La giovane Galleria Nazionale della Puglia di Bitonto si fa carico di un’interessante esposizione che rientra nella nobile categoria delle mostre “di studio” (che non significa poco gratificanti per il visitatore), impegnate nell’indagine della produzione artistica che caratterizza il proprio territorio, nella fattispecie secondo un criterio al contempo cronologico e tematico.
Si tratta di un genere di mostra che opportunamente non vuole esaurirsi nella durata dell’evento, ma che ha alle spalle tempi giusti di preparazione e si prefigge di costituire una solida base di conoscenza proficuamente utilizzabile anche nelle ricerche successive.
In particolare, l’esposizione muove dalla constatazione del posto tutt’altro che marginale occupato dai dipinti del Cinquecento veneziano all’interno del patrimonio pittorico della Puglia: un fenomeno legato al ruolo strategico, politico e culturale svolto dal mare Adriatico, e all’azione egemonica della Serenissima lungo tutta l’area che vi si affacciava, al quale sin qui gli studi non hanno forse guardato con adeguata attenzione e che la mostra di Bitonto, e soprattutto il suo catalogo, s’incaricano di esplorare capillarmente.
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Come indica il titolo, l’altro tema fondamentale che sostiene l’impresa è costituito dai rapporti tra gli Acquaviva d’Aragona e Venezia. Con la sconfitta dei francesi durante la guerra di Napoli nel 1528, infatti, gli esponenti del ramo principale della famiglia furono banditi dal Regno e andarono in esilio in Francia, dove si ritagliarono un ruolo alla corte di Francesco I e di Enrico II. Nel corso del loro esilio gli Acquaviva intrattennero importanti relazioni diplomatiche con Venezia che permisero a Gian Francesco II Acquaviva di commissionare il ritratto del padre Giulio Antonio II a Paris Bordon (Cat.2) e, tramite l’Aretino, il proprio ritratto a Tiziano (oggi conservato presso la Gemäldegalerie di Kassel).
LA MOSTRA
Il percorso espositivo si compone di 28 dipinti e due disegni, in buona parte conservati in collezioni private e inediti. L’esposizione di Bitonto favorirà senz'altro la riscoperta di tutte le opere veneziane in Puglia, che vengono integralmente documentate dal bel catalogo sebbene si sia scelto ragionevolmente di lasciare la gran parte di esse nelle loro attuali sedi ecclesiastiche (quasi sempre quelle originarie) o museali, delineando dunque idealmente un tour artistico non meno prodigo di soddisfazioni che di sorprese.
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Tra le presenze in mostra spiccano in particolare due importanti opere di destinazione pubblica come la pala del Pordenone raffigurante
San Francesco d’Assisi con angeli e due donatori (cat. 13), proveniente dalla chiesa di San Francesco in Gallipoli, e la
Natività di Savoldo dalla chiesa di Santa Maria la Nova di Terlizzi (cat. 14), nonché la tavola recentemente riscoperta, raffigurante l’
Ecce Homo (cat. 8), nella quale molti studiosi convengono di riconoscere la cimasa della pala d’altare realizzata da Lorenzo Lotto nel 1542 per la Chiesa di San Felice a Giovinazzo (di cui oggi si conserva la sola tavola centrale, raffigurante
San Felice in cattedra, nella chiesa locale di San Domenico): dipinto in effetti impressionante nella sua serrata concentrazione compositiva e nella sua trasfigurata memoria düreriana.
In mostra sono esposti complessivamente dipinti riferiti a Paris Bordon, Domenico Brusasorci, Giovanni Cariani, Leonardo Corona (attr.), Michele Damasceno, Paolo Farinati, Lorenzo Lotto, Damiano Mazza, Palma il Giovane, il Pordenone, Giovanni Gerolamo Savoldo, Andrea Schiavone, Sebastiano del Piombo, David Teniers II (una copia da un originale perduto di Jacopo Bassano), Tiziano Vecellio, Jacopo Tintoretto, Antonio Vassillacchi detto l’Aliense, Maffeo da Verona e Giovanni Battista Zelotti. Fra questi meritano di essere qui segnalati, tralasciando i ben noti dipinti d’altare di Pordenone e Savoldo già menzionati, il Nettuno e Anfitrite, significativa aggiunta alla produzione mitologica tarda di Paris Bordon (cat. 1) e il notevole Ritratto di Giulio II Acquaviva d’Aragone (cat. 2), pure riferito a Bordon, pezzo cardinale per la mostra, che permette tra l’altro, grazie alla lunga iscrizione presente sulla tela, di rivedere gli estremi biografici dell’effigiato; e ancora l’Ecce Homo dello Schiavone (cat. 16), il Ritratto di condottiero di Domenico Brusasorci (cat. 3) e le Nozze di Cana di Palma il Giovane (cat. 11).

