La mostra
Peter Buggenhout: The Blind Leading The Blind, allestita da
Simone Menegoi in
Palazzo De’ Toschi a Bologna in occasione di
ArteFiera offre la possibilità di vedere per la prima volta in Italia due lavori di uno dei maggiori scultori europei. Lo stesso curatore mi ha segnalato una singolare coincidenza: uno dei riferimenti possibili rispetto alle opere di
Buggenhout è l’opera, che porta lo stesso titolo, di
Louise Bourgeois, ispirata ai progetti di
Le Corbusier e il luogo in cui si svolge la mostra è un palazzo ammirato da
Le Corbusier nel suo viaggio in Italia.
Le due opere esposte,
The Blind Leading The Blind # 65 (2014) e
The Blind Leading The Blind # 25 (2007), derivano il loro titolo dalla celebre tempera di
Pieter Bruegel il Vecchio datata 1568 e conservata a
Capodimonte, in cui si fondono la durezza del racconto con il significato politico: il punto di riferimento infatti è un passo del
Vangelo secondo Matteo in cui Cristo, parlando dei Farisei, esclama:
«
Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (15, 14).
Non è chiaro quanto
Bruegel abbia voluto far riferimento alla Chiesa cattolica, ma evidentemente era particolarmente interessato a questa parabola e al motto, riportato anche da
Erasmo negli
Adagia con riferimento all’oraziano
Caecus caeco dux e che
Bruegel aveva trattato anche nei
Proverbi fiamminghi del 1559 e ora alla
Gemäldegalerie di
Berlino.
Nonostante ciò in
Buggenhout è assente qualsiasi rivendicazione polemica o pessimista; il suo lavoro è completamente astratto e programmaticamente teso a una descrizione della realtà per via analogica e astratta, rifiutando il simbolismo.
In una intervista del 2010 aveva sostenuto che «
the philosophy of my work is that I try to express our difficulty in understanding the evolution of the world around us. We don’t know where the world is leading us».
L’idea di caos e di un mondo senza una direzione precisa sono i due elementi chiave nell’opera di un artista che si propone di mostrare «
the hidden chaos of our lives» e che per farlo recupera non solo l’opera di un grande maestro della sua terra ma tutta la tradizione della
junk sculpture - che inizia con
Picasso - dialogando con
Phyllida Barlow, Nancy Rubins ma soprattutto
Anselm Kiefer..jpg)
Una ulteriore suggestione può venire dal fatto che alla
Parabola dei ciechi di
Bruegel è stata ispirata anche la poesia
Les Aveugles di
Baudelaire, in cui il pessimismo diventa ancora più profondo [cfr.
Donald B. Burness,
Pieter Bruegel: Painter for Poets, in «Art Journal», vol. 32, n. 2, inverno 1972-73, pp. 157-162]. Il testo è apparso per la prima volta nella seconda edizione dei
Fleurs du Mal tra i
Tableaux Parisiens, in cui Baudelaire lancia i suoi strali contro la decadenza della società moderna ormai diventata una seconda Babilonia senza possibilità di salvezza.
Nelle opere di
Buggenhout forse è ancora più forte l’idea di caoticità, di instabilità e di tragicomicità di un mondo che scorre e non può essere messo sotto controllo reso nelle sculture realizzate con rottami industriali, tubi di ferro, pannelli di compensato, calcinacci, vari materiali organici e moquette, con la polvere a fare da elemento unificante come fosse la patina che il tempo lascia su di un dipinto. In questo senso la polvere va letta come prodotto dello scorrere degli anni, in una consapevole sfida che l’artista lancia allo spettatore, che immagina le sculture come riaffiorate da decenni di abbandono.
di
Francesco Guidi Bologna 29 / 1 / 2017