Giovanni Cardone Maggio 2023
Fino al 16 Luglio 2023 si potrà ammirare ai Musei Reali di Torino la mostra antologica dedicata ad una delle più grandi fotoreporter del Novecento Ruth Orkin. Una nuova scoperta a cura di Anne Morin. L’esposizione organizzata da di Chroma, prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali e il patrocinio del Comune di Torino, riunisce 156 fotografie, la maggior parte delle quali originali, che ripercorrono la traiettoria di una delle personalità più importanti della fotografia del XX secolo, in particolare tra il 1939 e la fine degli anni Sessanta, attraverso alcune opere capitali come VE-Day, Jimmy racconta una storia, American Girl in Italy, uno dei suoi scatti più iconici della storia della fotografia, i ritratti di personalità quali Robert Capa, Albert Einstein, Marlon Brando, Orson Welles, Lauren Bacall, Vittorio De Sica, Woody Allen e altri. In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Ruth Orkin apro il mio saggio dicendo : Posso dire che
Ruth Orkin è stata una famosa fotoreporter e cineasta, figlia unica di Mary Ruby attrice di film muti e di Samuel Orkin produttore delle barchette giocattolo note come Orkin Craft. Cresce nella Hollywood degli anni ’20 e ’30, il periodo di massimo splendore, e all’età di 10 anni riceve in regalo la sua prima macchina fotografica, una Univex da 39 centesimi, con cui esegue i suoi primi scatti ritraendo amici e insegnanti di scuola. All’età di 17 anni intraprende un viaggio in bicicletta attraverso gli Stati Uniti, da Los Angeles a New York, per assistere all’esposizione universale del 1939.

Durante l’intero tragitto non smette di scattare e trasforma questa prima sequenza fotografica in una sorta di reportage cinematografico. Per un periodo relativamente breve, nel 1940, studia fotogiornalismo presso il Los Angeles City College, lavorando anche alla Metro Goldwyn Mayer, con la prospettiva di lanciarsi nella carriera di regista. Purtroppo, però, la giovane donna si trova a dover affrontare un ostacolo che non aveva previsto: le donne non sono ammesse all’esercizio di questa professione. Il suo sogno va in frantumi. Nel 1943 si trasferisce a New York, dove lavora come fotografa di nightclub, e in quegli stessi anni diventa membro della Photo League. Negli anni ’40 lavora inoltre per tutte le principali riviste come
LIFE, Look, Ladies’ Home Journal, ecc. La sua carriera prende slancio. Ruth Orkin è ormai conosciuta nell’ambiente della stampa e della fotografia come una delle firme femminili del momento. Nel 1951 si reca in Israele al seguito della Israeli Philarmonic Orchestra per conto della rivista LIFE e dopo qualche settimana parte alla volta dell’Italia. A Firenze incontra Nina Lee Craig, studentessa d’arte e sua connazionale, che diventa il soggetto di American Girl in Italy. Questa fotografia inizialmente faceva parte di una serie intitolata Don’t be afraid to travel alone (Non aver paura di viaggiare da sola), che documentava ciò che le due donne avevano vissuto viaggiando da sole nell’Europa del dopoguerra. Tornata a New York, Ruth Orkin sposa il fotografo e regista Morris Engel. Insieme realizzano due lungometraggi, tra cui il classico
Il piccolo fuggitivo, candidato all’Oscar nel 1953. Dal loro appartamento di New York con vista su Central Park, l’artista fotografa maratone, sfilate, concerti, manifestazioni, e la bellezza del susseguirsi delle stagioni. Questi scatti sono stati raccolti in due libri acclamati dalla stampa e dal pubblico,
Un mondo attraverso la mia finestra e
Tutte le foto dalla mia finestra. Dopo una lunga battaglia contro il cancro, Ruth Orkin si spegne nel suo appartamento di New York nel 1985, all’apice della sua carriera. A volte, basta solo una fotografia per dire che l’ingiustizia non puo? nulla quando la bellezza insorge sui marciapiedi della terra. Ruth Orkin e? appunto, una fotografa che ha usato la macchina fotografica come strumento di bellezza, di accoglienza e condivisione sociale.
