tutte le teorie precedenti ed è certamente conosciuto a Monaco, dimostra come quelle abbiano influito, per suo tramite, almeno sugli artisti del Blaue Reiter. Macke e Marc lo leggono e lo apprezzano accanto al Riegl e ne riprende puntualmente le tesi. Ma i quadri astratti e la teoria di Kandinskij nascono piuttosto nell'ambito della teoria della Einfühlung; e Klee non ha affatto simpatia per l'astrazione', anche se la considera, al pari di Worringer, come un prodotto tipico di un mondo ?orrendo" . Tutte queste teorie sono state variamente considerate come prodotto di un formalismo di matrice idealistica o come geniali precorrimenti della teoria della Gestalt e della teoria delle forme simboliche' di Cassirer. Sono probabilmente l'una e l'altra cosa, e con entrambi i connotati, regressivo e innovatore, si riflettono nei quadri degli espressionisti, almeno quanto le idee di Köhler e Cassirer sono presenti nella metodologia del Bauhaus. Resta il problema dello sfasamento tra la modernità, limitata se si vuole ma comunque innegabile, delle teorie e l'incomprensione più cieca delle correnti contemporanee. Fiedler ignora dapprima, poi guarda con sufficienza, impressionisti e simbolisti e ammira Hans von Marées, dalla cui teoria era stato influenzato. H. von Hildebrand scrive Das Problem der Form in der bildenden Kunst che può considerarsi il parallelo teorico di certe manifestazioni simboliste, ed è un mediocre scultore di forme classicistico-accademiche. Worringer sembra il teorico dell'espressionismo, ma ammira Rodin e Hildebrand e arriva tutt'al più a capire, a modo suo, paragonandoli ai gotici costruttori di cattedrali, Cézanne e van Gogh. Lo stesso avviene per i filosofi: neanche Hegel aveva realmente compreso il romanticismo, nè G. Simmel l'espressionismo, cui pure è tanto vicino nelle prime opere. Tutto questo dimostra due cose, molto importanti per comprendere la distanza tra l'espressionismo tedesco e i fauves francesi: nell'arte tedesca il problema del significato non si fonda empiricamente sulla prassi formale, su una tecnica operativa specifica, ma piuttosto sulla concezione del mondo che viene espressa; e la distanza che separa l'astrazione formale di un Marées o uno Hildebrand dagli espressionisti è assai minore di quanto possa sembrare a prima vista. La stessa importanza che questi ultimi attribuiscono alla tecnica della xilografia e al valore del segno incisivo e deformante non va intesa in senso pragmatico, ma si carica di un valore ideale e simbolico.
Tra i filosofi, i nomi ricorrenti negli scritti di artisti e teorici sono Schopenhauer e Nietzsche; il volontarismo e l'antispiritualismo di quest'ultimo sono però rovesciati per lo più in una rinuncia all'azione e in un atteggiamento mistico e ascetico di marca schopenhaueriana. Da entrambi deriva agli espressionisti la concezione del mondo come irrazionalità e dolore e l'opposizione alla realtà del principio soggettivo della volontà; da Schopenhauer l'idea che il mondo fenomenico, il ?velo di Maya', ostacola la conoscenza della kantiana ?cosa in sé', e le derivazioni indiane che tanta importanza avranno per un Marc o un Bruno Taut; da Nietzsche l'idea dell'?eterno ritorno', il principio ?dionisiaco' contrapposto nell'arte a quello ?apollineo', il mito del superuomo, che viene applicato alla figura dell'artista, incompreso e distaccato dalla massa, emulo di Dio nella creazione del nuovo mondo. Il volontarismo di questa tradizione di pensiero si riflette nello stesso concetto di Kunstwollen del Riegl, che impronta tutte le teorie del periodo. Il principio ascetico è evidente, in particolare, nell'atteggiamento utopico della Novembergruppe, e si trasforma da un lato nella fuga dalla civiltà, dall'altro nella negazione del ?potere' e in una vera e propria propaganda della non azione e della non violenza, presente anche in campo letterario. Nel saggio Die Wilden' Deutschlands, inserito nel Blaue Reiter, Marc così spiega il significato di ?selvaggi', desunto dai fauves ed equivalente a espressionisti: ?Nella nostra epoca, che è il momento della grande lotta per la nuova arte, noi combattiamo come ?selvaggi', come non organizzati, contro un potere (Macht) antico, un potere organizzato". Parallela all'incitamento alla ribellione ricorre un'esaltazione dell'amore, anche questo in accezione più schopenhaueriana che cristiana, ma che ha molti punti di contatto anche col pensiero di E. Bloch, difensore dell'espressionismo. La rinuncia all'azione non è in contrasto, anzi è la base di una forma di titanismo spirituale: l'architetto concepito da Bruno Taut vuoi cambiare l'aspetto della terra e del cielo, trasforma le montagne in palazzi di vetro, è ?costruttore del mondo" si rivolge ai ?proletari del mondo", a tutti quelli che si basano sul ?nulla": ??Dio è ovunque e in nessun luogo', io sono Dio, voi tutti lo siete"; e superuomo è l'artista di cui parla costantemente H. Finsterlin. Infine, lo schopenhaueriano ?velo di Maya' trova riscontro in un'infinità di passi ed è alla base dello sforzo, teorizzato soprattutto nel Blaue Reiter, di ricercare l'essenza del reale al di là del ?visibile', e non in un mondo di simboli letterari ma in quella ?vista interna" di cui parla Kandinskij e che Bahr collega anche a teorie scientifiche. Il concetto è riassunto da Marc in un articolo pubblicato sulla rivista ?Pan", Die konstruktiven Ideen der neuen Malerei del marzo 1912, che si conclude con la citazione: ?Per usare le parole di Schopenhauer, oggi il mondo come volontà ha il sopravvento sul mondo come rappresentazione. Per la consueta oscillazione tra gli estremi, la fuga dalla vita si alterna a un'esaltazione della vita, intesa però come un principio metafisico. Il collegamento dell'espressionismo con le correnti neovitalistiche è comprovato dalle letture preferite dai protagonisti, e del resto queste correnti discendono in gran parte dalla linea Schopenhauer-Nietzsche. Il senso di questa tangenza si può riassumere con un'osservazione del Worringer: ?Lo Spirito è per l'espressionista la somma delle forze che si oppongono alle cieche