Giovanni Cardone Marzo 2023
Fino al 18 Aprile 2023 si potrà ammirare presso la Sala esposizione Fornace Falcone per la cultura, Cilento Outlet Village Eboli la mostra di Pina Della Rossa in Otherside a cura di Valerio Falcone la suddetta esposizione fa parte della rassegna di arte contemporanea ‘MATERIE 9’. L’esposizione, è costituita da una grande installazione, site specific, realizzata con le opere più significative dell’artista, L’artista espone una istallazione a parete di opere che iscrivono un percorso ‘intermittente’ di quadri e segmenti geometrizzati fotografici, cunei testurizzati e cromatici che sviluppano una costellazione di intricate ramificazioni, volti consunti, pelle rugata. Come un’alterazione re-immaginante, il senso dell’opera si ‘stravolge’ in una tensione di piani immaginali. L’opera ‘si apre’ al desiderio della sua alterità, in un germinante movimento della propria stabilità. Pina Della Rossa concepisce la pratica artistica come uno sprofondamento e una risalita del proprio corpo psichico.

Le sue visioni sono una soglia mobile dioscuramenti e illuminazioni, in una eccedente topografia dell’anima, come un ribaltarsi eterotopico del ‘dentro’ in ‘fuori’, e viceversa. Spostando in altre possibilità il suo ‘confine’, l’opera di Pina Della Rossa, radicata nella inquietudine originaria dello sguardo, risuona di un ‘inimmaginabile’ che ne interroga l’unità di senso. Un auto-riflettersi del gesto ‘che vede’ in rifrazioni visive su traiettorie imprevedibili, lungo le quali s’intona un dolente, silente canto da un invisibile pentagramma. L’opera nella sua erranza, tra unità e frammenti, tra presenza e assenze, si fa visibile elegia della lontananza dell’
altrove. Segnali, non svelamenti, evocazioni orbitanti di una trasmutante apocalisse del visibile sono ‘in opera’. Nessuna quieta chiarità l’attraversa, bensì ri-velanti, umbratili filamenti di luce nera e improvvise emersioni di un contrappunto rosso, radici dell’aurorale luce iniziale. La mappa dell’anima ‘segnata’ da Pina Della Rossa è custodia di un mistero irraggiungibile, neanche immaginabile, solo visibile eco silenzioso in un profondo ‘ascolto’. Come dice Assunta Pagliuca : Segni del tempo, performati come segni permanenti, diventano via di fuga e strumenti di lotta e di denuncia. Pannelli disposti come in un puzzle disarticolato, con un accostamento che rompe ogni geometria. Radici contorte e superfici rugo sespezzate da lamine nere privano gli elementi di uno spazio razionale. Una consonanza di arte e vita, di arbusti il cui radicamento si perde in segmenti profondamente neri, impercorribili ed incomunicabili. Rimandi antropologici emergono attraverso l’analogia di un viso raggrinzito con le radici rugose come simulacri della fatica a sostenere i ritmi della vita. Segni del tempo che scolpiscono con la loro presenza il trauma e la sofferenza di vissuti per contenerli e strapparli all’armonia naturale. La sensibilità artistica di Pina Della Rossa,artista napoletana di rilievo internazionale, il suo lavoro di ricerca, iniziato negli anni Ottanta con la contaminazione di pittura e fotografia, fa delle immagini uno strumento di riflessione e di analisi, in una relazione di linguaggi diversi e di tecnologie digitali. Ciò che il fruitore percepisce dalla visione dell’ opera prodotta non è quel che appare nell’oggetto ma ciò che l’artista vuole comunicare, con un lavoro di “deformazione” consapevole che scarnisce la fisicità oggettiva in ragione della sua essenza per estrarne il significato più profondo. Una profondità che emerge dai contrasti tonali, dagli urti cromatici che amplificano emozioni nelle loro profonde stratificazioni. I giochi di piani,nell’accostamento delle immagini, l’ intensità dei particolari realizzano modalità espressive attraverso un’indole istintiva, ma con un’articolazione sintatticamente progettata, in cui il complesso di sentimenti, lo stato d’animo, mai si piegano e si rassegnano alla sofferenza. L’intento è quello di trascendere la superficie fisica dell’opera, di trasfigurare con tracce di lirismo la struttura espressiva conferendo le caratteristiche di un Io narrante con il ricorso alla tecnica dell’informale a forte connotazione simbolica. Minaccia, dolore, inquietudine emergono nelle soluzioni cromiche di una metafisica di luci e di colori, nella rottura di geometrie e nell’articolazione di gradazioni prospettiche, in cui tracce di vita escono dal loro nascondimento. La disseminazione di immagini e la scomposizione dei piani creano una visione ermeneutica che rigetta ogni condizione preordinata. Il campo visivo si dilata e dirompe in una profondità essenziale senza alcun