E anche se nessuno puo? correggere l’ingiustizia di Dio e degli uomini, questa dolce signora americana ha mostrato che il sonno della ragione puo? essere scosso o acceso soltanto dal sorriso di un bambino. Un’annotazione a margine. Ruth Orkin era l’unica figlia di Mary Rubi, attrice del cinema muto, e di Samuel Orkin. L’infanzia la passa a Los Angeles. A soli 10 anni le fu regalata la prima macchina fotografica e un paio di anni dopo era abile a sviluppare e stampare le proprie fotografie. L’altra passione della Orkin era il cinema. Come tante bambine americane collezionava autografi degli attori piu? famosi e a 21 anni cominciò a lavorare per gli studi della MGM. La cosa fini? subito, perche? l’unione cinematografica hollywoodiana non accettava donne a fare lavori che sembrava dovessero competere solo agli uomini. Nel 1943 la Orkin si trasferisce a New York. La notte fotografa nei locali notturni nei bar nelle strade delle periferie il giorno lavora sulla ritrattistica infantile e inizia a collaborare con giornali e riviste come
Life, Look, Horizon o Ladies Home Journal si avvicina con sempre piu? tenerezza al ritratto e le sue immagini di musicisti esprimono non solo la possibile commissione ma anche la fascinazione della diversita? che si trascolora in poetica dell’eversione, alla maniera dei migliori film noir americani. Ne citiamo solo uno,
La sanguinaria (Deadly Is the Female o Gun Crazy, 1950) di Joseph H. Lewis, un piccolo capolavoro del B-movie.

Uno degli sceneggiatori era Dalton Trumbo, costretto a firmare la sceneggiatura (insieme a MacKinlay Kantor) con lo pseudonimo di Millard Kaufman, perche? ritenuto dalla Commissione per le attivita? antiamericane un “pericoloso” comunista e condannato a 11 mesi di carcere. Trumbo ha vinto (sempre sotto pseudonimo) due volte il premio Oscar per il miglior soggetto, con
Vacanze romane, 1954 e
La piu? grande corrida, 1956. (L’appellativo di Anarchico e? l’insulto piu? lusinghiero che si possa rivolgere a un uomo o a un popolo). La Orkin prende a viaggiare Israele, Italia porta la sua fotocamera in giro per l’Europa nel 1953 firma il montaggio di
The Little Fugitive, scritto da Ray Ashley, Joseph Burstyn, Morris Engel, Ruth Orkin e diretto dal fotografo Engel, che sposera? poco dopo. Sara? una collaboratrice preziosa di Engel anche per
Lovers and Lollipops (1955). Hanno due figli Andy e Mary. La bella americana non entrera? mai dentro il mercantilizio della fotografia e anche quando ha meno opportunita? di fare le fotografie che voleva, riusci? a cogliere grandi immagini del quotidiano dalla finestra della sua casa di New York, pubblicate in due libri importanti, A
World Through My Window (1978) e
More Pictures From My Window (1983). Per cio? che valgono certi riconoscimenti, le sue note dicono che nel 1959 la Orkin fu nominata da
Professional Photographers of America tra “The Ten Top Women Photographers in the U.S”. Nel 1985 muore di cancro nel suo appartamento di New York. Ruth Orkin e? stata un’interprete eccezionale della fotografia sociale e documentaria, fece parte di quel coraggioso gruppo di fotografi che dette vita alla “Photo League”, un’organizzazione nata a New York, che dal 1936 al 1951 si e? battuta per educare e diffondere i valori etici ed estetici della fotografia d’impegno civile. Tra quanti non temerono di mettere il loro nome e la loro creativita? al servizio della verita? non prostituita ai lacci del potere, ricordiamo (e non poche le donne-fotografo che fecero l’impresa) Berenice Abbott, Alexander Alland, Marynn Ausubel, Nancy Bulkeley, Rudy Burckhardt, Vivian Cherry, Bernard Cole, Ann Cooper, Robert Disraeli, Arnold Eagle, Eliot Elisofon, Morris Engel, Harold Feinstein, George Gilbert, Sid Grossman, Lewis W. Hine, Morris Huberland, Consuelo Kanaga, Seymour Kattelson, Sid Kerner, Arthur Leipzig, Gabriella Langendorf, Rebecca Lepkoff, Jack Lessinger, Sol Libsohn, Jerome Liebling, Sam Mahl, Barbara Morgan, Ruth Orkin, Marion Palfi, Bea Pancoast, David Robbins, Walter Rosenblum, Rae Russell, Joe Schwartz, Ann Zane Shanks, Lee Sievan, Aaron Siskind, W. Eugene Smith, Louis Stettner, Erika Stone, Lou Stoumen, Elizabeth Timberman, Weegee (Arthur Fellig), Dan Weiner, Sandra Weiner, Bill Witt, Ida Wyman, Max Yavno tutti sapevano che per poter afferrare il futuro occorreva denudare il presente delle proprie imposture e simulazioni politiche le loro opere chiedevano il diritto alla liberta, che e? semplicemente avere il diritto di essere uomini in mezzo agli uomini. Sapevano che la liberta, ogni liberta risiede nell’atto o nell’insubordinazione che ci fa liberi.