leggi della natura, al corso automatico degli eventi. Spirito è per lui l'intervento di Dio in un mondo meccanizzato. È la divinizzazione dello Spirito che egli oppone alla divinizzazione della natura". Lo stesso autore subisce l'influenza prima di Simmel e poi di Spengier. H. Luckhardt pone Bruno Taut (pur criticandolo) al livello dei ?grandi pensatori moderni" come H. Keyserling e Spengier . Questa esaltazione della ?vita' si esprime spesso in una preferenza per forme dinamiche e plastiche, per il ?tridimensionale' e gli spazi curvi e barocchi, che sembra opposta alla originaria fissità e alla Flächigkeit (riduzione alla superficie) degli espressionisti: così, ad es., in certi quadri di Marc, nei primi disegni di E. Mendelsohn, in tutta l'opera di Finsterlin. Un'altra importante componente entra nella Weltanschauung espressionista soprattutto attraverso la mediazione di Munch: il senso tragico dell'esistenza presente nella filosofia di Kierkegaard e nella letteratura nordica. Nella Urangst dei tedeschi è l'eco del senso di colpa, del tragico di un'angusta vita borghese dei drammi di Ibsen, dell'angoscia e della follia religiosa di Strindberg. In Kierkegaard gli artisti ritrovano la stessa interpretazione del soggettivismo romantico e la stessa ansia religiosa di quella cultura che sulla scia di Schopenhauer si stava evolvendo; e soprattutto una straordinaria affinità nella coincidenza tra l'idea dell'?esistere' e quella dell'?esprimere', entrambe emanazione di una condizione di colpa, di costrizione e di angoscia, per cui l'espressionismo si può ben considerare uno dei ponti di passaggio tra Kierkegaard e l'esistenzialismo. Inoltre, al pari della ?fede' di Kierkegaard e della ?negazione della volontà' di Schopenhauer, la pittura espressionista, soprattutto nel periodo tra il 1910 e il 1914, si propone il ?ritorno' nel Tutto, la redenzione nella reimmersione nell'indistinto del Cosmo. L'esperienza di Gauguin, van Gogh, Cézanne, Ensor, Munch, le sinuosità lineari dell'architettura e della grafica dell'art nouveau, la riscoperta dei primitivi, delle stampe giapponesi e poi della scultura negra e oceanica sono precedenti comuni, in diverso dosaggio e in diversa accezione, per i fauves e per la Brücke. L'esperienza di Cézanne influirà soprattutto sui fauves, e soprattutto dopo la morte dell'artista, vissuto negli ultimi anni solitario e lontano dai vari gruppi; ma anche sulla formazione dei pittori del Blaue Reiter. Un ponte diretto tra le precedenti ricerche e quelle dei primi anni del secolo si può considerare, in Francia, il gruppo dei nabis, mentre il neoimpressionismo resta costantemente un punto di riferimento al quale si rivolgono, a più riprese, i fauves. Per la Brücke è anche importante la lezione di Toulouse-Lautrec, la sua analisi psicologica del mondo cittadino, la presentazione diretta della realtà consapevole dei mezzi atti a stimolare una reazione psichica immediata nell'osservatore, il valore costruttivo ed espressivo della linea di contorno, che anche i francesi spesso assumono per sostenere le stesure di colore puro. A Gauguin in particolare, anche se non a lui solo, risale la scoperta del significato simbolico della riduzione bidimensionale, della linea ritmica e delle campiture piatte di colore dotate di una intrinseca, autonoma virtualità espressiva, che sono spesso accostate in rapporti dissonanti, in cui è la consapevolezza del valore dei complementari, ma anche la negazione che in esso consista una legge vincolante. In Van Gogh si trova la deformazione e la violenza della realtà e il significato gestuale della pennellata, già espressivo-astratto, incurante dell'oggetto singolo e della forma finita. Notevole è anche la lezione di F. Hodler e di O. Klimt, che però non sempre vengono valutati positivamente dai nuovi artisti: di quest'ultimo il senso della decadenza fisica e spirituale che incrina la stessa bellezza e la rende inquietante, non solo per l'associazione Eros-Thanatos dei quadri simbolisti, ma per il presentimento dell'imminente fine di un mondo. Le maschere di Ensor sono stimolo alla ricerca di una struttura al di là del reale e nello stesso tempo rinuncia a rappresentare l'inconoscibile. La maschera si trasforma, nei fauves nella stessa struttura formale con cui si ricostruisce armonicamente l'aspetto già distrutto della visione; nei pittori della Brücke, nel volto stesso dei personaggi, rigido involucro in cui la condizione interiore si sforza di trasparire attraverso una lotta con la materia visibile, lotta il cui risultato è il grottesco, il deforme, il brutto. Gli artisti del Blaue Reiter sono ossessionati dal pericolo dell'ornamentale e del decorativo ne parlano espressamente almeno Marc, Klee e Kandinskij, che deriva dalle componenti figurative più dirette; un antidoto a questo si trova nell'arte di van Gogh, di Ensor e soprattutto di Munch, dove è chiaro il processo per cui la linea ondulata, organica, vitale della decorazione fin de siècle si sottrae a ogni intento edonistico per caricarsi di un contenuto interiore represso, del dolore esistenziale che esplode nell'urlo'. L'influenza di questi personaggi non va limitata ai dati formali, ma si estende alla concezione dell'arte e del suo rapporto con la vita. Di Gauguin sarà fondamentale la fuga nel primitivo, che è poi la ricerca di un'originaria purezza se ne può considerare un parallelo diretto nell'animalismo di Marc, altro esempio di fuga dalla civiltà. Analoga in certo senso è l'operazione del ?doganiere' Rousseau, che non fugge ma riparte dal ?grado zero' della pittura e della coscienza, dall'immagine nitida e incorrotta della natura e dalla favola come prima forma dell'immaginazione umana. Proprio i suoi oggetti ?astratti' dal reale Kandinskij terrà presenti quando fisserà, in Lo spirituale nell'arte e l'equazione estrema del realismo = estrema astrazione. La fuga nel mito di Gauguin, il tuffo nella società di Toulouse, la coincidenza di gesto e immagine di van Gogh sono tanti aspetti della stessa aspirazione a identificare arte e vita che è caratteristica dell'espressionismo