compiacimento edonistico. Sotto l’effetto della contrizione e della forza implodono frammenti di realtà, come tessere di mosaico, tenute insieme da contrasti di materiale e di immagini, lamine di colore nero si scontrano con fratture rialzi e cedimenti creando deformazione ed instabilità della scena per effetto di una complessità problematica. Con abilità tecnica,l’artista dà vita, con i suoi inserti policromi ed i suoi contrasti chiaroscurali, alla comunicazione delle immagini. Pina Della Rossa non perde mai di vista l’obiettivo: far parlare l’opera, darle respiro, liberarla dalla morsa, da quei cortocircuiti che la soffocano. Tra le pieghe della propria coscienza, tra i segni del tempo si consuma il distacco da ogni vessazione, con un’opera “visionaria” che assume in sé una tensione all’interno della quale rintracciare relazioni ed ancoraggi dell’artista e del genere umano, in un divenire dialettico, di compartecipazione e fusione. L’arte diventa creatrice di stili e di rapporti sociali, nel suo dinamismo e nella sua interattività processuale generando un agire connettivo. L’opera viene restituita al tempo della vita, in uno spazio inglobante in cui lo spettatore entra da protagonista come parte di un processo non prevedibile, che si radica nell’architettura di un quotidiano replicabile. Con operazioni di moltiplicazione, di decentramento e di coinvolgimento, il fruitore dell’opera diventa riconoscibile in uno spazio d’identità con la possibilità di un ancoraggio sociale e psichico. Pina Della Rossa manifesta questa volontà di affidare all’arte anche una funzione di orientamento e di re-indirizzamento con la capacità di“tendere verso” l’esperienza interna del soggetto e rimodulare la polarità tra l’io e il mondo, tra il singolo e la collettività, in una originaria autenticità. Sezioni finite che si propagano in tante disseminazioni con un impianto strutturale che rivela un’architettonica sinottica puntuale, tra frontiere e divisioni. Identità mutevoli, interazioni, oltre ogni tempo e ogni spazio, viaggiano per la demolizione del limite. Segni del tempo che tentano di trattenere lo spirito in segni indelebili sembrano trovare la propria liberazione in una performance che si presenta come un viaggio catartico che restituisce l’Io, ed il Noi, alla vita. L’opera diventa, così, lo strumento ed il canale per avvicinare a sé, lasciandosi penetrare, ogni spettatore che in forma sincrona entra nel rito messianico di questa purificazione. Per meglio capire Pina Della Rossa ho voluto in questo mio Saggio Storico descrivere la sua arte dicendo : In questa mia ricerca storiografia e scientifica sulla figura di Pina Della Rossa apro il mio Saggio dicendo: Che l’arte era e dovrebbe essere interpretata come uno strumento da utilizzare per far sentire con forza la voce femminile, perché è uno strumento molto potente, capace di raggiungere molte persone e soprattutto più facilmente distribuibile rispetto a teorie troppo complesse, perché più immediato. L’arte femminista non è isolata dai fenomeni socio-culturali e non è una categoria a parte, ma è in continuo riferimento e comunicazione con altre discipline, adattandosi in un certo modo a seguire la scia del movimento. Infatti negli ultimi ottant’anni diverse artiste si sono adoperate per combattere gli stereotipi della società e le visioni bigotte e retrograde legate al mondo femminile, cercando di avvicinarsi il più possibile alla tanto desiderata parità di genere. La strada per arrivare è ancora lunga sono stati fatti enormi passi avanti rispetto agli anni Cinquanta, ma ciò che i movimenti femministi sono riusciti a ottenere non è ancora sufficiente per dire di aver raggiunto la parità. Un’artista non può essere ristretta solo alla sue esperienza di donna per guardare e interpretare l’arte, così come un artista non può essere ristretto solo alla sua esperienza di uomo. Viene definita femminista, e non femminile, perché è un’arte che ha anche delle valenze politiche e vuole mettere in discussione lo status quo, non è femminista solo perché fatta da una donna. Il definire un’opera femminista deriva da come quell’opera nasce all’interno di un certo contesto, che relazione ha con certi codici e convenzioni, e come si pone nei confronti delle ideologie sulla femminilità perché è femminista quando porta dello scompiglio nei canoni tradizionali con cui si guarda l’arte. Come sostiene la critica d’arte e curatrice Lea Vergine in L’altra metà dell’avanguardia «forse sarà utile far notare che man mano che le poetiche alle quali queste artiste appartenevano riscuotevano credibilità sociale, esse venivano lentamente emarginate, accantonate, epurate».

