Oggi, a distanza di circa centoventi anni dall’ultima apparizione, è ricomparso il busto di papa Paolo V Borghese
(Roma, 17 settembre 1552 – 28 gennaio 1621) scolpito da Giovan Lorenzo Bernini (Napoli 1598 – Roma 1680) nel 1621, disperso a seguito di un’asta di opere d’arte della collezione Borghese, tenuta a Roma nel 1893.
Il ritratto è riemerso in una collezione privata a Bratislava (Slovacchia) ed è stato ritrovato e riconosciuto nella sua autografia nel 2014 da Francesco Pertrucci, Conservatore di Palazzo Chigi in Ariccia e direttore del Museo del Barocco Romano. Un articolo approfondito sull’opera è in corso di pubblicazione sulla rivista scientifica “Paragone”, da parte dello stesso Petrucci.
Recentemente il busto è stato acquistato da The J. P. Getty Museum di Los Angeles. Si tratta della più importante opera del Bernini presente in America e del più significativo ritrovamento
sull’artista degli ultimi 50 anni
Un inquadramento storico
Quando nel 1606 Pietro Bernini tornò a Roma da Napoli dove aveva operato nei cantieri della Certosa di San Martino, suo figlio Gian Lorenzo aveva appena compiuto 8 anni, essendo nato appunto nella città partenopea nel 1598. Il ritorno della famiglia nella ‘città eterna’ significava per Pietro l’opportunità di prendere parte ai lavori appena avviati dal pontefice Paolo V a Santa Maria Maggiore, ma corrispondeva anche alla sua volontà di poter in ogni modo mostrare a chi contava quale fosse già in fieri l’ingegno del figlio.
Proprio nel 1606 erano iniziati, sotto la direzione dell’architetto Flaminio Ponzio, i lavori per la Villa del cardinale Scipione Borghese, nipote del papa Paolo V, concepita sia come luogo di svago che come sede di rappresentanza. Fu quella in effetti l’occasione, dopo la morte del Ponzio, per entrare in stretti rapporti con il cardinale ed ottenerne la protezione, dal momento che il prelato ebbe immediatamente ad individuare il precocissimo talento del giovane Bernini. Un noto aneddoto, probabilmente collegato alla realizzazione di quello che appare il più antico lavoro di Gian Lorenzo, datato dai più al 1615, cioè la “Capra Amaltea tra Giove fanciullo e un faunetto”, ne è testimonianza :
”Mastro Pietro, attento –avrebbe detto Scipione in visita allo studio dei Bernini- questo ragazzo vi
sorpasserà e diventerà più abile del maestro!”. Al che questi avrebbe replicato “Vostra Eminenza, in questa gara se perdo vinco!”
Appena due anni dopo, nel 1617, giusto in onore del pontefice di casa Borghese, Gian Lorenzo scolpì un piccolo busto di Paolo V, considerato in effetti la sua prima opera ufficiale, che il pontefice apprezzò particolarmente, al punto di tenerlo sempre nel suo studio.
Ma certamente Gian Lorenzo scolpì per il papa un ritratto in marmo assai più importante, dal momento che ricevette numerosi pagamenti –testimoniati dalle carte dell’Archivio Borghese- per l’opera, realizzata nel 1621, mentre terminava il capolavoro di “Plutone che rapisce Proserpina”.
Ma perché oggi questo ritratto di Paolo V non compare, insieme al Plutone e Proserpina e agli altri capolavori realizzati dal grande scultore, tra le meraviglie della Galleria Borghese? Che fine ha fatto dunque quel busto di marmo ? In realtà, esso fu venduto dalla famiglia Borghese trovatasi improvvisamente ai limiti del dissesto, dopo alcune mal riuscite operazioni finanziarie, insieme ad altri beni mobili ed immobili, e dalla
fine dell’Ottocento se ne erano perdute le tracce.
Il rinvenimento dell’opera.
In un articolo che comparirà prossimamente su Paragone, Francesco Petrucci dà conto di come abbia effettuato per primo, lo scorso 9 ottobre 2014, il riconoscimento dell’opera, allora custodita presso una collezione privata dell’est europeo, precisamente a Bratislava, proveniente da un’asta locale. Petrucci, che si conosce come uno dei massimi esperti e studiosi dell’opera di Gian Lorenzo Bernini (cui ha dedicato numerose pubblicazioni ed esposizioni) oltre che di altre grandi personalità del barocco romano e non solo, ricostruisce –sulla base delle fonti a disposizione e dei sondaggi effettuati negli archivi- l’assoluta coincidenza del ritratto da lui riconosciuto, con quello descritto nei testi dell’epoca e commissionato a Gian Lorenzo Bernini.
Come riportano alcune fonti (Baldinucci) proprio il papa potrebbe aver commissionato il suo ritratto all’artista: ”La Santità di Paolo V volle di mano di lui il proprio ritratto”, ed è possibile che già nel 1620 Gian Lorenzo possa averci messo mano, dal momento che secondo altre fonti più attendibili (il figlio di Bernini, Pier Filippo) ad affidare l’incarico allo scultore fu invece proprio il cardinal Nepote Scipione Borghese, alla squisita sensibilità artistica del quale è dovuto l’avvio della straordinaria raccolta di capolavori della Galleria romana.
Come spesso capita (la storia dell’arte è piena di aneddoti di questo tipo) il capolavoro beniniano giaceva nello scantinato di una anonima palazzina alla periferia della città slovacca; e tuttavia però non èstato difficile evidentemente per l’occhio dell’esperto individuarvi una tale forza espressiva che unita alla straordinaria qualità ne faceva reclamare a viva voce l’autografia berniniana.
Lasciamo ovviamente l’approfondimento dell’appassionante vicenda ai lettori che certamente saranno interessati dal saggio che sta per comparire su Paragone; va solo rimarcato il fatto che Francesco Petrucci ha saputo coniugare da par suo l’analisi stilistica e la ricostruzione filologica, ricomponendo l’iter creativo e il contesto operativo entro cui la scultura si pone, rispondendo appieno alle caratteristiche di verità e scientificità che il mondo degli esperti e degli appassionati richiede in circostanze che, come questa, riguardano il riconoscimento di opere di protagonisti di levatura straordinaria, com’è nel caso di Gian Lorenzo
Bernini.
Francesco Petrucci è conservatore del Museo del Barocco Romano di Palazzo Chigi in Ariccia.
E' tra i massimi specialisti dell'arte barocca; autore di importanti pubblicazioni monografiche su Giovanni Battista Gaulli, il Baciccio, Giovanni Battista Beinaschi (in collaborazione col compianto Vincenzo Pacelli) e Pier Francesco Mola; ha ideato e realizzato numerose mostre a carattere scientifico e divulgativo.