sia tedesco che francese. In Germania bisogna tener presenti, pure se forse hanno, sul piano formale diretto, minor peso, anche alcuni artisti locali che operano nei termini della tradizione classicistica o di quella di un attardato impressionismo. Si è già detto su che piano può aver influito un Marées, i cui quadri venivano esposti, accanto ai francesi modernissimi, nelle mostre delle Secessioni e di gallerie private, e con successo: pensiamo per esempio al giudizio di Klee e all'interesse dimostrato da M. Beckmann. Nella fase ?impressionista' di Kandinskij o di Marc agisce l'impressionismo diciamo, pesante di uno Slevogt o di un Corinth, accademico e contradditorio se confrontato a un Monet, ma pure aperto a una interpretazione simbolica e quasi materica del colore. Intanto Liebermann, presidente per molti anni del gruppo Secessione berlinese, aveva già in qualche modo identificato arte e vita subordinando la forma a un interesse sociale. Infine, non bisogna trascurare l'influenza, anche se limitata a grafici come Kubin o alle opere giovanili degli artisti maggiori, di incisori come Max Klinger, che entusiasma Kubin e De Chirico in base alla fortuna che egli ha avuto si potrebbe ricostruire il filo che lega il simbolismo alla metafisica e al surrealismo e che passa ma solo tangenzialmente per l'espressionismo. Il principale centro dell'espressionismo, inteso nel suo significato più specifico, è la ?comunità di artisti' della Brüeke, fondata a Dresda nel 1905, alcuni dei quali lavoravano insieme fin dal 1902. Nello stesso anno, in una mostra tenuta a Parigi al Salon d'automne, si configura anche il gruppo dei fauves, già attivi in una certa direzione dal 1898-1900. Nel 1909, in polemica con il gruppo Secessione, nasce la Nuova associazione degli artisti di Monaco, dalla quale ancora si distacca nel 1911 Der blaue Reiter, per l'incomprensione delle tendenze più avanzate, soprattutto di quella nettamente astratta di Kandinskij, da parte di alcuni membri. A Berlino, dove nel frattempo si erano trasferiti gli artisti della Brücke, è attiva dal 1910 la rivista ?Der Sturm", fondata e diretta da H. Walden, proprietario dell'omonima galleria. Durante la guerra gli espressionisti si disperdono. Nel novembre 1918 è fondata la November gruppe, cui partecipano anche alcuni pittori già della Brücke e collaboratori di ?Sturm". In un rapporto di opposizione-risoluzione con i movimenti precedenti è la Neue Sachlichkeit, nata all'inizio degli anni venti. Fauves significa belve: il termine, come quello di cubismo, è coniato dal critico L. Vauxcelles in occasione della mostra del 1905. Die Brücke è il ponte gettato tra gli spiriti creativi. Lo spiega K. Schmidt-Rottluff nella lettera (4 febbraio 1906) con cui invita E. Nolde a esser dei loro: ?chiamare a sé tutti gli elementi rivoluzionari e in fermento - questo significa il nome Brücke". È, più in generale, collegamento tra due parti, come dirà, pur senza far riferimento all'espressionismo, Simmel nel saggio Brücke und Tür (Ponte e porta) del 1909. Sturm significa tempesta, sconvolgimento della tradizione e delle convenzioni e rimanda automaticamente al termine Sturm und Drang, la culla del romanticismo tedesco. Der blaue Reiter invece non ha un significato codificato, e già questo fatto può indicarne il carattere: A tutti e due piaceva l'azzurro, a Marc i cavalli, a me i cavalieri. E così il termine venne fuori da sé" ricorderà Kandinskij nel 1930. Il termine è il più astratto di tutti, è un puro significante che implica nella propria stessa formula il significato. Il blu per Kandinskij, come egli scrive in Lo spirituale nell'arte, richiama l'uomo verso l'infinito, suscita in lui la nostalgia della purezza e del sovrasensibile. Esso è il colore del cielo". I cavalli sono un simbolo della forza istintiva della natura, il cavaliere del romanticismo e del Medioevo, di quel mondo cavalleresco-cortese che la cultura borghese, secondo Worringer, ha ucciso nel Rinascimento e di nuovo nel XIX secolo. Il gruppo francese non è unitario e il termine è stato forgiato a posteriori. Le più note opere fauves nascono tra il 1898 e il 1906. Nel 1907, due anni dopo la sua nascita ufficiale, il fauvismo si smembra, offuscato dal nascente cubismo; le sue premesse vengono portate avanti in varie direzioni, anche se l'opera coerente e quasi autosufficiente di Matisse sembra incarnarlo ancora per molti anni. Matisse e Marquet lavorano insieme dal 1898; nel 1900 inizia la profonda amicizia tra Derain e Vlaminck, che dal 1901 saranno in stretti rapporti anche con Matisse. Nel 1905 espongono Matisse, A. Marquet, H. Manguin, J. Puy, Ch. Camoin, L. Valtat, K. Van Dongen, O. Friesz, O. Rouault, A. Derain, M. Vlaminck. Al gruppo si aggiungono poi Dufy e, nel 1906, Braque. Questo è il nucleo in cui si possono riconoscere almeno tre direzioni: la più ?classica' è guidata da Matisse (il personaggio comunque più influente del gruppo) e proviene dagli allievi dello studio di O. Moreau, quindi dal simbolismo francese nel senso più aderente del termine; la più espressionistica è rappresentata da Van Dongen e Vlaminck, olandese il primo, conterraneo di van Gogh, di origine fiamminga il secondo, come ricorda il nome stesso; la più strutturale è rappresentata da Braque, che poi è il ponte di passaggio al cubismo. Si possono distinguere varie fasi a seconda delle influenze dominanti: dapprima van Gogh, i nabis e i ?sintetisti'; poi il pointillisme di Seurat e Signac, col quale ultimo questi artisti sono in continuo contatto per la frequentazione della sua villa a Saint-Tropez e per le mostre al Salon des indépendents da lui diretto; infine Cézanne e una nuova influenza di Gauguin. Di ?espressione' parlano un po' tutti, ma in modo profondamente diverso. Matisse scrive: ?Ciò che perseguo sopra ogni cosa, è l'espressione". Ma poi segue una precisazione che potrebbe valere come distinzione tra la sua ricerca e quella degli espressionisti tedeschi: l'espressione, per me, non risiede nella passione che apparirà improvvisa su un volto o che si affermerà con un movimento violento. È in tutta la disposizione del mio quadro: il posto che occupano i corpi, i vuoti che sono intorno a essi, le proporzioni, tutto ciò ha la sua importanza. La composizione è l'arte di sistemare in modo decorativo i diversi elementi di cui la pittura dispone per esprimere i propri sentimenti. Sogno un'arte di equilibrio, di purezza, di tranquillità, senza soggetti inquietanti o preoccupanti, che possa essere per ogni lavoratore della mente, per l'uomo d'affari come per il letterato, un lenitivo, un calmante cerebrale, qualcosa d'analogo a una buona poltrona che lo riposi delle sue fatiche."