Questo tipo di emarginazione avviene ancora oggi, perché si parla moltissimo di artisti e fotografi uomini, concentrandosi sul loro sguardo come analisi e canone del mondo, mentre per quanto riguarda artiste e fotografe ci sono pochi nomi veramente conosciuti di cui si discute, mentre moltissime vengono perse nell’oblio della storia dell’arte. Si perdono delle parti fondamentali della storia procedendo in questo modo perché essa non può essere considerata completa con solo una parte dello sguardo della società, serve aggiungere un altro sguardo, ovvero quello femminile. Fin dagli anni Sessanta, se non prima, si poteva percepire un senso di indignazione per questo dominio maschile anche all’interno del mondo dell’arte, ed esso è stato un periodo particolarmente importante per la lotta ai diritti civili, argomento che si intreccia strettamente con l’arte femminista. L’unica cosa che si poteva fare allora era cercare di trasformare e influenzare gli stereotipi in uso da anni, per creare degli spazi nuovi e delle possibilità favorevoli anche per le donne, usando l’arte come mezzo per arrivare alla società. Per fare questo era necessario che l’arte femminile e femminista fosse introdotta nel mondo dell’arte e nel mercato ad esso collegato, cosa non facile data la prevalenza maschile in questi ambiti. Per entrare nel mercato bisognava cercare di coprire più necessità e campi possibili, e questo spingeva verso l’utilizzo di innumerevoli media, perché essi permettevano alle artiste di raggiungere molti gusti differenti. Trovarono nuovi media e materiali poco o per niente utilizzati dagli artisti, le donne riuscirono finalmente a inserirsi nel mondo dell’arte in modo più efficace, ritagliandosi una nicchia dove poter esprimere la propria creatività. Negli anni Settanta per esempio assunsero molta importanza gli strumenti della Performance e della Body Art, dove molte artiste esploravano i limiti del corpo e della psiche umana, dando vita a momenti estremamente potenti e incisivi, immediati e capaci di trasmettere un’infinità di significati e idee. La fotografia cominciava a essere usata per cogliere la presenza e l’esistenza del corpo, cercando in qualche modo di non rendere la donna solo un mero oggetto nella visione altrui. Era un modo per riprendere possesso del proprio corpo e di riabilitare la rappresentazione simbolica della sessualità, per riaffermare la propria identità. L’oppressione femminile superava le differenze di classe e unificava le donne di tutto il mondo, e attraverso l’arte si cercava di intervenire su questa realtà. Per quanto riguarda le principali esponenti dell’ala artistica delle idee femministe nella seconda ondata troviamo Jenny Holzer, Barbara Kruger, Cindy Sherman e Hanna Wilke, ma anche Carla Accardi, Letizia Battaglia, Suzanne Santoro e Verita Monselles. Dal periodo femminista tra gli anni Sessanta e Settanta derivò l’arte attivista degli anni Ottanta, periodo che forse smussò le durezze e limò gli angoli degli anni precedenti, cercando di non far percepire l’arte femminista, e di conseguenza il movimento, come un’arte fondata sull’odio verso gli uomini, ma piuttosto come un movimento alla ricerca di uguaglianza e parità di genere. L’arte femminista in questo periodo fu particolarmente importante, perché voleva lottare per i diritti femminili, ma intendeva anche lottare contro una concezione della figura maschile tossica, che vedeva l’uomo come un qualcosa di granitico e non capace di provare emozioni più delicate. Questa concezione danneggiava tutti e non solo le donne, perché in questo modo gli uomini venivano insultati e criticati se apparivano più sensibili, se piangevano e se amavano, perché considerate emozioni femminili e quindi inferiori. Lo sguardo che la società usava per interpretare il mondo derivava dalla dominazione maschile, e faceva intendere che l’aggettivo “femminile” era una cosa da cui fuggire, quindi nello stesso momento venivano discriminati e oppressi sia gli uomini, perché privati del diritto di esprimere i propri sentimenti, che le donne, viste come le tentatrici o la parte debole della società. Ed era