Ma la mostra s’impone all’attenzione anche per una serie di proposte attributive particolarmente impegnative e problematiche, legate a opere inedite comunque di notevole interesse. Giudicando solo attraverso le pur ottime immagini del catalogo mi asterrò dall’esprimere pareri risoluti riguardo a queste ultime, limitandomi a comunicare impressioni certo bisognose dei benefici d’inventario.
Pienamente da accogliere, innanzitutto, appare il riferimento a Jacopo Tintoretto per l’ovale raffigurante un Ritratto di uomo con barba (cat. 25); molto stimolanti e adeguatamente orientate, ma meritevoli di ulteriori riflessioni e approfondimenti, si direbbero le attribuzioni a Lorenzo Lotto del bel Ritratto virile cat. n. 9, a Savoldo del delicato Ritratto di fanciulla in veste di S. Agnese (cat. 15), a Tiziano sic et simpliciter della Salomè con la testa di Battista (cat. 22) e delle due pur notevoli piccole teste di un Angelo e di Tobia, a olio su carta, forse preparatorie per la pala della chiesa veneziana di San Marziale (cat. 20). Stilisticamente centrato appare, ancora, il riferimento alla mano di Sebastiano del Piombo per il bell’olio su carta (cat. 17) che riproduce in termini letterali, seppur ovviamente in scala, le teste e una porzione del busto delle due protagoniste della Visitazione eseguita da Sebastiano per il cardinale Marco Cornaro, da questi donata al sovrano di Francia Francesco I e oggi al Louvre. Di esso, peraltro, si fa un po’ fatica a focalizzare limpidamente natura e destinazione funzionale, non riuscendo il dipintino a mio avviso del tutto centrato - così finito e così singolarmente ritagliato rispetto alla composizione finale - né come materiale preparatorio, né come ricordo.


Perplessità maggiori si fanno strada in chi scrive riguardo alle attribuzioni proposte in catalogo per altri due dipinti: il
Cristo portacroce, pure assegnato a Sebastiano del Piombo (cat. 18), e il “ricordo” della pala celeberrima raffigurante il
Martirio di San Pietro da Verona dipinta da Tiziano per la chiesa veneziana dei SS. Giovanni e Paolo, per il quale si propone un coraggioso riferimento allo stesso Tiziano (o eventualmente alla bottega) ma che si direbbe opera più tarda. Infine, risolverei decisamente in favore della “copia da Tiziano” - direi d’accordo con Donati, autore della scheda di catalogo - il dubbio circa il più opportuno riferimento del
Ritratto di gentiluomo (cat. 23), chiara derivazione antica e di bella qualità della versione indiscutibilmente autografa conservata presso l’Alte Pinakothek di Monaco.
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IL CATALOGO
La prima sezione del volume si compone di sei saggi, impegnati a delineare una panoramica esaustiva sulla presenza della pittura veneziana del Rinascimento in Puglia tra la metà del XV e l’inizio del XVII secolo, dai polittici di Antonio Vivarini e del fratello minore Bartolomeo sino alle tele d’altare di Leandro Bassano, Palma il Giovane e Domenico Tintoretto.
Il saggio di apertura, di Nuccia Barbone Pugliese, s’incarica di introdurre accuratamente e con dovizia di riferimenti documentari il nodo centrale dei rapporti artistici fra Venezia e la Puglia, procedendo a un prezioso censimento dei dipinti veneziani che si conservano in sedi pubbliche pugliesi, tutti meritoriamente illustrati a colori a piena pagina, e approfondendo le circostanze di committenza e le vicende materiali relative a molti di essi. L’atlante che segue e fa da complemento al saggio conta ben 53 pezzi, sebbene, proprio volendo guardare il pelo nell’uovo, si potrebbe eccepire sull’inclusione, pur preziosa per il lettore, di due importanti opere di Bartolomeo Vivarini eseguite per chiese pugliesi ma conservate fuori dalla Puglia (la Madonna con Bambino in trono con 8 santi e angeli, oggi nelle Gallerie di Capodimonte a Napoli proveniente dal Convento di Ognissanti a Bari, tav. XLVII, e il grande polittico su due registri oggi nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia proveniente da Conversano, tav. L) che determina una lieve increspatura nel progetto filologico pienamente coerente della studiosa, che a quel punto si sarebbe dovuto aprire idealmente a tutti i dipinti realizzati su committenza pugliese e nel tempo fuoriusciti e confluiti altrove (presumendo che altri ce ne siano): ma, va da sé, si tratta di inezie a fronte degli importanti approfondimenti riservati, tra gli altri, alle opere dei Vivarini, al San Pietro martire di Giovanni Bellini del Museo Diocesano di Monopoli, alla Madonna con Bambino in trono e santi del Pordenone nella chiesa di Santa Maria la Nova a Terlizzi.