È esattamente il contrario della concezione che Bahr, intendendo superare l'idea dell'arte che ?abbellisce la vita" espressa da Nietzsche, riferisce all'espressionismo. Al quale invece è più vicina la posizione libertaria e anarchica, l'accentuazione della vita nell'identificazione di arte e vita, di Vlaminck, per cui il fauvismo ?è me stesso. È il mio essere in quest'epoca, il mio modo di ribellarmi e liberarmi nello stesso tempo, di rifiutare la scuola, il gruppo: i miei blu, i miei rossi, i miei gialli, i miei colori puri senza mescolanze di toni" lui, il ?barbaro tenero e pieno di violenza", vuol tradurre ?d'istinto, senza metodo, una verità non artistica, ma umana". L'?espressione' di Matisse è ancora abbastanza vicina al modo di concepire la pittura di un Denis o un Sérusier, all'esperienza del quali egli si riallaccia per ciò che riguarda il valore del colore puro, il suo uso antimimetico, la sua funzione decorativa. È significativo che proprio Denis sia tra i primi a comprendere il significato dell'operazione di Matisse, il suo processo di ?astrazione" e di ?generalizzazione" che sublima sia la rappresentazione del reale che quella della sensibilità, la meditazione teorica e il carattere ?artificiale" della sua ?pittura fuori da ogni contingenza, pittura in sé, atto puro del dipingere": a comprendere, infine, che è la ?ragione" a fornirgli le sue ?possibilità d'espressione". Il punto di riferimento costante per Vlaminck, nonostante qualche variazione sulla tecnica divisionista e qualche meditazione su Gauguin, resta la pittura di van Gogh, di cui spesso rielabora la stessa pennellata a virgola e la direzione rotante dei tratti di colore spremuto direttamente dal tubetto, l'esasperata deformazione del reale e la rabbia del gesto pittorico, pur tendendo a stesure più ampie e riposate (tendenza poi dominante col passare degli anni). In questi caratteri talvolta, soprattutto prima del 1905 lo segue Derain, sempre conteso tra Vlaminck e Matisse. L'espressionismo di Van Dongen recupera soprattutto, accanto ad altre fonti, l'esperienza di Toulouse-Lautrec; se gli altri fauves dipingono soprattutto paesaggi ma anche ritratti, e Matisse ama particolarmente la ?figura’, l'olandese predilige i personaggi del teatro, del circo, dei locali notturni; li ritrae con una violenta esasperazione dei tratti del volto e con un piacere quasi sensuale della materia, che colpiranno gli artisti della Brü (in una lettera del 20 marzo 1908). Ancora nel 1914 proprio Marc, che ama tanto i francesi, scrive a Macke rimproverandolo un po', e mentendo in buona fede sulla sua estraneità al ?cubismo orfico': ?Io la penso più o meno come Klee. Sono tedesco e posso scavare solo sul mio terreno; che ho a che fare io con la peinture degli orfisti? Noi tedeschi siamo e restiamo grafici nati, illustratori anche come pittori. Lo dice bene Worringer nella sua introduzione alla Altdeutsche Buchillustration". In realtà la ricerca di una costante etnica, che si ritrova anche in teorici e storici di estrazione diversa come Wölfflin e Taine e ha il corrispettivo nella rivisitazione di un'armonia mediterranea di un Matisse o un Le Corbusier, viene presto superata nella posizione europeistica dei protagonisti del Blaue Reiter e di Sturm. Contro i sostenitori a oltranza di un'integrità tedesca, che poi non hanno nulla a che vedere con l'espressionismo, come il pittore K. Vinnen, autore della Protest deutscher Künstler per l'introduzione in Germania delle opere di artisti francesi contemporanei, prendono posizione, tra gli altri, gli stessi sostenitori di un espressionismo nordico, come Worringer e Marc. Gli interventi sono raccolti e pubblicati da R. Piper nel 1911 in un volume dal titolo Antwort an die ?Protest deutscher Künstler'. Il pericolo era di trasformare in pregiudizio razziale la preferenza per una caratteristica tramandatasi per ragioni storiche. Ma, al di là di questo errore che non va sopravvalutato, nel momento della formazione della Brücke e, in parte, anche del Blaue Reiter, l'appello alla costante nordica e tedesca va inteso come un recupero del senso genuino della propria storia, al di là di culture di importazione come il Rinascimento e il filone classicistico ottocentesco che si era esaurito nell'Accademia, principale nemico da sconfiggere; e come segno di superamento dell'impressionismo, considerato, come si è visto, materialistico e ancora legato alla tradizione rappresentativa rinascimentale. La ricerca di una radice germanica va quindi collegata a due dati caratteristici della Brü - ma sui mezzi della comunicazione dell'?interno contenuto" e sull'essenza stessa della ?interiore necessità", che ancora urge, come per Kirchner, dietro l'atto creativo; all'analisi psicologica succede la sintesi, al doloroso scavare nel profondo un impulso all'astrazione, all'istintività la riflessione teorica, come dimostrano anche i numerosi scritti pubblicati da questi artisti. Se la Brücke era una comunità, in cui le esperienze si comunicavano giorno per giorno, Der blaue Reiter non è neanche un'associazione, ma il titolo di una serie di mostre e di una raccolta di scritti di artisti e di riproduzioni di arte popolare e primitiva. Si accolgono dall'esterno, di volta in volta, i contributi che appaiono più opportuni: R. Delaunay e il ?doganiere' Rousseau espongono alla prima mostra nel 1911; nell'almanacco sono incluse riproduzioni di opere, oltre che di Delaunay e Rousseau, di Cézanne, Gauguin e van Gogh, degli artisti