Editoriale Artemide, Roma 2016
di
Barbara SAVINA
Il titolo del nuovo volume (fig. n. 1) di
Maurizio De Luca, ispettore e capo restauratore dei
Laboratori di Restauro dei Musei Vaticani dal 1995 al 2010, è denso di significato.
I muri parlano-scrive l'autore-ma bisogna saperli ascoltare. E servono gli strumenti critici per interpretare i dati desumibili. Il volume di
De Luca, da poco in libreria per i tipi dell'
editoriale Artemide, nasce dal contatto diretto con le opere e dall'esperienza maturata negli anni di lavoro sui cantieri vaticani, raccontati in una sorta di diario.
Il libro, ricco di notizie e curiosità, corredato di un eccezionale apparato fotografico, si rivolge ad un pubblico variegato, composto da specialisti, storici dell'arte e restauratori, ma anche semplici lettori amanti delle belle arti, come pure a guide esperte e a conoscitori. E' "un racconto competente ed appassionato di un sistema di lavoro che concilia l'approccio umanista e tecnico"- come acutamente scrive
Claudio Strinati nella sua
Introduzione.
Attraverso i vari dettagli tecnici l'autore documenta l'attività frenetica dei cantieri, che hanno realizzato gli affreschi, oggi visibili nei
Musei Vaticani.
E' interessante l'ipotesi formulata di un'impalcatura comunicante, che favoriva il passaggio degli artisti all'interno del cantiere della
Sistina (fig. n. 2): il libro illustra l'organizzazione del lavoro, non chiarita in modo preciso nelle carte, il ruolo dei vari artisti e le capacità imprenditoriali di
Perugino, che compare come unico firmatario del contratto.
Le fotografie che accompagnano il testo sono molto utili, in quanto consentono di visualizzare ed ingrandire dettagli, solitamente visibili dal vivo a

grande distanza.
Attraverso le immagini il lettore riesce a comprendere il metodo di lavoro di
Perugino, che ingrandiva, riduceva o rovesciava elementi di uno stesso soggetto, per ottenere nuovi modelli per le sue composizioni: in una fase di revisione poi venivano inseriti dettagli per vivacizzare le varie scene. L'occhio impara a distinguere i nasi, le bocche e gli occhi delle figure botticelliane delineati e rimarcati da sottili linee nere, mediante pennellate rapide e corsive.
Emerge il carattere teatrale delle composizioni di
Botticelli, uno degli artisti più vivaci, caratterizzate da un sapiente intreccio di linee diagonali.
Il testo è ricco di informazioni tecniche sulla raffinata qualità dell'intonaco, costituito da malta romana di calce e pozzolana, reperibile nelle cave laziali, sulle dorature, che si eseguivano sull'intonaco già essiccato e sugli effetti di trasparenza: questi erano ottenuti con il bianco Sangiovanni, per rendere l'illusione della pelle nuda sotto le vesti. Una guida attenta ricava dal testo anche una serie di curiosità, utili a rendere la sua visita più vivace ed interessante: dal dettaglio dei pezzi di corallo, insieme ai frammenti di malachite e lapislazzuli, sulla sabbia nel
Passaggio del Mar Rosso all'artificio firmato
Botticelli, che cosparge il volto della moglie di Mosè con una sorta di cipria, attraverso una leggera velatura di bianco Sangiovanni, per rendere più verosimile la sua anzianità (figg. nn. 3-4).
Il testo svela le criptonomie, dietro le quali si nascondono
Rosselli e
Ghirlandaio, da proporre ai visitatori come un gioco: il primo nell'
Adorazione del
vitello d'oro finge di lasciare distrattamente una coppetta piena di colore rosso, che richiama la radice del suo cognome;
Ghirlandaio materializza l'immagine del suo soprannome, incoronando la figura di un giovane con una ghirlanda nella
Chiamata degli Apostoli.
In questo affresco è visibile una galleria di ritratti dal vivo, caratterizzati realisticamente, con angiomi, cisti e nei. Attraverso i dettagli delle fotografie un occhio curioso riesce a distinguere diverse tecniche nell'esecuzione delle mani e delle teste dei vari personaggi: i vari ductus pittorici nel concerto armonico della
Sistina equivalgono ad una sorta di firma.