per colpa di questa concezione se alcune volte anche a degli artisti uomini veniva negato il giusto riconoscimento, perché usavano un approccio troppo femminile al mondo. Ancora oggi l’arte femminista continua a portare al centro della discussione il corpo femminile, la sua rappresentazione e il tema della sessualità ad esso collegato, perché politicamente e visivamente è un tema che ha un grande potere e forza. Il sessismo è ancora profondamente radicato nella nostra società, per questo il dialogo con l’arte femminista non è ancora finito. Tutto nella cultura in quegli anni spingeva verso il compiacere gli uomini e l’opinione della società sulla figura della donna era che «la sua identità dipende dall’equilibrio della sua vita amorosa. Le è concesso amare se stessa solo se un uomo la reputa degna di amore» Negli anni Settanta quando ancora non c’erano studi sulle donne, né un corpus letterario di teorie femministe o queer, anche negli stessi giornali d’arte la maggior parte degli articoli riguardavano uomini, parlavano delle loro opere e del loro genio. Come sostiene Carol Armstrong, se si prende la sua arte seriamente allora è prima di tutto un’artista, anche se l’essere donna influirà sulla sua visione del mondo, così come la razza, l’estrazione sociale, la situazione geografica e storica, la storia personale e la formazione artistica. Sono tutte delle influenze laterali, che definiranno la sua prospettiva, perché la vita quotidiana e le implicazioni sociali sono parti importanti della suo modo di vedere e plasmano il modo di fare arte. Ad un certo punto tra gli anni Settanta e Ottanta le donne non erano più solo muse o sostenitrici, perché l’arte considerata importante non era più collegata a doppio filo con l’idea di virilità. Ciò che conta di più era essere innovativi, fare cose interessanti e lavori provocatori, avere un impatto sulla storia dell’arte e soprattutto far sentire la propria voce. Nella teoria sociale e anche nella rappresentazione artistica le donne venivano associate alla sfera domestica, però dagli anni Settanta le donne si impadronirono degli spazi pubblici, manifestando per i diritti delle donne. Il ruolo che queste artiste si assumevano era quello di rompere le barriere tra media e generi e si impegnavano esplorando nuovi modi di investigare ed esprimere la realtà. L’impatto che hanno avuto sul mondo dell’arte è stato forte, sono riuscite a spostare l’enfasi sul corpo rifiutando il controllo maschile, esplorano la sessualità e allo stesso tempo rifiutando il concetto di perfetto stabilito dalla tradizione. È necessario avere presente che le difficoltà per le donne non sono finite, né nel mondo dell’arte né nella società, quindi bisogna essere sicure che la voce delle artiste venga sentita ancora oggi, che i loro lavori vengano visti e discussi. Pina Della Rossa è un artista che lungo il percorso della sua carriera artistica testimonia da sempre il suo saper unire l’arte all’impegno sociale, elaborando progetti focalizzati su tematiche esistenziali, tensioni urbane e collettive, e lotta alla violenza. In tal senso, si rivela sensibile attivista per la difesa dei diritti umani.

Le sue opere divengono linguaggio della contemporaneità, scavo interiore, autobiografico e, nel contempo, momento di rinascita. Da ricordare il progetto “Dopo la battaglia” ed il progetto in progress “Segni permanenti”, con il quale ha realizzato performance art, fotografie, video e installazioni, utilizzando la propria immagine e coinvolgendo personalità del mondo dell'arte e della cultura ed intere comunità, trasformando il suo messaggio artistico e personale, dall’animo singolo ad un messaggio universale. La sua opera si estrinseca anche su giochi di piani, su differenti componenti geometriche, quando, trasformandosi in puzzle, si sottrae alle obbligazioni del formale: così, libera da vincoli, essa esplode, senza confini, abitando in più luoghi. Nei puzzle si evidenzia altresì un vero e proprio viaggio sui sentieri della memoria, una comunione intima con la natura, in cui le intricate ramificazioni sono “nervi scoperti”. In esse il reale si è eclissato