della Briìcke (grafica), di O. Kokoschka, e anche di Picasso, Matisse, H. Le Fauconnier, H. Arp, Natalie Goncarova. Tra i protagonisti (Kandinskij è l'anima del gruppo, Marc il più fervido organizzatore) solo quattro sono tedeschi, Marc, Macke, H. Campendonck e G. Münter; Kubin è austriaco, Klee svizzero, mentre il contributo del folklore e del misticismo russo, estremamente significativo, è portato da Kandinskij e A. Jawlenskij. Anche il concetto del primitivo si allarga: accanto alle riproduzioni di stampe tedesche dell'Ottocento, stampe giapponesi, sculture africane e artigianato delle isole del Pacifico, troviamo nell'almanacco l'arte precolombiana, figurine del teatro d'ombre egiziano, disegni infantili, l'arte popolare russa e le pitture su vetro degli ex voto bavaresi, di cui si apprezza l'ingenuità, l'elementarità degli elementi compositivi e la purezza del colore: in questa tecnica si esercitano Kandinskij, Klee, Marc. Nelle opere del gruppo le aperture verso l'avanguardia francese, italiana e russa sono decisamente maggiori e certo preponderanti rispetto all'influenza dei pittori della Brücke, con i quali, stando alla testimonianza di Kandinskij prima della fine del 1911 gli artisti di Monaco non hanno avuto rapporti. Una fase vicina al simbolismo cromatico e all'armonia compositiva dei fauves è documentata almeno in Kandinskij, Jawlenskij, Marc e Macke nel 1905 già avevano esposto nella sezione russa del Salon d'automne. Alcuni quadri di Klee e di Marc partono direttamente dall'esperienza cézanniana; almeno fino al 1909 Klee ama più Cézanne che van Gogh. Un'influenza cubista diretta è nello sfaccettamento di soggetti come la Tigre di Marc del 1912 e nel ribaltamento dei piani dei quadri di Macke tra il 1911 e il 1912. Il dinamismo futurista insieme ai cunei luminosi del raggismo russo si riflette in opere di Marc del 1913-1914 e soprattutto è evidente, negli stessi anni, un'influenza di Delaunay contemporaneamente su Marc, Macke e Klee, che contribuirà al formarsi della struttura del cosiddetto ?quadrato magico' di quest'ultimo. Tutti questi elementi sono trasfigurati in una ricerca che non assume né il dato reale come punto di partenza né la struttura della percezione come punto d'arrivo, ma solo l'espressione della ?necessità interiore', la comunicazione di una visione spirituale del mondo che può basarsi sulla struttura dell'inconscio come in Klee, sul tema della fuga dall'uomo come in Marc o sul linguaggio di puri segni senza oggetto come in Kandinskij, ma tende sempre e comunque all'astrazione anche quando questa non è programmatica; di qui il rifiuto spesso ribadito del cubismo e del futurismo anche da parte di chi ne utilizza certi schemi compositivi. È in questa cerchia, e non nella Brùcke, che la parola Geist e l'idea della fusione nel cosmo vengono assunte costantemente nel senso sopra accennato. Dagli artisti del Blaue Reiter non è partita nessuna forma di contestazione della tecnica pittorica, come è avvenuto nell'ambito della ricerca cubista con la pratica del collage e soprattutto con la defezione dadaista, o con le ?serate futuriste' che tendono a dissolvere effettivamente l'opera nell'azione effimera. Essi avvertono però, come risulta dagli articoli dell'almanacco, l'assurdità dell'?arte da museo' e del ?quadro da parete' nella società contemporanea. La soluzione che essi offrono è, per il momento, più teorica che effettiva; effettiva in parte diventerà con il lavoro didattico di Kandinskij e Klee al Bauhaus e con la relazione istituita tra la ricerca figurativa, la funzionalità architettonica e la strutturalità del design. La soluzione per ora consiste nel recupero di un'?arte monumentale', di una Gesamtkunstwerk che è aspirazione alla sintesi di tutte le arti e all'identificazione di arte e vita in un atteggiamento estetico integrale. Qui verranno tenute presenti due radici la coralità e l'aspirazione al trascendente dell'arte medievale ovvero il ?mito della cattedrale' ripreso in seguito nell'architettura espressionista e nel programma del Bauhaus, e la Gesamtkunstwerk wagneriana. Per Kandinskij l'opera d'arte totale deve realizzarsi nel teatro, sintesi dinamica di suono musicale, danza, colore e parola; ed egli stesso tenta di realizzarla in Il suono giallo e di teorizzarla nel saggio Sulla composizione scenica, ambedue pubblicati in Der blaue Reiter. Il rapporto con la musica, appoggiato dalla ripresa di una vecchia teoria sulla corrispondenza tra colori e suoni musicali, è fondamentale per tutti gli artisti del Blaue Reiter e soprattutto per Kandinskij e Klee; ricordiamo l'importanza dell'inserimento degli scritti di Th. von Hartmann, L. Sabaneev e soprattutto A. Schönberg nell'almanacco. La rivisitazione wagneriana rimanda all'area simbolista, mentre un rapporto diretto tra pittura e musica è meditato anche da Matisse e Vlaminck; e all'area simbolista si collegano molte altre cose. Anche se non bisogna confondere le parole sintetista e sintetico, va tenuto presente che in vari saggi Kandinskij definirà l'arte nuova ?sintetica' in opposizione a quella ?analitica' della tradizione precedente, compreso l'impressionismo, e nell'articolo del 1911 Worringer riunisce tutti gli artisti innovatori nella definizione ?espressionisti e sintetisti", tra i quali quindi non fa molta differenza; oltre al pensiero di Kandinskij, le teorie sul colore abbozzate in tono quasi scherzoso da Macke e Marc in due lettere del dicembre 1910 rimandano rispettivamente alla corrispondenza tra pittura e musica dal postimpressionismo proviene la dialettica di astrazione ed empatia, e non solo nel senso indicato dal Worringer: nei primi quadri astratti di Kandinskij i segni si caricano di un valore ?empatetico', Marc preferisce le allusioni organiche, plastiche, dinamiche nei quadri astratti e diventa invece ?cristallino' dove conserva il tema animalistico. Non è possibile in questa sede seguire le direzioni individuali degli artisti, così caratterizzate e profondamente diverse tra loro. Bisogna però ancora ricordare che, se rifiutano di porsi il problema della forma, cercano