Giovanni Cardone Settembre 2022
Fino al 7 Ottobre 2022 si potrà ammirare presso la Galleria WeSpace di Willy Santangelo la mostra di Amedeo Gabucci in Io Deò . Metamorfosiquantica Testo Critico di Giovanni Cardone. La Galleria WeSpace da anni opera sul territorio campano e nazionale si occupa principalmente di esposizioni d’arte e di poesia. Come afferma Giovanni Cardone: Negli ultimi anni l’esperienza estetica si è contraddistinta per alcuni aspetti che è possibile ritrovare nel multiforme panorama dell’Arte concettuale, movimento nato intorno alla metà degli anni Sessanta del Novecento con l'intenzione di spostare l’attenzione artistica dalla dimensione sensibile ed emotiva al piano concettuale. Nel fare ciò l’artista assunse un atteggiamento di tipo analitico, spostando in questo modo i procedimenti del fare artistico dal piano espressivo o rappresentativo, a quello riflessivo di ordine metalinguistico.

Attraverso questo spostamento, l’artista fu chiamato ad impegnarsi nella costruzione di un discorso sull’arte a partire proprio dal momento stesso in cui iniziava la sua produzione artistica. In aggiunta, l’investigazione concettuale, nello specifico, si servì del linguaggio come strumento indispensabile per risalire dal dato sensibile a quello astratto, dalla fisicità della cosa ai procedimenti mentali che sottendono ad essa, per arrivare a comprendere ciò che sta a monte della formazione dell’arte. All’insieme di questi meticolosi processi si interessò in particolar modo Joseph Kosuth, padre dell’Arte concettuale,che si rivela essere quindi, in questo orizzonte di ricerca, una figura emblematica per comprendere l’evoluzione di tali questioni . L’artista infatti elaborò nella sua poetica un abile intreccio atto non solo a svelare la natura dell’arte, come sottolineò fin dai suoi primi scritti, ma anche a penetrare nelle dinamiche che si celano nella società contemporanea,frutto delle relazioni di potere e mercato, figlie della società capitalista, impegnandosi inoltre nel ridefinire il ruolo dell’artista, non soltanto mero esecutore ma soggetto attivo nella ricerca del significato dell’arte. In aggiunta, Joseph Kosuth elaborò un forte dissenso nei confronti di tutta quella sfera di critici e intermediari dell’arte che professavano valori autentici, a favore di un’arte alta; nonostante ciò, tuttavia, le sue riflessioni presentano nella loro essenza molteplici contraddizioni che sottolineano ambigue aderenze proprio a quel sistema che lui stesso mise in discussione sin dall’inizio della sua carriera. Tali questioni presero voce quindi a partire dai suoi primi scritti, ed in particolar modo nella vivace critica che l’artista mosse contro il formalismo del critico statunitense Clement Greenberg. Nel 1969 Joseph Kosuth scrisse L’arte dopo la filosofia. Il significato dell’arte concettuale, testo fondamentale per comprendere il fare dell’artista fin dai suoi primi albori. All’interno dello scritto emergono alcune questioni molto importanti riguardanti la funzione specifica dell’arte, la sua vitalità e la conoscenza più precisa del termine “Arte concettuale”. Il concetto più importante che emerge da questo scritto e che accompagnerà Kosuth in tutto il suo percorso è l’idea che l’arte sia una tautologia linguistica: in questa prima fase della sua carriera l’opera d’arte quindi non fornisce informazioni di nessun tipo sull’esperienza concreta; essa è soltanto una presentazione dell’intenzione dell’artista, ovvero una proposizione linguistica presentata nel contesto dell’arte a commento sull’arte . Solo in questo modo infatti, secondo il padre del Concettualismo, l’arte si poteva allontanare da errate supposizioni filosofiche, prendendo pertanto le distanze dalla concezione di arte formalista che era stata elaborata dal critico Clement Greenberg per cui l’arte e l’estetica erano la stessa cosa. Infatti, l’arte e la critica formalista accettavano, secondo Kosuth, una definizione di arte fondata unicamente su basi morfologiche; in questo modo l’arte era semplicemente decorazione e puro esercizio estetico.

