Il progetto “
Vedova Plurimo”, curato da
Germano Celant e con gli allestimenti di
Daniela Ferretti, interessa il Museo Correr e quelli di Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano e Ca’ Pesaro (Galleria Internazionale d’Arte Moderna). In particolare, nella
Sala delle Quattro Porte del
Museo Correr sono esposti il
Disco “Chi brucia un libro brucia un uomo”, che rammenta l’incendio della Biblioteca di Sarajevo durante il conflitto balcanico, e
Oltre ’86. A
Ca’ Rezzonico, invece, è istituita un’interazione tra gli affreschi di
Giandomenico Tiepolo provenienti da
Villa Zianigo e alcuni
Frammenti di Emilio Vedova, uno dei quali dedicato all’artista settecentesco. Il pittore del Fronte Nuovo delle Arti è presente inoltre nelle sale di
Ca’ Pesaro, dove trovano albergo
Plurimo 1964 (donato al museo dall’autore nel 1967) e
Omaggio a Dada Berlino 1964/1965.
Operazioni come quelle allestite nei musei veneziani sono affascinanti quanto rischiose. Nei casi migliori, infatti, riescono a creare le condizioni per riverberi sorprendenti, facendo entrare davvero in risonanza opere e ambienti lontanissimi e insospettabilmente conciliabili. Nei peggiori, invece, le nozze non si consumano e l’esito rimane fastidiosamente dissonante. Ad ogni modo – sia detto per inciso – sarebbe sempre opportuno dichiarare che tipo di effetto si intenda ottenere e in base a quali presupposti, così che lo spettatore possa misurare la riuscita dell’iniziativa, oltrepassando la cortina di variazioni sul tema del dialogo che convenzionalmente accompagnano progetti consimili (le opere – a leggere saggi, articoli, comunicati stampa – invariabilmente “dialogano”, “colloquiano”, talvolta “entrano in dialettica”, talaltra danzano insieme persino “a passo di tango”, senza che si capisca con precisione
come avvengano le relazioni miracolose né
dove le si possa rilevare).
Il punto cruciale, insomma, è argomentare esplicitamente le scelte. Se opportunamente giustificata, in effetti, può risultare legittima persino la vecchia e indigesta
posizione formalista (che molti ancora assumono, non di rado
sans le savoir), secondo la quale certe associazioni sono giustificate dal possesso comune della
forma significante, qualunque sia il senso attribuito alla misteriosa formula coniata a Bloomsbury giusto un secolo fa. Del resto, come diceva
Clive Bell (
Art, London 1914, p. 37):“to those who have and hold a sense of the significance of form what does it matter whether the forms that move them were created in Paris the day before yesterday or in Babylon fifty centuries ago?”. Divagazioni a parte e lasciando ai visitatori il gusto di scoprire se l’alchimia veneziana produca o meno la pietra filosofale, va detto che il progetto trova sicuro fondamento se non altro nel rapporto che Emilio Vedova certamente coltivò con gli ambienti museali di cui oggi è ospite.
Relazioni un po’ meno pericolose, almeno in linea di principio, sono quelle allestite presso la
Scuola Grande di San Rocco: gli ambienti dell’antica confraternita ospitano diverse opere che rappresentano, in modi assai differenti, le tappe della
riflessione di Vedova sulla pittura di Tintoretto, di cui, com’è noto, a San Rocco sono custoditi alcuni tra i capolavori sommi. Del maestro contemporaneo sono esposti, a confronto con le cinquecentesche
Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, un nucleo di
studi giovanili sui teleri biblici del Robusti nonché alcuni grandi lavori realizzati negli anni Ottanta (dal ciclo
Oltre).
I primi, in particolare, offrono spunti di notevole interesse, perché consentono di esaminare (direttamente) i
modi in cui un artista d’avanguardia ragiona “da pittore” sull’opera di un collega del passato. Gli studi su San Rocco costituiscono, infatti, delle vere e proprie
variazioni su Tintoretto, nel senso definito magistralmente da
Nelson Goodman (
Variazioni sulla variazione: a ritroso da Picasso a Bach [1987], in
Ripensamenti. In filosofia, altre arti e scienze, Milano 2011, pp. 72-89). Appartengono a quella speciale forma di
esercizio metapittorico di cui è celebre il caso, per rimanere al Novecento, de
Las Meninas di
Velasquez interpretate da
Picasso. Si tratta dunque di finestre aperte sul laboratorio mentale di Vedova, interessato a far emergere in tutta la sua forza espressiva la
peculiare stesura del colore di Jacopo Robusti che, agli occhi di un Modernista, può apparire piuttosto facilmente un precursore delle ricerche sull’essenza del
medium pittorico e sulla pennellata nervosa e perfino “gestuale”.
Le meditazioni figurative di Vedova, insomma, prospettano dei saggi critici a tutti gli effetti sullo stile tintorettiano, dotati per giunta di un’arguta capacità di analisi. Ed è a partire da quelle prove che si comprende, semmai, il nesso tra il segno delle tele astratte e la maniera di Tintoretto, che altrimenti rischia di rimanere generico, più dichiarato che apprezzabile.
La mostra di San Rocco, comunque, contribuisce a gettar luce su certi
meccanismi dell’interpretazione pittorica, nella particolare declinazione che in termini tecnici si qualifica come “intrasemiotica” (si veda in proposito U. Eco,
Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano 2003, pp. 237-239), permettendo al visitatore di esplorare un fenomeno assolutamente centrale nelle pratiche artistiche.
Francesco Sorce, 2/7/2013
"Vedova Plurimo"
18 maggio – 13 ottobre 2013
Museo Correr
Piazza San Marco, Venezia, Salone delle Quattro Porte
Orari: 10.00 – 19.00 (biglietteria 10.00 – 18.00)
Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano
Dorsoduro 3136, Venezia
Orario: 10/18 (biglietteria 10/17). Chiuso martedì
Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Santa Croce, 2076, Venezia
Orari: dalle 10.00 alle 18.00 (biglietteria 10.00–17.00). Chiuso lunedì
Vedova Tintoretto
24 maggio - 3 novembre 2013
Scuola Grande di San Rocco
San Polo, 3052, Venezia
Orari: tutti i giorni 9.30 – 17.30 (la biglietteria chiude alle 17)
Didascalie immagini
1. Emilio Vedova, Omaggio a Dada/Berlin, 1964-65, Courtesy Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia
2. Emilio Vedova, Chi brucia un libro brucia un uomo, 1993, Courtesy Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia
3. Emilio Vedova, Studio su La strage degli innocenti di Tintoretto, tempera su carta, 1941-1942, Courtesy Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
4. Jacopo Robusti detto Tintoretto, Strage degli Innocenti, Venezia, Scuola Grande di San Rocco, 1582-1587