trasformandosi in altre sembianze, divenendo una proiezione corporea ed instaurando una relazione simbiotica tra opera e fruitore. Traspare così la natura etica delle immagini, che spostano il senso comune sull’alterità che pervade la visione del reale. Essendo io forse un ‘privilegiato’ ho avuto il piacere di osservare le opere di Pina Della Rossa da vicino nel suo studio, un artista dove tradizione e innovazione sono alla base della sua arte, ella rappresenta in toto l’esistenza e i suoi significati più profondi. Nei Landscape di Pina Della Rossa lo spazio è al limite della metafisica. La solitudine, il dramma quotidiano brillano nei penetranti sguardi delle sue figure. C'è un ricercato attrito tra un attenta contemporaneità immersa in contenuti e figure tradizionalmente significanti. Tutto questo da frutto ad un armonioso risultato che si risolve in un arte concettualmente interessante, figurativamente impeccabile e tecnicamente avanguardistica. Pina Della Rossa narra che oggi più di ieri viviamo un tempo non umano, ma di-sumano, ed attraverso l’arte descrive magnificamente i nostri stati d’animo. Nel guardare le sue opere ti accorgi che ella ha saputo unire fotografia e pittura. I forti richiami che vanno da Mimmo Jodice che è stato il suo maestro, lo scatto di Pina Della Rossa si divide in due momenti unici la compositività lirica e l’aspetto informale . Le opere dell’artista per alcuni aspetti sono sulle tracce forse di Anselm Kiefer e alle sue forme naturali, che creano un affresco onirico capace di suggerire visioni. Nel contempo vi è l’esplorazione tattile dei sacchi di Burri attraverso la ruvidità del cemento e della ruggine che comunicano la stessa sensazione dinamica e plastica. Pina Della Rossa tenta con la sua arte di evidenziare nelle sue opere la luce e la materia, dando vita ad linguaggio fatto di luce allo stato puro, ovvero ‘Luce e colore’ . Una luce pulsante, che si irradia dal centro del quadro, che conquista, a fatica, irradiandosi, ogni centimetro quadrato della superficie, con pennellate fitte e modulate, inquiete, che sembrano vibrare di un afflato vitale, che a tratti si sfaldano, si addensano, si distendono. Ogni pennellata di colore è un piccolo respiro trattenuto, in un impercettibile fremito, un palpito appena accennato. Guardando le sue opere ci accorgiamo che fanno parte di un unico linguaggio e che si presentano quindi al nostro sguardo come un vero e proprio ciclo tematico, anche stilisticamente coerente. O che si squadernano ai nostri occhi come una serie di capitoli di un unico ampio, articolato racconto. Ogni quadro una pagina, uno spunto narrativo. Oppure la stessa storia narrata da un diverso punto di vista. Oppure variazioni sullo stesso reiterato, ammaliante tema musicale. E subito pensiamo al conscio, all’inconscio, alle nostre piccole nevrosi quotidiane o alle grandi psicosi del nostro tempo. Ma agli antichi greci, che nel coniare questa parola, ‘psiche’ intendevano ‘anima’, nel senso specifico di ‘soffio vitale’.Ed ecco che allora dobbiamo, possiamo intendere diversamente questo percorso artistico e personale di Pina Della Rossa che narra della sua anima. Un’ anima con la “A” maiuscola. Anima mundi. L’anima del mondo. Che diviene lo specchio invisibile dell’anima per una realtà visibile che man mano invade spazi vuoti diventando corpo, colore e luce. Il colore è rappresentativo, decisamente espressivo e brillante. Invade la realtà con densi rivoli. Ella è partita da accenti diversi e da attente riflessioni. In alcuni casi non mancano le suggestioni oniriche dei surrealisti, come anche la sua sinteticità grafica e pittorica. È come anche il dinamismo lirico unito sempre ad un segno che non si stanca di manipolare e modellare ogni sua composizione. Ci troviamo di fronte ad opere caratterizzate da una forte personalità dove alla intensità cromatica fa riscontro una stesura di segni carichi di significati simbolici. Altro aspetto della sua arte è quello di inglobare accenti lirici con la rubricazione di un intimo diario, che divine un simbolo di speranza, verso nuovi orizzonti che la vita a volte ci prospetta.