Agli esordi della sua carriera, infatti, l’artista concettuale considerò l’arte e l’estetica così come due categorie separate, poiché secondo il suo punto di vista l’estetica si occupava essenzialmente della percezione; quest’ultima pertanto, secondo Kosuth, rimaneva su un livello estraneo alla funzione o ragion d’essere dell’oggetto di cui invece l’arte si sarebbe dovuta occupare, ovvero l’arte stessa . Si può evincere come l’artista non riuscisse a vedere nell’estetica una via per conoscere la funzione dell’arte, a meno che, così come egli sottolineò in un passo successivo, la ricerca non seguisse le orme tracciate da Greenberg, ovvero qualora essa si fosse rivolta soltanto agli aspetti percettivi dell’arte, che Kosuth considerava meramente estrinseci. In quel caso però l’indagine sulla funzione e sulla definizione si sarebbe comunque basata soltanto ed esclusivamente sulla morfologia senza accedere a un significato più profondo. Alla luce di ciò, a parere dell’artista, la critica formalista promossa da Greenberg non era in grado di aggiungere una nuova conoscenza alla comprensione della natura o funzione dell’arte, poiché si distingueva esclusivamente per essere un’analisi accurata degli attributi fisici degli oggetti che casualmente venivano posti in un certo contesto morfologico. Su questa scia quindi l’arte si poteva definire tale solo in virtù della sua rassomiglianza alla forma e a opere d’arte più antiche appartenenti al passato. Quanto sostenuto dal padre del concettualismo giunge a noi in tutta la sua forza e influenza, e proprio per questo risulta necessario osservare con più precisione ciò che venne messo in luce nel testo. Infatti tali affermazioni acquistano pienamente senso solo se relazionate in maniera opportuna con quei punti focali attorno a cui l’artista fa ruotare l’evoluzione della sua riflessione, cioè la discussione sulla natura dell’arte e sul ruolo dell’artista. A questo riguardo, fin dai suoi primi scritti, Kosuth affermò che essere un artista significava mettere in discussione la natura dell’arte poiché solo attraverso ciò si poteva arrivare a comprendere la sua funzione. Gli artisti dovrebbero quindi adempiere a questo compito, sebbene i critici e gli artisti formalisti non fossero a suo modo di vedere assolutamente in grado di calarsi in questi aspetti cruciali per la ricerca artistica. Essi infatti a suo parere, sceglievano quali lavori si potevano considerare arte e quali invece no, soltanto attraverso la forza della loro autorità aderente al sistema. L’eredità del concettuale, la cui principale influenza si identifica nel permanere di un atteggiamento critico capace di rimettere in discussione le sue stesse premesse, ha continuato a dimostrarsi determinante anche dopo gli anni Ottanta. Può essere anche individuata in molte delle declinazioni attuali del video, della performance, dell’arte pubblica e relazionale. Con questa premessa storica posso affermare che Amedeo Gabucci artista di pensiero rientra in pieno nel linguaggio e nella ricerca concettuale contemporanea, l’artista nelle sue opere si rifà al concetto di ‘Altro’ opposto a quello di ‘Io’ come identità, comincia con la filosofia antica e medievale. Teniamo presente Socrate con “Conosci te stesso e realizzati in rapporto agli altri” Platone, per il quale la vita politica era tesa alla giustizia e al bene comune Aristotele, per il quale dell’uomo era propria la naturale tendenza ad associarsi e ad entrare in relazione con gli altri. Questo concetto appare efficacemente opposto a quello di Cartesio di un “cogito” unicamente soggettivo. La riflessione filosofica sull’altro raggiungerà l’apice con l’esistenzialismo e Heidegger. Il concetto di “persona” non era presente prima del cristianesimo. La persona era il modo con cui i greci definivano la “maschera” del teatro greco e, dunque, quanto mai attuale ai giorni nostri, nel teatro della nostra vita. Platone e Aristotele mettono l’accento sul collettivo, con il cristianesimo l’attenzione si sposta sul singolo che nella definizione cristiana sta per “sostanza individuale di natura razionale”, concetto messo in discussione da quello di morte di Dio in Nietzsche o dalla tripartizione della mente operata da Freud in Psicoanalisi. Ma il singolo, nel cristianesimo, non può stare da solo e trova la sua realizzazione in relazione agli altri.