però tutti l'affinamento dei mezzi di comunicazione. Una vera e propria angoscia per la non raggiunta conquista del colore, seguita poi dall'esaltazione del successo, è espressa da Klee solo durante il viaggio a Kairouan nel 1914 potrà dire ?il colore mi ha conquistato" e da Marc tra il 1908 e il 1910. Kubin è altrettanto disperato di non possedere una ?forma', finché questa gli si rivela quasi come un processo liberatorio quando scrive di getto il romanzo L'altra parte del 1908, ricco di spunti autobiografici relativi alla storia del suo inconscio. Il problema della conquista del colore diventa drammatico per questi artisti perché esso, a differenza di quanto si proponeva il colore puramente costruttivo, armonico, autosufficiente dei fauves e il colore psicologico dei pittori della Brücke, si carica di una più complessa funzione costruttivo-architettonica, che comprende il riferimento a dati psicologici universali e a un valore cosmico, assoluto. La rivista ?Der Sturm" è fondata nello stesso periodo in cui si stacca dal gruppo berlinese Secessione la Nuova secessione, appoggiata da Walden; nella sua galleria esporranno, accanto alle tante rappresentanze straniere, gli artisti del gruppo di Dresda e di quello di Monaco. Da questo momento Berlino resterà il nuovo centro della vita artistica; e intorno a questo momento si fissa, come si è visto, la definizione stessa di espressionismo. L'attività della rivista accentua ancor più il carattere di apertura europea e la disponibilità ad affrontare il problema del rapporto con la scienza e tutte le altre manifestazioni culturali; mentre Kandinskij e Marc, da parte loro, stanno progettando un secondo almanacco, mai più realizzato a causa della guerra, dedicato proprio ai rapporti tra arte e scienza. E qui che si forma il legame con l'espressionismo degli austriaci, con Loos, autore di numerosi articoli, e Kokoschka, di cui si pubblicano vari disegni e, nel luglio 1910, il dramma Assassinio, speranza delle donne; si prende posizione contro il nazionalismo di Vinnen e dei suoi compagni; si pubblicano i manifesti dei futuristi, che espongono a Berlino nel 1912, e frequenti articoli sugli artisti francesi. La posizione espressa da vari autori sul rapporto tra arte e progresso scientifico, anche se tutt'altro che unitaria, assume un carattere modernistico-progressista con sortite rivoluzionarie, che formerà la base ideologica di alcuni architetti espressionisti e del Rauhaus. In polemica con la rivista ?Kunst und Künstler" e il suo direttore K. Scheffier, si rifiuta l'idea di una fine dell'arte uccisa dalla tecnica, dalla massa e dal concetto dell'utile e ci si getta con ottimistico entusiasmo a scoprire funzioni e valori artistici non contro, ma dentro il progresso scientifico. Se impotente è la protesta integrale, cieca è questa fiducia in una troppo facile alleanza, come cieco è l'errore di chi in buona fede accetta gli ideali del Werkbund e più tardi il compromesso del Bauhaus. Anche per questo, forse più tardi Walden partirà per la Russia e, a differenza di Kandinskij e tanti altri, per non far più ritorno. Poche sono le testimonianze di una coscienza dell'inattualità di un'arte libera nel vigente sistema di produzione; si parla tanto di Nietzsche e non di Morris, di conquiste e non di contraddizioni. In questi anni anteguerra quasi solitaria si leva la voce di Loos che ammonisce contro l'architettura come arte, l'arte come ?ornamento e delitto", strumento della moda e quindi strumento di una gestione dell'industria il cui scopo è il mutare continuo dello stile per l'incremento della produzione e del profitto; ma anche Loos, in fondo, non affronta direttamente il problema della produzione e si limita, a torto o a ragione, a un'ascetica rinuncia all'arte. A favore dell'ingegnere contro l'architetto come astratta figura di creatore di forme si esprime ancbe J. A. Lux, l'autore della monografia su O. Wagner del 1914. Intanto si affronta il problema con cui Gropius va già cimentandosi: la didattica della forma artistica e l'arte applicata. È a questo punto che il problema dell'arte come comunicazione si salda a quello della progettazione. È estremamente significativa la vignetta che appare per molti numeri nelle pagine pubblicitarie della rivista: una xilografia reclamizza il Muim Institut, una scuola diretta da Pechstein e Kirchner, dove si impartisce un insegnamento ?moderno' sulla pittura e altre tecniche, nonché ?pittura collegata con l'architettura'. Il momento dell'istinto sembra finito. Un carattere particolare ha l'espressionismo degli austriaci Kubin, Kokoschka e E. Schiele, anche se importante è il loro contatto con i tedeschi. Diversa è la formazione sul piano figurativo: per Kokoschka e Schiele resterà fondamentale l'influenza del linearismo tortuoso di Klimt; Kubin, che si è dedicato prevalentemente alla grafica, parte, assai più dei tedeschi, dall'esperienza simbolista anche e soprattutto letteraria; le sue opere tra il 1898 e il 1905 sono influenzate in particolare da F. Rops e O. Redon. Ma diverse soprattutto sono la situazione culturale e politica in cui operano. L'Austria è la patria di O. Wagner e di Freud. Dagli architetti viennesi, oltre che da Klimt, gli artisti austriaci ereditano il funzionalismo di una linea scattante e lucida anche quando esprime i contenuti più tormentosi, linea che nemmeno il violento colorismo di Kokoschka sopprime; e allo stesso mondo di Freud appartiene l'analisi psicologica, venata di romanticismo ma sempre spietatamente oggettiva. In Kubin questa si trasforma consapevolmente in uno studio diretto dell'inconscio, soprattutto del materiale onirico, e in una forma di autoterapia che lo collegano al movimento surrealista ancor più che a quello espressionista. Infine, gli espressionisti austriaci non vivono tanto il dramma della libertà e dei valori umani soffocati da una corsa al primato industriale, quanto quello di un mondo in sfacelo, in cui lo splendore bizantino si accompagna a un tradizionalismo decrepito. Non la ricerca di un significato originario dell'esistenza, ma la visione