Nella sua dimensione poetica l’artista, ci trasporta in mondo tutto suo in un linguaggio che mette a nudo il proprio ‘Io’ è tutto questo viene trasportato su tela oppure attraverso il linguaggio fotografico ecco che viene fuori tutto quello che la Della Rossa ha dentro di sé. Osservando le opere di Pina Della Rossa si entra in una dimensione inquieta come se il mondo, quello reale, avesse già da tempo accanto, un alter ego parallelo, infinito e riconoscibile. Miriadi di forme trovano la loro origine nelle ‘Memorie ferite’ di un lontano vissuto fra ‘Sogni infranti’ e ‘Segreti abissi’ di una dimensione ormai perduta . Nella memoria di Pina Della Rossa vi sono immagini inquiete ovvero volti, corpi, scenari, fotogrammi che galleggiano in una luce che cambia, a tratti morbida,tenue, soffusa, a tratti abbacinante e tagliente. La memoria è il flusso, la corrente che le trasporta, le sparpaglia, le accosta, le mischia, le sovrappone, le allontana, le deforma: scompone ricompone i contesti in cui le immagini stesse trovano nuove combinazioni, nuova luce, nuovi colori, nuovi significati. La realtà per Pina Della Rossa non è certo il campo visivo del dato retinico,ma quello della sua elaborazione mentale che si manifesta principalmente attraverso segni e colori significativi testimoni di una consapevolezza artistica solo apparentemente casuale e veloce, in realtà piena di grande equilibrio compositivo, pur sempre votata ad una libertaria esigenza esplorativa. Quanto alle radici di questa spinta che interagisce con pulsioni emotive ricche di slanci, esse andrebbero rintracciate, oltre che nel lessico informale, tanto incentrato sulle valenze della triade segno-gestualità-materia, anche nell’importante e complessa esperienza dell’artista nel campo della calcografia e mi riferisco soprattutto a quell’arte paziente, sapiente e complessa dell’incisione dove il segno è un atto costitutivo di precisione e di possibilità espressiva. Ogni dipinto di Della Rossa vale dunque come affermazione di un personale bilanciamento tra l’organicità grafica e compositiva, espressa dall’atto del dipingere, e la sua natura di intensa partecipazione alla vita, identificazione panica di una totalità fisica e psichica. Così la sua arte, affrancata dall’impegno esistenziale, fa esplodere tutta l’incidenza del dato personale colto nel suo compiersi, facendo parte del suo pensiero più profondo che tende immedesimarsi con il presente. La sua pittura è un trionfo di materia e luce, che conduce a continue metamorfosi, tra epifanie di bagliori cosmici fatti di magmi incandescenti, traiettorie vitali e dinamiche di infinite particelle in movimento, che si concretizzano nella sua arte in ciò che per Pina Della Rossa costituisce il punto cardine del proprio impegno: trasferire sulla tela oppure attraverso la fotografia tutta l’energia dello spazio reale,codificandola in energia e cioè in arte diviene soprattutto “fatto concreto”, condizione autentica e palpitante. Pina Della Rossa vivendo un’arte intimista, che però non è fuori dai nostri occhi ma dentro di noi, in tal senso la sua esperienza è anche indagine sulle possibilità esplorative offerte dal suo fare , che è un viaggio umano che nelle trame grafiche e nelle pulsazioni cromatiche, nelle zone di ombra e di luce, lascia libera la sua impronta di esistenza in atto, intima e vibrante, pronta ad immergersi nella profondità del proprio essere, per poi riemergere e appuntarsi in un bagliore o scomparire di nuovo. E questo è un gioco che non è gioco, perché non è artificio, ma orientamento pittorico volto alla continua sperimentazione, poesia visiva, di vitalistica e febbrile inventiva, in cui il rapporto con la realtà torna a farsi espressione autentica di una situazione umana colta nel suo concreto manifestarsi. Il lungo cammino evocativo dell’artista supera le rarefatte sequenze di una nebulosa mimesi, per entrare trionfalmente in quello stadio informale che vive tra un concettualismo colto e quella sfera irrazionale dell’idea, tesa alla ricerca di un altrove indefinito. Pina Della Rossa attua graficamente una ‘Purificazione’ della composizione reinterpretata come interconnessione tra il mondo fisico ed il mondo surreale. Silenti sogni, appena sussurrati, ascoltano il tempo, scandito da logiche armonie dinamiche e vibratili sequenze esecutive sospese tra un equilibrio ideativo e un’arcana, primitiva essenza. Un inedito progetto cosmico supera le fluidità del tratto, si espande nelle profondità inconsce delle campiture generando una ricercata simultaneità di istanti amplificati da realtà sottese.