E questo appare vicino alla nostra esistenza intesa socraticamente come compito da svolgere, e tesa a capire quale è il nostro posto nella vita e nel relazionarci con l’altro, insomma il celebre “conosci te stesso”. Nella filosofia moderna troviamo un’elaborazione del concetto di “altro” nell’Illuminismo, secondo il quale l’uomo diventa capace di modificare la realtà grazie alla sua razionalità e le relazioni umane andranno formalizzate in contratti e forme politiche tese a garantire la pacifica convivenza . Nella corrente contemporanea dell’esistenzialismo si sostiene, che l’esperienza formativa di ciascuno di noi è costantemente attraversata dalla presenza dell’altro. Nella seconda metà del ‘900 Derrida insiste sull’accettazione incondizionata dell’altro senza limiti e senza vincoli, Levinas insiste sull’importanza dell’altro, non come rappresentazione di noi stessi, ma nella sua diversità. Il filosofo tedesco Heidegger con il suo concetto di esserci il Dasein come essere gettato nel mondo, essere nel senso di relazionarsi ad ‘Altro’, ha voluto porre l’attenzione sulla nostra vita e sulla caratteristica di essere gettati nel mondo, essere in rapporto agli altri. Le riflessioni che partono da Heidegger troveranno completa trasposizione nell’esistenzialismo con Gadamer, Levinas, Sartre e Focault. In questo senso l’uomo è soprattutto istanza etica, prima ancora che teoretica o essere pensante (Cogito ergo sum). Tale riflessione verrà ampliata anche da M. Focault con la sua “Storia della follia” in cui in ambito psicoanalitico, l’inconscio è “altro” rispetto alla coscienza. Il “diverso” non è solo lo straniero, il folle, il non “allineato”, è uno di questi è l’artista che molte volte si rischia l’isolamento . Le opere Amedeo Gabucci -Deò si nutrano senza volerlo di quell’esigenza di non annullare l’arte ma di attuare in parte un nuovo pensiero essendo egli un’artista che tende di decantare un epoca dove i valori morali sono ormai perduti, ad un tempo però narra del ‘pensiero’ universale. Ecco perché nelle opere di Amedeo Gabucci la caratteristica principale è l’accumulo di significati. Una pluralità che va di pari passo con la variabile disseminazione di segni, immagini, figure mescolati in un magma che trova proprio nella complessità la sua giustificazione operativa. Per produrre questo effetto di spessore l’artista adotta una tecnica particolare, con materiali diversi magistralmente amalgamati, talora rappresi talaltra distesi, e sovrapposti. Tutto questo lo si può definire l’incontro- scontro tra essere e divenire dove pensiero e azione, parole e immagini sono alle base del linguaggio dell’artista che si rifà principalmente al segno e al gesto che gli permettono di dare forza al suo messaggio.
I lavori attuali dell’artista raccontano l’incontro e scontro tra la vita e la morte ovvero: dall’infinitamente piccolo, immateriale, impalpabile, quello yuch che vola dentro di noi con ali leggere, dall’introspezione nella nostra anima più profonda, fino all’infinitamente vasto dei grandi gangli cosmici che ci conducono a scoprire nell’informe magma della vita, il caos primigenio di cui ci parlano gli antichi miti, gli albori di un giorno nuovo. La nascita di una nuova creazione, di un Uni-verso che perennemente si dirige nel segno e nel senso di una Volontà ordinatrice, un kosmoV, ordine – armonia un ordine armonico oppure un’armonia ordinata, si attua in una perenne gestazione universale alla ricerca della materia, ma non della materialità, presente in ogni atto creativo. Le opere di Deò sono una continua riflessione sulla creazione, un canto, un inno al cosmo e a tutto il mondo che ci circonda, è un cantico, incantato e sospeso, di francescana memoria, riletto e interpretato nella sensibilità contemporanea. Amedeo Gabucci in arte Deò con le sue opere vuole farci riflettere sul destino comune, ecco perché coinvolge il fruitore nel comunicare il proprio pensiero a chi lo riceve, oppure a chi è disponibile a farlo divenire proprio.
Galleria WeSpace – Napoli
Io Deò . Matamorfosiquantica
dal 23 Settembre 2022 al 7 Ottobre 2022
dal Lunedì al Sabato dalle ore 9.30 alle ore 13.30
e dalle ore 16.30 alle ore 20.00