No, nessuno e? libero dove si nasconde, ma soltanto la? dove dice la mia parola e? no!, qualunque sia la ragione per la quale qualcuno si erge a depositario della verità unica. La visione della realtà della Orkin emerge anche dalla pregevole fotografia scattata a Firenze nel 1951,
American Girl in Italy, e divenuta uno dei poster piu? ricercati da appendere nei salotti borghesi e proletari di tutto il mondo l’immagine-icona della Orkin e? una “ricostruzione” perfetta del reale, tuttavia siamo nei pressi del “frammento di costume” e non nell’imperfezione della tragicita? o della banalita? calpestata dell’esistenza. I poeti orfici scendono fino agli inferi per cercare la propria anima, lo fanno solo per amore e se ne fregano dei demoni e dei mercanti di ogni mondo sono loro che lasciano le tracce di un’umanità? smarrita e anche una fotografia non eccelsa come “
American Girl in Italy” puo? contenere la sapienza e l’intima felicita di un tempo cercato ai confini della vita e della morte la fotografia e? memoria che ci da? sostegno e ricordo che ci spaventa, e fuori dall’eta? dell’acconsentimento solo gli spiriti liberi prenderanno coscienza della propria nudità e della propria bellezza. La grandezza espressiva della Orkin la troviamo nella gaiezza dell’infanzia liberata nelle strade e perfino nel grande ritratto di Robert “Bob” Capa, un po’ “avvinazzato” al bancone di un bar le sue immagini esprimono una vitalita? del segno e contengono sempre un dolore o un “profumo” d’oblio sono iconografie sognanti, buttate li?, sul volto della storia, a mostrare quando lo sguardo si fa parola, dialogo e diviene passaggio verso l’accoglienza, la dignita?, il rispetto di un uomo e quindi di un popolo. Non sono tanto le sue fotografie di “stelle dello spettacolo” (Marlon Brando, Orson Welles, Spencer Tracy, Lana Turner, Kirk Douglas, Doris Day, Humphrey Bogart, Alfred Hitchcock) che ci attanagliano alla gola, quanto la bellezza malinconica, struggente, segreta delle immagini di New York (anche a colori) riprese dalla sua finestra e piu? ancora la singolarità, tutta al femminile, dell’eidetica infantilei bambini, specie le bambine, fotografati dalla Orkin, sono icone di bellezza incontaminata e i loro corpi, i loro sorrisi, i loro gesti sono un coagulo di verità e liberta, inconcepibili l’una senza l’altra. Sono fiori di uno stesso amore. Le scritture fotografiche della Orkin crescono dietro il muro dell’incomprensione e della cultura mercantile, per coglierle e amarle occorre rompere le pietre dell’indifferenza. Il fare-fotografia della Orkin segna una contaminazione col mondo e siccome ciascuna immagine e? unica e irripetibile, si richiama all’essenza della vita e rifiuta l’ereditarietà? del destino imposto. Le sue fotografie aiutano a ritrovare la strada verso la bellezza, per non morire d’ingiustizia. Fotografare significa non conoscere altro che la sacralità delle passioni del cuore e la verità dell’immaginazione. Invidiamo coloro che trovano la fine del dolore e il riconoscimento della loro arte, tuttavia restiamo accanto a chi non ha incontrato ne? l’una ne? l’altro. La mostra affronta il suo lavoro da una prospettiva completamente nuova, all'incrocio tra l'immagine fissa e l’immagine in movimento. Affascinata dal cinema, Ruth Orkin sognava infatti di diventare una regista, grazie anche all’influenza della madre, Mary Ruby, attrice di film muti, che la portò a frequentare le quinte della Hollywood degli anni Venti e Trenta del Novecento. Nella prima metà del secolo scorso, tuttavia, per una donna la strada per intraprendere questa carriera era disseminata di ostacoli. Ruth Orkin dovette quindi rinunciare al sogno di diventare cineastao perlomeno dovette reinventarlo e trasformarlo; complice il regalo della sua prima macchina fotografica, una Univex da 39 centesimi, si avvicinò alla fotografia, ma senza mai trascurare il fascino del cinema. Proprio l’appuntamento mancato con la sua vocazione, la costringerà a inventare un linguaggio alla confluenza tra queste due arti sorelle, tra l'immagine fissa e l'illusione dell'immagine in movimento, un linguaggio che induceva una corrispondenza costante tra due temporalità non parallele. Attraverso un'analisi molto specifica dell'opera di Orkin, la rassegna permette di capire i meccanismi messi in atto per evocare il fantasma del cinema nel suo lavoro. Come avviene nel suo primo Road Movie del 1939, quando attraversò in bicicletta gli Stati Uniti da Los Angeles a New York. In quell’occasione, Ruth Ork intenne un diario che diventò una sequenza cinematografica, un reportage che raccontava questo viaggio e la cui linearità temporale si svolge in ordine cronologico.