Arcaici segnali connotano plastiche strutturazioni geometriche, di forme elementari e inquiete, sospese in un’apparente immobilità. Suggestioni ottico-cinetiche delle texture amplificano la loro presenza trasmutandosi in dilatazioni tonali nella dimensione meta cognitiva al di fuori del visibile. L’indomito sentire dell’artista rifugge dal mondo stereotipato delle consuetudini interpretative per addentrarsi nella sfera più autentica del sensibile sentire. Una catarsi ancestrale trasforma il substrato cromatico in un fluido vitale che attua una trasformazione tonale del contesto compositivo. Nelle sue opere la realtà oggettiva abbandona l’idea iniziale per intraprendere un nuovo percorso, un viaggio nei meandri più nascosti e irraggiungibili delle tensioni essenziali della visione concettuale. Al di là di qualsiasi intervento emotivo, l’arte di Della Rossa vive in una dimensione raffinata e sottesa tra indefiniti dinamismi e sublimazioni vario centriche che parlano di sequenziali eventi, viaggi realmente intrapresi, frame di immagini cancellate e poi recuperate in una enigmatica stratificazione bidimensionale. Rigorose razionalità modulari definiscono l’impianto compositivo, costruito tramite alternanze tonali, agili tracce segniche, fasce, lacerti che si susseguono ad intervalli regolari creando intermittenze, pause, ritmicità inarrestabili. Forme pensate e sofferte si trasfigurano nei colori forti e cangianti della personale scala cromatica, razionali ed essenziali nelle tonalità percettive, affascinanti nei rapporti spazio temporali della materia.
Una straripante energia accende le forme, rivitalizzandole nella iper dinamicità del visibile, dalla quale affiorano miti ed eroi sensitivi di straordinaria bellezza interpretativa. un bivio irrevocabile. Che ci mette ha confronto attraverso la sua spiritualità un mondo nuovo dove le immagini diventano tutt'uno con il fruitore dove le forme ritmiche e lineari di Pina Della Rossa fluttuano sottese nello spazio, si svelano velocissime oltre la porta delle stelle, tra riverberi avvolgenti e ritmiche sospensioni di un tempo indefinito ai confini percettibili dell’essere.
Biografia -Pina Della Rossa
Vive e lavora a Napoli, artista visiva e docente di Storia dell’Arte, è attiva sulla scena dell’arte dagli anni ottanta. Laureata presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, si occupa di fotografia, video, pittura, design ed installazioni. La sua ricerca introduce una riflessione metaforica sul rapporto di Identità e Corpo, Materia e Memoria. Artista e attivista di matrice concettuale, si svincola dalla fisicità, emancipandosi dalla scientificità dell’applicazione fotografica, per accogliere stimoli di natura extra-sensoriale. Nel corso della sua evoluzione artistica Della Rossa testimonia il suo saper unire l’arte all’impegno sociale, elaborando progetti focalizzati su tematiche esistenziali, tensioni urbane e collettive, e lotta alla violenza. In tal senso, si rivela sensibile attivista per la difesa dei diritti umani. Le sue opere divengono linguaggio della contemporaneità, scavo interiore, autobiografico e, nel contempo, momento di rinascita. Da ricordare, il progetto “Dopo la battaglia” ed il progetto in progress “Segni permanenti”, con il quale ha realizzato performance art, fotografie, video e installazioni, utilizzando la propria immagine e coinvolgendo personalità del mondo dell'arte e della cultura ed intere comunità, trasformando il suo messaggio artistico e personale, dall’animo singolo ad un messaggio universale. La sua opera si estrinseca anche su giochi di piani, su differenti componenti geometriche, quando, trasformandosi in puzzle, si sottrae alle obbligazioni del formale: così, libera da vincoli, essa esplode, senza confini, abitando in più luoghi. Nei puzzle si evidenzia altresì un vero e proprio viaggio sui sentieri della memoria, una comunione intima con la natura, in cui le intricate ramificazioni sono “nervi scoperti”. In esse il reale si è eclissato trasformandosi in altre sembianze, divenendo una proiezione corporea ed instaurando una relazione simbiotica tra opera e fruitore. Traspare così la natura etica delle immagini, che spostano il senso comune sull’alterità che pervade la visione del reale.