di un crollo già in atto si riflette nel ricorrente tema della morte. L'unico scultore espressionista può considerarsi E. Barlach, noto anche come autore di drammi e incisore, soprattutto nella tecnica xilografica. Resta appartato dai centri dell'espressionismo figurativo; del movimento egli isola due componenti fondamentali: l'aspirazione religiosa, che lo conduce spesso a temi della storia cristiana e a una forma di protesta sociale nelle figure di povertà e di dolore, e il costante riferimento alla scultura gotica. Idealmente, anche per la prevalenza del fattore letterario sulla ricerca linguistica, si può avvicinare all'espressionismo di finalità esplicitamente sociale di un'artista come K. Kollwitz; e, per l'associazione di religiosità e umanitarismo, le sue opere sono divenute fatalmente uno dei modelli, forse il più noto, dell'arte sacra contemporanea. Una posizione appartata e differenze notevolissime rispetto al gruppo tedesco, col quale scarsissimi sono i rapporti, ha il cosiddetto ?espressionismo fiammingo', di cui il più noto rappresentante è C. Permeke. Il suo interesse è volto prevalentemente a ritrarre il popolo e una sorta di rude natura anch'essa di sapore popolano, in composizioni in cui il colore è cupo e denso, caratterizzato spesso da un'asprezza verdastra, da un violento spessore materico e da una costruzione massiccia e monumentale. Vengono considerati espressionisti, anche se con il movimento in questione poco hanno in comune, altri artisti. P. Modersohn-Becker, che parte dal naturalismo della scuola di Worpswede e rivela poi l'influenza di Gauguin, dipinge immagini di una umanità primitiva, in cui le stesure piatte di colore e l'ingenua ornamentazione sono composte in una severa monumentalità. C. Rohlfs corregge con la deformazione prospettica e l'esasperazione coloristica quel fondamentale impressionismo pesante e materico che era proprio degli epigoni tedeschi del movimento. Dopo la prima guerra mondiale l'espressionismo figurativo si risolve in altre forme di comunicazione e di protesta.
Esso riappare in molti casi nei caratteri originari ogni volta che gli artisti si pongono in contrasto con le tendenze dell'arte ufficiale o con un concetto di arte come ricerca formale, strutturale, astratta, e soprattutto quando si propongono di manifestare nel modo più diretto una protesta politica e sociale o un'analisi realistica di un mondo oppresso dal dolore, dalla dittatura, dalla guerra. È chiaro che in tutti questi casi i riferimenti all'espressionismo hanno un carattere da intendersi come una sorta di polemico e simbolico revival, mentre storicamente la loro esperienza va inquadrata in condizioni diverse. Nell'ambito della scuola di Parigi, il lituano Ch. Soutine e il bulgaro Pascin rievocano la deformazione e l'esasperazione del segno espressionista per realizzare, il primo, un'immagine tragica e sanguinosa dell'esistenza, il secondo, un senso di disfacimento e di metafisica angoscia; Scipione e M. Mafai introducono il riferimento espressionista nella Scuola romana come mezzo per esprimere una protesta politica e morale. Già annunciata da alcune opere precedenti alla guerra, si afferma in Germania a partire dal 1920 la Neue Sachlichkeit, che significa nuova oggettività o nuovo realismo ed è stata anche definita da F. Roh, insieme a contemporanee (ma in realtà diverse) ricerche italiane, realismo magico. La tendenza si oppone programmaticamente all'espressionismo, ma a esso per molti versi continua a far riferimento. Il significato del termine si può introdurre con le parole del direttore del Museo di Mannheim, dove nel 1925 ha luogo una mostra di opere 'oggettive': ?L'espressione deve realmente essere applicata come un marchio al nuovo realismo che ha un sapore socialista. In Germania esso è stato in relazione con il contemporaneo sentimento generale di rassegnazione e di cinismo dopo un periodo di esuberanti speranze che avevano trovato sbocco nell'espressionismo" . La tendenza ha in comune con l'espressionismo, soprattutto berlinese, la rivolta sociale, la risoluzione dell'arte nell'impegno morale e la concezione dell'esistenza come dolore e violenza; ma bisogna anche ricordare quanto Kandinskij, sempre sostenitore dell'astrazione nei suoi scritti, affermava in Lo spirituale nell'arte: la vera astrazione e il vero realismo coincidono nella resa di una realtà autentica, non mascherata dalle convenzioni. Degli stessi movimenti i nuovi realisti rifiutano l'illusione di una rivoluzione fondata sull'atto estetico, l'ottimismo, l'evasione dalla concreta realtà sociale e si propongono un'analisi diretta del vero che si pone come denuncia ed è tutt'altro che passiva e rassegnata. L'arte è ancora intesa come comunicazione e non come forma; ma muta l'oggetto della comunicazione e la protesta non s'identifica più con la formazione del mezzo espressivo, bensì lo subordina totalmente, traendolo indifferentemente dagli esempi espressionisti, cubisti o del realismo accademico.
Non si ricercano più le relazioni cosmiche o il significato universale dell'esistenza, ma l'ingiustizia, la sofferenza, i vizi di una situazione particolare; i temi sono gli orrori della guerra, lavoratori che soffrono, soldati e borghesi corrotti, la desolazione del mondo dell'industria e le miserie della città, i mezzi preferiti la deformazione della satira e la riproduzione di un brano di vita, spietata, esatta, lucida e quasi iperreale. Le condizioni da cui si sviluppa la Neue Sachlichkeit sono di ordine politico e sociale, e in seconda istanza discendono da una concezione dell'arte che nasce dalla delusione o dall'impegno diretto di modificare la realtà e che si è già affermata in altre iniziative, come quelle della Novembergruppe: la guerra perduta, il disastro economico, la psicologia del ?reduce', le speranze rivoluzionarie seguite dal soffocamento sanguinoso dei moti spartachisti del gennaio 1919, l'insoddisfazione per il compromesso socialdemocratico e in particolare per la svolta in senso conservatore segnata dalla politica di G. Stresemann del 1924 la rinuncia alle posizioni dell'avanguardia e il ritorno all'ordine accompagnato da una ripresa di temi tradizionali, della figuratività e anche di un classicismo accademico, che ha luogo contemporaneamente in altri paesi anche e soprattutto in un'ottica conservatrice. In questo clima, all'artista restano aperte tre soluzioni, che di fatto s'intrecciano a vicenda: adottare la figurazione come strumento di denuncia (Neue Saehllchkeit), rinunciare all'azione immediata per configurare una ricostruzione proiettata nella dimensione utopica (Novembergruppe), tentare un recupero della funzione sociale dell'arte, intesa come analisi delle strutture visive da utilizzare nella ricostruzione dell'ambiente, ossia nell'architettura, nell'urbanistica, nel design e nella didattica per preparare i relativi operatori (Bauhaus). Nel passo citato Hartlaub afferma anche che ?questa salutare