Il gozzo tiroideo distingue le figure di
Cosimo Rosselli, attento anche nella resa dei dettagli dei tessuti, come il filato di Fiandra nella tovaglia dell'
Ultima Cena, con una sensibilità che lo avvicina all'arte nordica.
La mano di
Luca Signorelli è riconoscibile dalle pennellate a semi-luna.
Il volume mette a fuoco anche le capacita organizzative di
Pinturicchio negli
appartamenti Borgia, dove si incontrarono vari pittori tosco-umbri, come nella
Sistina.
Il restauro ha rivelato che l'artista ricorse ad una pratica di pittura murale inconsueta, con pigmenti stemperati in uova, colla ed olio, che consentiva una maggiore rapidità esecutiva, magari per soddisfare le richieste del pontefice, impaziente di prendere possesso degli ambienti. E grazie alla larga disponibilità economica ricorse in abbondanza ad oro zecchino e a pigmenti preziosi, senza badare al risparmio. Il papa è ritratto nella
Sala dei Misteri,

ammantato in un prezioso piviale (fig. n. 5), e più volte celebrato attraverso il toro Borgia su campo dorato.
I pittori di questo cantiere sperimentarono sapienti combinazioni di colori, l'impiego di pigmenti d'importazione, come l'azzurrite dalla Germania e il lapislazzuli dall'Afghanistan e aggiunsero una varietà di lacche, con cui si ottenevano effetti di misteriosa intensità cromatica. I dipinti sono farciti da oggetti degni di un rigattiere, con cornici, pelli animali, bolli, pezzi di vetro, incastonati in stucco dorato, a imitazione di pietre preziose, a suggerire gioielli:
De Luca parla a questo proposito di ridondanza spagnolesca e usa l'espressione efficace di un “floriregio materico che anticipa la pop-art" .
Nel volume sono indagate anche le modalità di funzionamento della
bottega di Raffaello, che riusciva a coordinare diverse personalità e la svolta determinata dall'incontro con
Michelangelo: il maestro demolì una porzione della
Scuola d'Atene-dove ha inciso prudentemente l'impronta dello spolvero- per inserirvi il ritratto del Buonarroti nelle vesti di un filosofo immerso nei suoi pensieri, con gli stivali che indossava abitualmente, in una giornata di lavoro aggiunta ad intonaco essiccato, come confermato dalla traccia lasciata dalla sanguigna.
Vengono messe in rilievo tutte le componenti del
vocabolario raffaellesco, offrendo al lettore la chiave critica per la comprensione dei suoi capolavori: la galleria di sguardi nella
Scuola d'Atene, sfruttando il repertorio espressivo della fisiognomica, l'impiego competente dei pigmenti, seguendo i principi dell'ottica, gli effetti di trasparenza, i giochi sapienti di luce nella
Liberazione di S. Pietro (fig. n. 6). E persino l'effetto di "inamidato" nei tessuti liturgici della
Messa di Bolsena. Il problema della
cecità di Omero nel
Parnaso viene risolto brillantemente, lasciando la sclera degli occhi dello stesso colore dell'incarnato.
Il testo contiene anche informazioni sulla vita quotidiana del cantiere: nell'impasto di intonaco della
Stanza dell'incendio sono stati ritrovati fagioli, forse caduti incidentalmente durante una pausa pranzo dei muratori.
Un volume dunque ricco di notizie, strumento prezioso per storici e restauratori, che documenta l'attività dei cantieri presenti in
Vaticano nel
Rinascimento e ricostruisce il ruolo dei vari artisti all'interno delle botteghe, attraverso le peculiarità dello stile e della tecnica.
Grazie al lavoro scrupoloso di
De Luca gli affreschi, visti da vicino nel corso del restauro, si sono trasformati in una sorta di manuale di tecnica pittorica: le varie informazioni sull'impiego di cartoni e sullo spolvero con ricorso ad incisioni, sui pigmenti e sul
ductus pittorico, sono raccolte in un quadro organico. Dalle pagine del libro emerge che l'eccellenza dei risultati raggiunti è connessa direttamente all'interazione tra i vari membri delle botteghe, ognuno con una mansione specifica, e alle capacità imprenditoriali ed organizzative dei capi-cantiere: Perugino per la Sistina e Pinturicchio per gli
Appartamenti Borgia. Questi artisti-manager coordinarono con intelligenza le varie personalità artistiche da loro dirette, riuscendo a valorizzare specializzazioni e competenze individuali: le varie mani ed i ductus pittorici restano distinguibili, ma al tempo stesso le differenze di stile si esaltano reciprocamente in un contesto armonico.