Ispirandosi ai taccuini e agli album in cui la madre documentava le riprese dei suoi film, e utilizzando lo stesso tipo di didascalie scritte a mano, l’artista inseriva l’immagine fotografica in una narrazione che riprendeva lo schema della progressione cinematografica, come se le fotografie fossero immagini fisse di un film mai girato e di cui vengono esposte 22 pagine. Il percorso propone inoltre lavori come I giocatori di carte o Jimmy racconta una storia, del 1947, in cui Ruth Orkin usa la macchina fotografica per filmare, o meglio, per fissare dei momenti, lasciando allo sguardo dello spettatore il compito di comporre la scena e riprodurre il movimento, ma anche le immagini e il film Little fugitive(1953), candidato al Premio Oscar per la migliore storia cinematografica e vincitore del Leone d'argento alla Mostra del Cinema di Venezia, che racconta la storia di un bambino di sette anni di nome Joey (Richie Andrusco) che fugge a Coney Island dopo essere stato indotto con l'inganno a credere di aver ucciso suo fratello maggiore Lennie e che François Truffaut riteneva di fondamentale importanza per la nascita della Nouvelle vague
. Nei primi anni Quaranta, Ruth Orkin si trasferisce a New York, dove diventa membro della Photo League, cooperativa di fotografi newyorkesi, e instaura prestigiose collaborazioni con importanti riviste, tanto da diventare una delle firme femminili del momento. È in questo periodo che realizza alcuni degli scatti più interessanti della sua carriera. Con Dall’alto Orkin cattura perpendicolarmente da una finestra gli avvenimenti che si svolgono per strada, riprendendo alcune persone del tutto ignare di essere oggetto del suo sguardo fotografico: un gruppo di signore che danno da mangiare ai gatti di strada; un padre che, acquistata una fetta di anguria, la porge alla figlia davanti al chiosco del venditore ambulante; due poliziotti che fanno cordone attorno a un materasso logoro abbandonato per strada; due bambine che giocano a farsi volteggiare l’un l’altra; un gruppo di marinai che incedono speditamente e che divengono riconoscibili per i loro cappelli che si stagliano come dischi bianchi sul fondale grigio dell’asfalto. A molti anni di distanza, tornò a questo genere di scatti: da una finestra con vista Central Park, l’artista riproponeva lo stesso gesto e la stessa inquadratura, nelle diverse stagioni, registrando la fisionomia degli alberi, la tonalità delle loro foglie: il soggetto è proprio il tempo e il suo scorrere, sotto forma di una sequenza che parla dell’elasticità del tempo filmico. La mostra darà poi conto del reportage per la rivista
LIFE, realizzato nel 1951 in Israele a seguito della Israeli Philarmonic Orchestra e del viaggio compiuto in Italia, visitando Venezia, Roma e Firenze, città dove incontra Nina Lee Craig, una studentessa americana, alla quale chiede di farle da modella per un servizio volto a narrare per immagini l’esperienza di una donna che viaggia da sola in un paese straniero e che divenne soggetto di
American Girl in Italy,una delle sue fotografie più iconiche e più famose della storia della fotografia; la scena che immortala Nina Lee Craig passeggiare per le strade di Firenze tra un gruppo di uomini che ammiccano al suo passaggio, riesce a ispirare a Ruth Orkin la foto-racconto che cercava da tempo. La mostra Ruth Orkin. Una nuova scoperta è accompagnata da un catalogo edito da Skira.
Musei Reali di Torino
Ruth Orkin. Una nuova scoperta
dal 17 Marzo 2023 al 16 Luglio 2023
dal Martedì al Venerdì dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Sabato e Domenica dalle ore dalle ore 10.00 alle ore 21.00
Lunedì Chiuso