Il
Codice Purpureo di Rossano, meglio noto come
Codex Purpureus Rossanensis, torna a risplendere dopo un accurato lavoro di restauro durato ben tre anni, durante i quali il volume è stato analizzato e studiato nei minimi particolari dagli specialisti dell
’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma.
Risalente al periodo
compreso tra il V e il VI secolo d.C., esso è considerato uno dei più antichi libri illustrati al mondo; un
Evangelario greco miniato composto in
Medio Oriente e precisamente ad
Antiochia, sull’ Oronte.
Portato in
Calabria molto probabilmente da alcuni monaci in fuga, durante le guerre tra arabi e bizantini, o ancora secondo un’altra ipotesi donato alla cattedrale di
Rossano in provincia di Cosenza da un nobile bizantino, questo capolavoro rimase nascosto per secoli nel tesoro della
Cattedrale, venendo poi riscoperto da due studiosi tedeschi
Oskar von Gebbardt e
Adolf Harnach nel 1879.
Composto da
188 fogli (pari a
376 facciate) in
pergamena color rosso-
purpureo, il codice è illustrato da
quindici tavole miniate che riproducono avvenimenti riguardanti la
vita di Gesù Cristo, con scritti del
Nuovo Testamento (quattro “Vangeli”, “gli Atti”e le “Epistole”).
La scrittura, senza accenti e senza alcun distacco tra le parole, non presenta altro segno d'interpunzione tranne il punto ortografico (“
punctum”) che segna la fine dei periodi. Il testo scritto nei cosiddetti “caratteri onciali”,ossia in lettere maiuscole greche o maiuscole bibliche , è distribuito su due colonne di 20 righe ciascuna, di cui le prime tre linee in oro e il resto in argento, con l'inizio dei paragrafi che viene indicato da iniziali più grandi.

Le 15 tavole miniate, occupano altrettanti fogli, distinti da quelli contenenti il testo, e riproducono, in continuità visiva, il ciclo pittorico o musivo di una chiesa di quell’epoca, dedicato alla vita e all’insegnamento di Gesù: un’autentica unicità rispetto ad altri codici miniati.

Il lavoro di restauro ha portato al recupero dell’antico splendore di questo codice che presenta adesso colori brillanti e una nuova e più stabile rilegatura che preserverà maggiormente l’incolumità dei fragili

fogli di pergamena.
Il Codex, salvato da rapine e varie distruzioni, è posseduto dalla
Cattedrale e dall’
Arcivescovado dell’antica e prestigiosa città bizantina ed
è custodito dal
18 ottobre 1952, presso
il Museo Diocesano di Arte Sacra di Rossano.
Inserito da circa un anno nel registro
Unesco della memoria del mondo, il manoscritto torna adesso finalmente a casa, nelle sale del Museo Diocesano, che completamente rinnovate per l’occasione, presentano un allestimento multimediale ed un’apposita teca climatizzata che permetterà di monitorare costantemente il bene.
Una notizia importante non soltanto per la Calabria, terra ancora da scoprire e approfondire per la presenza di importanti beni artistici, archeologici e culturali, ma in particolar modo per la storia della miniatura medievale, ambito ancora fortemente ignorato dai più, che dovrebbe essere maggiormente studiata e mai dimenticata soprattutto alla luce di un mondo che sta ormai abbandonando la scrittura a penna per una più fredda e sterile scrittura virtuale, destinata a scomparire.
Francesca Callipari 17 / 6 / 2016