disillusione trova in Germania la sua più chiara espressione nell'architettura". La nuova oggettività non va quindi contrapposta al ?formalismo' astratto degli ex-espressionisti Klee, Kandinskij e Feininger che insegnano al Bauhaus, ma rappresenta una diversa soluzione dello stesso problema, come può essere comprovato dal carattere sachlich, sia pure in una finalità diversa, di O. Schlemmer, anche lui insegnante al Bauhaus. D'altra parte una carica utopica è anche nei pittori della Neue Sachlichkeit, e forse proprio uno scarso ancoramento al reale ne determinerà la risoluzione in un atteggiamento ben più evasivo e disimpegnato di quello dei ?formalisti': in America G. Grosz rinnegherà il proprio impegno sociale, O. Dix inclinerà sempre più verso un'interpretazione magica e surreale e infine verso temi religiosi, M. Beckmann verso un monumentalismo ormai vuoto di protesta. Sono significativi i rapporti che tutti questi movimenti hanno con dada: Dix e Grosz giungono alla conversione sachlich direttamente dal dada di Berlino. Nella rivista ?Frühlicht" accanto ai visionari della Novembergruppe si pubblica un articolo di K. Schwitters; rapporti diretti si hanno anche tra i dadaisti e il Bauhaus. Questa è la controprova che all'origine di tutti i diversi tentativi di soluzione c'è comunque il rifiuto dell'arte come produzione di un valore, destinato a divenire feticcio e merce per il fruitore borghese; ma nello stesso tempo si riafferma, anche dietro l'apparenza dell'anonimia, il valore del lavoro dell'artista, sia esso il demiurgo che vuol plasmare il nuovo mondo o, più modestamente, il vate che condanna i vincitori e difende i vinti. Nella difesa di questo valore è l'ultima eco dell'individualismo espressionista. I più noti tra i pittori della Neue Sachlichkeit sono Dix, Grosz e Beckmann. I primi due hanno in comune il realismo deformato dalla satira, l'incisività del segno (che fa spesso preferire la rapidità del disegno e l'incisione alla pittura), ancora fortemente espressionista in certe immagini, e la tendenza alla tipizzazione che si attua con procedimenti geometrizzanti desunti dal cubismo. Con un colore avvampante e la sintesi di cubismo ed espressionismo Grosz realizza, in un'opera come Omaggio a Oskar Panizza, un crudo ritratto storico opposto alle visioni idealizzanti del Blaue Reiter.
L'esattezza memore della fotografia isola gli allucinati ritratti di Dix in una luce cruda, raggiungendo spesso un risultato quasi iperreale. Beckmann è più attento alla costruzione della forma attraverso duri piani squadrati, mantenendo livido il colore, e raggiunge soprattutto nei ritratti un effetto di monumentalità antieroica, che riflette un'umanità disincantata, ?maschere' che non alludono più a una realtà nascosta dietro il visibile. Nei primi anni del Novecento furono numerosi gli artisti di provenienza elvetica che trovarono nell’estetica cruda e nei colori forti e simbolici tipici dell’Espressionismo piena espressione di sé e del tempo in cui vivevano. Il movimento si sviluppò gradualmente - dagli inizi alla prima metà del Novecento - in diverse aree geografiche del paese, tanto da definire approcci espressivi e tendenze stilistiche molto diverse tra loro che portarono alla definizione di numerosi gruppi di artisti, per cui si può parlare di ‘plurilinguismo elvetico’. Se da un lato l’influenza del vicino Fauvismo francese si manifestava nei lavori dell’artista solettese Cuno Amiet, precursore dell’Espressionismo svizzero, e a Ginevra nelle intense gamme cromatiche del gruppo Le Falot interessato all’estetica del colore, dall’altro l’esperienza tedesca del Die Brücke ebbe riscontro nel gruppo lucernese Der Moderne Bund e in quello basilese dei Rot-Blau, più interessati al valore simbolico del colore. Ad Ascona, inoltre, si formò il gruppo dell’Orsa Maggiore, rivolto alla rappresentazione dell’idilliaco paesaggio ticinese. Tuttavia, furono numerosi anche quegli artisti che perseguirono una ricerca individuale senza aderire ad alcun gruppo e affrontando i temi più vari: dalla politica alle questioni sociali, dalla sofferenza della guerra alla rappresentazione paesaggistica. Non mancano straordinarie figure femminili come quella di Alice Bailly, che verranno valorizzate nel percorso espositivo mostrando ancora una volta un aspetto poco esplorato delle avanguardie europee del Novecento. Il pubblico avrà l’opportunità di ammirare capolavori quali Il grande carosello di Louis Moilliet, Paesaggio a Mendrisiotto di Hermann Scherer, e opere dall’inconfondibile tratto crudo tipico della stagione espressionista come Interno con tre donne di Albert Muller o La lettrice di Hans Berger. Una grande mostra che ha l’ambizione di riunire la straordinaria varietà di tendenze stilistiche e forme espressive legate all’Espressionismo svizzero del primo Novecento. Un’occasione unica per poter esporre, per la prima volta in Italia, capolavori di una delle avanguardie più significative del XX secolo mai usciti prima d’ora dal territorio elvetico. La mostra, prodotta da Expona di Bolzano, è accompagnata da un catalogo bilingue italiano-francese edito da Silvana Editoriale che, oltre ai saggi dei curatori, comprende le immagini di tutte le opere in mostra.