Le sue opere sono inserite in numerose collezioni permanenti, pubbliche e private, tra cui: MUSEO MADRE – Napoli; CAMUSAC, Museo Arte Contemporanea, Cassino - Frosinone; MUSEO NAZIONALE, Thebes – Grecia; MUSEO ALLOTROPYA, Antikyra – Grecia; MAAM Museo dell’Altro e dell’Altrove – Roma; BONGIANI Art Museum di Salerno – Italia; MUSEO MUSEO CAM Casoria Contemporary Art Museum, Casoria - Napoli; MOBIUS Gallery – Cambridge, Massachusetts – USA; MUSEAVV – Nizza; MUSEO MACS - ARTE CONTEMPORANEA, Santa Maria Capua Vetere – Caserta; Museo di Fotografia Contemporanea “LA VALLE“, Cervinara – Avellino; MARIO COLONNA - ART HOTEL GRAN PARADISO – Sorrento; Galleria GAM “MEDITERRANEUM COLLECTION“ – Catania; Galleria AREA24Space – Napoli; Galleria FRANCO RICCARDO ARTI VISIVE – Napoli; Galleria 3F FIORILLOARTE – Napoli; Galleria DEL CARBONE – Ferrara; Galleria SPAZIO 88 – Roma; Galleria SPAZIO UTOPIA Contemporary Art – Salerno; MUSEO D’ARTE, Comune di Rittana – Cuneo; Galleria TUFANOSTUDIOVENTICINQUE, R. Veronesi – Milano; THE LONDON BIENNALE, D. Medalla – Londra;ARCHIVIO AMAZON Archive of artisticworks and projectsabout the Amazonic World, R. Maggi – Amazzonia; ARCHIVIO Visivo e Libri d’Artista di San Cataldo -Caltanisetta; ARCHIVIO Libri d’Artista “IBRIDIFOGLI” – Salerno.
Nel 2016 è stata inserita nell’ATLANTE dell’ARTE CONTEMPORANEA a Napoli e in Campania, Loredana Troise (a.v.), a cura di Vincenzo Trione – per il progetto di Ricerca e Documentazione del Museo MADRE – Napoli. Ed. Electa.
Ha esposto in numerose mostre presso musei, gallerie nazionali e internazionali, accanto ad artisti, come: Araki, Nagasawa, Oppenheim, Vettor Pisani, Spoerri. Tra le più importanti ricordiamo: “9 ARTISTI ITALIANI“ - Galleria Area24Space, Napoli;“Per-formare una collezione”, MUSEO MADRE – Napoli;“SEGNI PERMANENTI“, MUSEO MACRO – Roma;”MATERIE 9” a cura di Valerio Falcone Eboli, Salerno; ”RELAZIONI MARGINALI SOSTENIBILI / ShozoShimamoto”, BongianiMuseum - Galleria Sandro Bongiani – Salerno; “TAKE CARE PROJECT”, FONDAZIONE 107 – Torino; “Signum”, BIBLIOTHE’ Gallery – Roma; “NARRATO CON FIGURE”, FONDAZIONE Filiberto e Bianca MENNA, Salerno; STILL FOTOGRAFIA e WE WORLD Onlus – Milano; “ThinkAboutNaturalAction”, ANDREANUOVOHomeGallery – Napoli; FOCUS Artphilein – Photography, Lugano – Svizzera; “L’AMAZZONIA DEVE VIVERE”, MUSEO DIOTTI, Cremona; PADIGLIONE BIRMANIA, Palazzo Zanardi Landi – LODI; MACVA - MUSEO DE ARTE CONTEMPORÁNEO DE VALENCIA, Valencia – Venezuela; ARCHIVIO Visivo e Libri d’Artista – Caltanisetta; “Da una trifora sul cortile dell’attualità #1”, AREA24Space – Napoli; FIERA di Bologna; “FUORI SALONE” – Milano; “EXPO’ Arte-Cibo” – Milano; MUSEO CAM Casoria Contemporary Art Museum, Casoria - Napoli; ARTELIBRO – Bologna; “NATURE“, FrancoRiccardiArtiVisive, Palazzo Partanna – Napoli; “DOPO LA BATTAGLIA”, PAN – Palazzo delle Arti Napoli; MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE – Napoli; MUSEO FILANGIERI – Napoli; “Mater Nostra”, PALAZZO FERRARI, Parabita; PARATISSIMA, THE OTHERS ART FAIR – Torino; TILT ESTETICA – TRIENNALE DI ARTI VISIVE” – Roma; Museo
MAAAC – Cisternino; SETUP – Bologna; UN CASTELLO ALL’ORIZZONTE – Perugia; PRIMOPIANOLivingGallery – Lecce; DEUTSCHES HIRTENMUSEUM – Hersbruck-Germania; SICOF – Fotografia Internaz. – Milano; “RI-Scatto”, Galleria SPAZIO88 – Roma; “Selectedworks”, Galleria AREA24 Space - Napoli, che in particolare ne segue gli sviluppi artistici.
Sala esposizione Fornace Falcone per la cultura, Cilento Outlet Village Eboli
Pina Della Rossa in Otherside
dal 18 Marzo 2023 al 18 Aprile 2023
dal Lunedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 21.00