Fig_1Sono trascorsi 450 anni da quel 18 febbraio 1564 in cui a Roma spirò il divino Michelangelo. Dopo varie peripezie le spoglie del maestro furono tumulate il 14 luglio dello stesso anno nella basilica di Santa Croce in Firenze. Quasi mezzo millennio fa. Le celebrazioni per ricordare quegli eventi e questa ricorrenza sono iniziate da qualche mese nel capoluogo toscano. La prima di una serie di mostre previste quest’anno, intitolata “Ri-conoscere Michelangelo”, è stata allestita alla Galleria dell’Accademia fiorentina, al cospetto del David, dei Prigioni e della Pietà di Palestrina, per offrire un punto di vista di grande interesse e innovazione critica circa la fortuna e la figura del Buonarroti.



Fig_2(1)Le curatrici Monica Maffioli e Silvestra Bietoletti si sono chieste quale sia stato il ruolo della fotografia riguardo alla conoscenza dell’opera del maestro (Figg. 1-2).  Di come cioè la percezione della sua arte si sia profondamente modificata grazie all’affermarsi delle tecniche fotografiche dalla metà del secolo XIX ad oggi, tema sul quale in generale la sensibilità degli storici sta crescendo negli ultimi anni.

Già facendo la fila per entrare all’Accademia di Belle arti di via Ricasoli, l’occhio del visitatore non può non cadere sull’opera michelangiolesca più celebre, ri-mediata sul muro da un anonimo artista di strada del secolo XXI (Fig. 3). Il volto del David tratteggiato a pastello e carboncino su carta azzurra, è trasformato in quello di un nuotatore con maschera e bolle d’aria a cui è stato appiccicato, con ulteriore ineffabile derisione post-duchampiana, il sorriso ocra pixelato della Gioconda. L’utilizzo dell’immagine scultorea e pittorica di Michelangelo è costellata di episodi come questi: immagini reinterpretate e manipolate secondo le più bizzarre formulazioni ed esigenze.

Fig_3(1)Una recente rilettura che ha fatto scalpore ha sempre il David come soggetto, stavolta a figura intera, utilizzato per pubblicizzare un nuovo potente modello di fucile mitragliatore prodotto di un’azienda americana, definito con lo slogan “A work of art”. La levata di scudi è stata etica e commerciale allo stesso tempo, avendo l’azienda proceduto senza autorizzazione.
In pochi hanno però notato che al giovine eroe biblico della Firenze repubblicana oltre a far imbracciare il fucile sono state occultate le pubenda come a dire: fate la guerra non l’amore (Fig. 4). Oppure con cripto-sottolineatura simbolica: il fucile è più potente del sesso, o, ancora, per blandire ipocritamente il falso moralismo americano circa la sessualità.

Fig_4(1)Il meccanismo che nella storia dell’immagine dell’ultimo secolo ha generato questa tipologia di manipolazioni è stato ampiamente studiato. Si utilizza un’immagine celebre per provocare, per deriderla, per diventare celebri alla sua luce, per ottenere clamore mediatico.
Tutto questo è stato amplificato se non in parte determinato dalla riproduzione tecnica e fotografica dell’opera d’arte, come ebbe a scrivere Walter Benjamin nel 1936. Si può però solo parlare di perdita d’aura? Oggi Benjamin avrebbe forse dovuto ammettere che le opere d’arte originali sono divenute celebri anche grazie proprio alla loro moltiplicazione, dunque al netto di disconoscimenti simbolici e decontestualizzazioni, hanno aumentato il loro grado di “aura”, diventando magari per i più, feticci pop, e per i quali si volano ore di aereo da ogni parte del mondo con lo scopo di potersi concedere quell’esperienza auratica ri-mediata.

Post-moltiplicazione: la mostra fiorentina è dunque un’avvincente tessitura di testimonianze del passaggio dalla ri-conoscenza pittorica a quella fotografica. Ri-conoscere anche nel senso della riconoscenza verso il Genio che ha lasciato all’Umanità un patrimonio indice assoluto della potenza dell’arte.

Fig_5(1)Fig_6Tradurre l’opera di Michelangelo è stato del resto un processo iniziato nel secolo XVI e mai interrotto. Evoluto semmai, in una dinamica osmotica dall’originale alla copia, di traduzione in traduzione: dalla stampa ai nuovi media (Figg. 5-6). Tutto questo ha prodotto delle conseguenze sociali, culturali, artistiche e critiche di grandi proporzioni che appaiono oggi evidenti e su cui si comincia a fare luce.
Lo affermava già Delacroix nei suoi diari, tra i primi a capire l’importanza seminale dell’immagine fotografica. La sequenza di scatti di alta qualità dell’opera scultorea michelangiolesca è impressionante per la capacità di mostrare quanti modi variegati vi siano per osservare e “narrare” per immagini l’opera e la materia marmorea di Buonarroti. Non un solo “punctum”, come scrisse Heinrich Wölfflin in “Fotografare la scultura” (1897), ma una poliedricità (Figg. 7-8).

FIG_7Fig_8Un discorso a parte, per ampliare questa interessante prospettiva, ad essa strettamente connessa, sarebbe riflettere sull’impatto dell’utilizzo della “fotografia animata”, ovvero del cinema e della TV, riguardo alla conoscenza e alla percezione dell’opera di Michelangelo. Progetto auspicabile per una prossima mostra.
Tommaso Casini, 10/05/2014


Ri-conoscere Michelangelo
La scultura del Buonarroti nella fotografia e nella pittura dall’Ottocento ad oggi

Galleria dell’Accademia, Firenze
18 febbraio - 18 maggio 2014




Immagini tratte da:

http://www.unannoadarte.it/riconosceremichelangelo/galleria.html
http://www.ilpost.it/2014/03/08/david-armato-pubblicita/
Fig. 3: foto dell’autore