All’ormai imminente mostra delle Scuderie del Quirinale dedicata a Tiziano Vecellio è annunciata una cospicua batteria di capolavori appartenenti alle varie fasi della sua lunghissima e metamorfica attività: tra questi si segnalano il Concerto e la Bella di Palazzo Pitti, la Flora degli Uffizi, la Pala Gozzi e la Crocifissione entrambe conservate ad Ancona, la Danae di Capodimonte, il Carlo V con il cane e l'Autoritratto del Prado, il Crocifisso dell'Escorial e lo Scorticamento di Marsia di Kromeriz.
Opere straordinarie, certamente, sebbene la più parte di esse non costituisca propriamente una primizia, trattandosi di dipinti esposti a più riprese nelle innumerevoli mostre dedicate a Tiziano, o all’età di Tiziano, o all’arte veneta del Cinquecento, che si sono succedute in ogni dove con cadenza regolare negli ultimi 30 anni.
Stando a quanto annunciato dall’organizzazione, la mostra dovrebbe offrire la possibilità di ripercorrere i tratti salienti della biografia artistica del maestro cadorino: dagli esordi veneziani presso la botteghe di Giovanni Bellini alle grandi tele per i dogi, dai prestigiosi impegni per gli Este, i Della Rovere, i Gonzaga, il re Francesco I, fino alle grandi e innumerevoli opere eseguite per la committenza asburgica dell’imperatore Carlo V, prima, e di suo figlio Filippo II, poi. L'intera carriera di Tiziano dovrebbe trovare così adeguata rappresentazione, consentendo al visitatore di penetrare la sottile e complessa logica compositiva del pittore, di familiarizzare con le sue infinite virtù artistiche e di cogliere i molteplici elementi innovativi disseminati lungo l’intero arco della sua parabola creativa.
Secondo la dichiarazione d’intenti esplicitata nella presentazione della mostra, che ognuno può leggere sul sito delle Scuderie, essa sarebbe stata ideata “per far comprendere al grande pubblico l'eccezionalità di Tiziano”: obiettivo tanto ragionevole quanto auto-evidente e perfino, lo diciamo sommessamente, francamente pleonastico (sebbene non per questo immeritevole di essere perseguito per la gioia di qualsiasi amante e studioso della pittura del Cinquecento).
Le “grandi mostre” sui “grandi maestri”, del resto, sono un genere a se stante che è sempre esistito e che in fondo non richiede particolari giustificazioni: si fanno perché si devono fare, verrebbe da chiosare. Interessano gli sponsor, i media, il pubblico, fanno girare tanti soldi e danno lavoro a tanta gente.
E’ chiaro che l’ennesima esposizione monografica su Tiziano può fondarsi su poche motivazioni oltre questa. Non credo che ci siano novità “sconvolgenti” sotto qualche profilo (biografia, corpus, tecnica, committenza, interpretazione dei dipinti etc.) da presentare. Dopo Caravaggio e Leonardo si tratta certo del grande maestro antico della pittura italiana più studiato, amato, esposto, visitato, la cui bibliografia, per intero, occupa non uno scaffale di libreria ma una biblioteca. I pochi punti oscuri che ancora lo concernono (l’effettiva data di nascita, la formazione e la primissima attività) credo che siano, forse per sempre, destinati a restare nel loro cono d’ombra (salvo libera proliferazione di ipotesi e congetture), senza che, peraltro, si abbia la sensazione che ciò noccia più di tanto alla piena comprensione della sua opera e del suo genio.
Non ci sono (per fortuna) obbligazioni centenarie da assolvere. E, nonostante una contenuta sbandata michelangiolesca, non priva di conseguenze, nei mesi trascorsi ospite di casa Farnese, non è stata certo Roma la città che più ha contribuito alla definizione del suo (o dei suoi) stile/i, né una di quelle che, nonostante Amor sacro e profano e Venere che benda amore della Borghese, Salomè Doria e Battesimo di Cristo dei Capitolini, custodisca più copiosamente suoi capolavori.
Voglio dire che una “grande mostra” su tutto Tiziano difficilmente potrà darsi obiettivi critici particolarmente ambiziosi, o particolarmente sottili: anche perché può permettersi di farne a meno, essendo sufficiente, in fin dei conti, quello eminentemente "presentativo".
Ergo, si fa la grande mostra di Tiziano per creare un bellissimo, piacevolissimo, richiestissimo, prestigiosissimo (ogni superlativo in casi come questo può essere speso senza ambasce) evento, di cui nessuno sente veramente il bisogno, ma a cui nessuno vorrà mancare e di cui nessuno (presumibilmente) potrà veramente lamentarsi o dirsi insoddisfatto in quanto “fruitore di arte”.
Ma, per favore: da cinque secoli a questa parte l’eccezionalità di Tiziano è risultata sempre palese presso ogni pubblico, grande o piccolo, appassionato o specialista, semplice o inclita. Mi permetto di dubitare che, nel 2013, possa essere la centesima mostra a lui dedicata a darcene infine adeguato conto.
Luca Bortolotti