I direttori dei cantieri riuscirono a soddisfare i desideri dei papi committenti e a rispettare i vincoli connessi alle iconografie richieste. In una sapiente regia si studiarono varie soluzioni, affrontando le difficoltà insite nella tecnica a fresco, e sperimentando anche originali effetti speciali, attraverso gli strumenti offerti dall'esperienza: diluendo i pigmenti o stemperandoli nella calce, per variare i tempi di carbonatazione e rispettare le richieste di consegna imposte dai committenti.

Gli artisti lavoravano sotto pressione, su impalcature a volte poco stabili, in una collaborazione continua con il muratore che stendeva l'intonaco, e dedicando grande cura alla movimentazione dei cartoni e alla scelta dei pigmenti.
Ma il clima era sereno, come dimostrano gli inserti scherzosi presenti negli affreschi: ad esempio il volto che ride, nella
Punizione dei ribelli della
Sistina, a sinistra dell'
Arco di Costantino. Il cagnolino, che ritorna in alcuni riquadri, era una sorta di
mascotte del
team, impegnato sui ponteggi.
Nel caso delle
Stanze di Giulio II non è facile individuare i brani dove realmente si è posato il pennello di
Raffaello nel
mare magnum di allievi ed aiuti, anche se lo studio della tecnica aiuta a precisare le componenti del linguaggio dell'artista, riproposte dai membri del suo
team.
Dai muri della
cappella Paolina emergono la fatica e lo sforzo di
Michelangelo, ormai anziano e stanco dopo l'impresa della
Sistina: anche il capitolo dedicato da
De Luca a quest'impresa, lunga ben 8 anni, coniuga l'approccio tecnico ed umanistico, mostrando l'abilità dell'artista nella soluzione dei problemi e l'intelligenza delle scelte tecniche, sempre connesse a quelle stilistiche ed iconografiche, subordinate alle richieste della committenza.
Grazie al restauro si è ricostruita la progressione del lavoro, ed è stata analizzata la natura dei pigmenti, offrendo anche un'interessante chiave di lettura iconografica. Il pittore dipinse in questo cantiere anche sull'intonaco in fase di asciugatura e con pigmenti stemperati nella calce, secondo la tecnica definita dell'affresco stanco. Il risultato è una sorta di trattato di teologia a colori, come lo definisce l'autore: ai gesti concitati della
Conversione di S. Paolo corrispondono le atmosfere sospese nei personaggi che prendono parte al
Martirio di S. Pietro.
In questa scena è interessante il dettaglio iconografico dei chiodi, secondo l'autore inseriti in una fase successiva in base ai risultati del restauro:
Michelangelo cambiò la prospettiva della croce e la posizione della testa dell’apostolo, che si volge a chi entra nella cappella, a quei tempi sede del concistoro per l'elezione papale, ricordando l'importanza del suo martirio nella storia della Chiesa.
La fisionomia del santo è compatibile con quella di Pietro nel
Giudizio Finale della
Sistina e rimanda al repertorio di ritratti conosciuti di
Paolo III Farnese
Questo libro svela in modo piacevole nuove chiavi di lettura e tanti segreti ancora nascosti negli affreschi Vaticani, che non finiscono di affascinare e sorprendere esperti di stile e tecnica.
Maurizio De Luca, che ha lavorato sui ponteggi come i grandi pittori del Rinascimento, racconta gli esiti dei restauri in una sintesi vivace ed interessante, confermando il metodo e lo scrupolo scientifico, già noti al pubblico.
E attraverso il suo diario personale, con testo ed immagini, il lettore riesce ad avvicinarsi ai grandi capolavori del passato con una consapevolezza diversa: gli affreschi visti, raccontati e studiati da vicino, divengono più familiari, comprensibili e perciò godibili anche esteticamente.
di
n. 1 immagine di copertina
n. 2 veduta d'insieme della cappella Sistina
n. 3 S. Botticelli, Cappella Sistina, Tentazioni di Mosè
n. 4, Tentazioni di Mosè, dettaglio con la figura di Zippora
n. 5 Pinturicchio, Appartamenti Borgia, Sala dei Misteri, Resurrezione, con ritratto di papa Borgia
n. 6 Raffaello, Stanza di Eliodoro, Liberazione di S. Pietro