Si è inaugurata lo scorso dicembre e sarà visibile sino al 28 maggio 2017, una bellissima mostra I
Tesori Nascosti,
Tino di Camaino, Caravaggio, Gemito a cura del Prof.
Vittorio Sgarbi, nella
Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta in Napoli , appena restaurata.
Questo luogo con i suoi sotterranei e una cripta con i resti dell'antica basilica paleocristiana e i frammenti di un antico mosaico di epoca romana, è stato, per moltissimi anni, una officina con tanto di pista interna per le moto; ora per la prima volta è aperta al pubblico e sarà per sempre uno spazio museale, restituendo ai napoletani, nella Napoli storica e verace di
via dei Tribunali, un posto magnifico dimenticato a lungo. Pochi giorni fa, in una sala affollatissima, è stato presentato il catalogo della mostra, realizzato dalla
casa editrice Maggioli Musei, curato da
Vittorio Sgarbi e
Pietro Di Natale con il progetto grafico di
Sara Pallavicini.
Alla presentazione sono intervenuti anche
due rappresentati di Governo,
Antimo Cesaro, Sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e
Gennaro Migliore, Sottosegretario al Ministero della Giustizia, nonché il rettore della basilica
Monsignor Vincenzo De Gregorio,
Gianni Filippini, produttore esecutivo della mostra, ed infine il grande studioso napoletano,
ex sovrintendente di Capodimonte, Nicola Spinosa che ha espresso grandi parole di apprezzamento. La rassegna d’arte è una prosecuzione della mostra
‘Il Tesoro d’Italia’ svoltasi al
l’Expo di Milano nel 2015 dal titolo
‘Da Giotto a De Chirico’; ma qui, nel capoluogo campano, naturalmente è molto più ricca la presenza di opere di autori partenopei, come il raro
Saverio Ierace, che compare nella copertina del catalogo. “
Una mostra che in realtà è un museo – ha affermato
Vittorio Sgarbi- l’arte non ha territori, né temi; abbiamo portato in questa chiesa, che di per sé è già un capolavoro, questa immensità di bellezza davanti alla quale vi sentirete storditi”.
Sono in effetti esposti
oltre 150 capolavori di più di cento autori, provenienti da fondazioni bancarie, istituzioni varie e collezioni private, con opere realizzate in un arco temporale che va dal tredicesimo al ventesimo secolo e, quindi, attraversando un arco di tempo così ampio, è ben evidenziata l’evoluzione artistica di stili e correnti. A partire da una
‘testa’, opera di maestro federiciano del 1250, sino all
’autoritratto di Antonio Ligabue. La mostra è patrocinata dall’
Arcidiocesi della Città di Napoli, dalla
Regione Campania, dal
Comune e dalla città Metropolitana di Napoli;
main sponsor dell’evento il
gruppo Credem -che ha anche prestato bellissimi dipinti, come l’
Ecce homo di
Guido Reni, la
Deposizione di
Alessandro Tiarini, la
Maddalena in Gloria di
Giovanni Lanfranco e ancora opere di
Luca da Reggio e
Antonio Burrini.
Con questa mostra
Vittorio Sgarbi, coadiuvato dai suoi efficaci collaboratori, ha voluto portare alla luce ciò che in genere è nascosto, come suggerisce lo stesso titolo della mostra, vale a dire opere d’arte che non sono esposte nei musei pubblici e, di conseguenza, difficilmente visibili al grande pubblico. E’ una scelta -come ha tenuto a rimarcare il curatore- che vuole affrontare il mistero del collezionismo, che, secondo il noto critico, consiste ne
“l’interesse per ciò che non c’è, a noi tocca il compito di rivelarlo; il fine è provare a far comprendere una volta di più agli italiani, e ancor più ai napoletani visto che l’abbiamo allestita qui, l’enorme ricchezza artistica che rende unico questo paese, spesso colpevolmente ignorante delle bellezze che possiede”; parole sante, viene da aggiungere
In questa meravigliosa passerella di capolavori non c’è un vero legame né si segue un tema preciso:
“Cercare un filo conduttore –secondo
Sgarbi- è
una roba che mi fa schifo, non si devono per forza esporre quadri legati da una teoria, in questa chiesa c’è solo bellezza”.
Per parte mia, mi sento di evidenziare in modo particolare la coppia strepitosa del
Guercino, una
Lucrezia e una
Diana, entrambe del 1641, appartenenti alla
Fondazione Marini Clarelli Santi, o Il
Ritorno del figlio prodigo di
Mattia Preti, o anche la grande tela di
Giovan Francesco Guerrieri,
Ercole e Onfale, forse il suo capolavoro, e poi la natura morta di
Luca Forte, dipinto che vanta una bibliografia infinita, ed il
Ritratto del comandante Gabriele Tadino, del grande
Tiziano.
La parte da leone nella mostra, con un imponente
corpus di dipinti, la fanno la
Fondazione Cavallini Sgarbi ed il collezionista
Venceslao di Persio
di Pescara, proprietario di una collezione dell’800 davvero eccezionale. Della prima si possono ammirare

opere che attraversano uno spazio temporale che va dalle sculture di
Tino di Camaino all XVIII secolo, a dipinti del ‘900, come la splendida
Famiglia sulla spiaggia di
Cagnaccio di San Pietro, ma ci sono anche i
big del seicento, come il
Platone e il
San Gerolamo di
Jusepe de Ribera, come la
Lucrezia del milanese
Giuseppe Nuvolone, ma notevole è anche la parte settecentesca, con la bella
Natività di Cristo di
Ignazio Stern e con il
San Giuseppe di
Giambattista Piazzetta.
Invece la
collezione di Persio ci offre un notevole
excursus ottocentesco; per citare solo qualche esempio
in primis c’è il capolavoro di
Anton Van Pitloo, i
Templi di Paestum del 1826 , il bellissimo
Michele Cammarano, con l’
Incoraggiamento al vizio del 1868, e poi
Domenico Morelli con
L’oro di Pompei .
Un posto d’onore nello spazio espositivo della Basilica lo ha meritato la commovente
Maddalena Addolorata del
Caravaggio, opera schedata da
Pier Luigi Carofano e
Mina Gregori, che hanno ricordato come sia stato
Francesco Petrucci il primo studioso ad attribuirla e pubblicarla su
Paragone nel 2004, parere accolto da altri storici dell’arte del calibro di
Denis Mahon e
Claudio Strinati, che unanimemente ritengono il dipinto uno studio preparatorio della
Morte della Vergine, la grande pala di
Michelangelo Merisi esposta al
Louvre.
Per finire non si può non citare, per la sua eccezionalità, un capolavoro di
De Pisis del 1949
Interno con vaso di Fiori, dov’è raffigurato un quadro di
De Chirico del 1935, intitolato
Paesaggio di Napoli, il cui originale è esposto accanto al grande quadro di
De Pisis, un geniale esempio di “quadro nel quadro”.
Vittorio Sgarbi, insomma, si conferma un vulcano non solo a parole ma nei fatti, dimostrando di essere un autentico difensore e propagandatore della bellezza italiana, realizzando ogni anno in ogni parte del nostro bel Paese mostre non focalizzate su un tema unico, che spesso può apparire scontato e noioso, ma sempre con una ricchezza di argomenti, accompagnati, come in questo caso, da novità che riguardano sia le arti scultoree che quelle pittoriche e che attraversano secoli e secoli di storia.
di
Fabiano FORTI BERNINI Roma 8 / 2 / 2017