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Tra i dipinti più interessanti che sfilano davanti agli occhi sfogliando la sequenza delle tavole, al di là di quelli degli autori più importanti e meglio noti in letteratura (Vivarini, Bellini, Savoldo, Pordenone, Tintoretto, Veronese), meritano una speciale menzione il
San Giovanni Battista in gloria con santi e donatori di Leandro Bassano (Monopoli, S. Francesco d’Assisi), il
San Gerolamo nella studio di Lazzaro Bastiani (Monopoli, Museo Diocesano), l’iper-tintorettesca
Ultima Cena di Felice Brusasorzi (Lucera, Cattedrale), l’
Invenzione della Croce di Carletto Caliari (Bari, Santa Croce), l’energico
Cristo deposto attribuito a Leonardo Corona (Bitonto, Museo Diocesano), l’
Annunciazione di Palma il Giovane (Molfetta, Santa Maria dei Martiri, riscoperta nel corso delle ricognizioni in preparazione della mostra). A fronte di un lavoro così utile ci si può solo lievemente dolere che le didascalie di accompagnamento delle tavole non includano anche le indicazioni relative a tecnica, supporto, misure e agli eventuali movimenti delle opere, e magari una pur minimale bibliografia (in particolare per i dipinti che non vengono discussi dalla studiosa nel saggio).

Il secondo contributo del catalogo, di Andrea Donati, ricostruisce puntigliosamente l’altro elemento portante della mostra: la vicenda della famiglia Acquaviva d’Aragona, nonché degli esuli banditi dal Regno di Napoli dopo il 1528 e rifugiati a Venezia e in Francia. Il saggio successivo, dello stesso Donati, si concentra sul
Ritratto di Giulio Antonio II Acquaviva d’Aragona, qui attribuito senza esitazioni a Paris Bordon (coll. privata, cat. 2), e su quello di
Gian Francesco Acquaviva, eseguito da Tiziano (Kassel, Gemäldegalerie Alte Meister), discutendo tutti gli aspetti storico-filologici che riguardano i dipinti e fornendo abbondanti riferimenti alla ritrattistica dei due maestri. Nel quarto saggio Donati mette a fuoco un gruppo di opere particolarmente importanti eseguito per l’area barese nella prima metà del XVI secolo da Pordenone (pale di Terlizzi e Gallipoli, cat.13), Savoldo (
Natività, ancora per Terlizzi, cat. 14), Lotto (
Polittico di Giovinazzo, di cui l'
Ecce Homo, cat. 8, costituisce la probabile cimasa), Bernardino e Giulio Licinio (
Adorazione dei Magi a Manfredonia, co-firmata da zio e nipote) e infine Paris Bordon (Pala Tanzi, oggi nella Pinacoteca Provinciale di Bari). Il quinto contributo, a firma di Lionello Puppi, affronta la questione, rara, problematica e decisamente trascurata, legata alla produzione di “schizzi, abbozzi e ricordi” (per dirla con Pignatti citato da Puppi) nell’
atelier di Tiziano.
Infine l’ultimo saggio, nuovamente di Donati, è incentrato sull’inedita Salomè con la testa del Battista presentata in mostra come opera di Tiziano (cat. 22), identica anche per misure alla versione conservata al Prado, che offre lo spunto allo studioso per ripercorrere l’intera serie iconografica, allargando lo sguardo anche a opere che presentino caratteri di stretta affinità con quella (in primis, la serie delle Giuditte con la testa di Oloferne). Con l’occasione lo studioso sviluppa una riflessione generale sul tema degli “originali”, delle “repliche” e delle “copie” nelle articolate prassi ideative ed esecutive praticate da Tiziano e della sua bottega, secondo un’originale impostazione tassonomico-morfologica che (vagamente alla Kubler) incrocia i dati iconografici, cronologici e stilistici, cercando di ricavare all’interno dell’ampia famiglia tipologica prescelta uno sviluppo logico e consequenziale.

La seconda sezione del libro presenta naturalmente la schedatura, particolarmente accurata, dei dipinti esposti in mostra, ottimamente illustrati a colori. Il volume viene così a rappresentare un contributo alla conoscenza e alla riflessione sul tema dei rapporti tra Venezia e l’area pugliese dal quale in futuro sarà impossibile prescindere.
Luca Bortolotti, 06/03/2013
Tiziano, Bordon e gli Acquaviva d’Aragona. Pittori veneziana in Puglia e fuoriusciti napoletani in Francia
catalogo della mostra, a cura di N. Barbone Pugliese, A. Donati, L. Puppi
Claudio Grenzi Editore, Foggia 2012
pp. 352, ca. 370 ill. a col. e b/n
15 dicembre 2012 – 08 aprile 2013
Galleria Nazionale della Puglia "Girolamo e Rosaria Devanna"
Palazzo Sylos Calò
Via Giandonato Rogadeo, 14
70032 Bitonto (BA)
Informazioni e prenotazioni
Tel. 080/099708
gallerianazionaledellapuglia@beniculturali.it
www.gallerianazionalepuglia.beniculturali.it
Orari:
9.00 – 20.00 lunedì, martedì e da giovedì fino a
domenica. Chiuso mercoledì
Ingresso gratuito