hanno da poco tempo aperto una galleria d'arte al centro di Roma (GOMP, Giacometti Old Master Paintings).
Sono i primi ad intervenire in questa grande inchiesta che, attraverso la parola degli addetti ai lavori, si ripromette di indagare i problemi che vive il mercato dell'arte (in particolare dell'arte antica) e le possibili soluzioni
1.La prima domanda che vi faccio è per rispondere ad una curiosità personale, se me lo consentite; cioè, voi avete aperto una galleria d’arte antica, specializzata in dipinti antichi, due anni fa, nel 2014, quando già questo tipo di mercato mostrava i segni di una profonda crisi; ecco, mi chiedo perché? Cosa vi ha spinto? È stato un atto indubbiamente di coraggio.
R. (Umberto) Non direi, partendo dall’autentica passione di entrambi per la pittura antica abbiamo visto come la crisi portava i collezionisti a vendere: era un’occasione che potevamo sfruttare sulla base delle nostre conoscenze in particolare a Roma, dove nei secoli sono passati gli artisti di ogni nazione e si sono formate collezioni eccezionali.
(Miriam) Sapevamo già che avremmo affrontato grandi sacrifici nel rivendere quel che compravamo, naturalmente era nel conto, ma dopo due anni possiamo dire di aver trovato cose molto belle, e che dunque la scelta era giusta.
2. C’è stato in questi frangenti un ‘colpo grosso’ che vi ha consentito un riscontro remunerativo importante? Ed è stato un colpo di fortuna, oppure un’occasione cercata?
R. (Umberto) Il nostro lavoro è come andare a pesca. Sulla base dell’esperienza e dell’intuito devi muoverti tantissimo, per vedere tutti i dipinti che puoi offerti in vendita. Se riesci in una settimana a vedere mille quadri è probabile che tra questi ci sia quello giusto, da comprare. Poi vai al mercato e qualche volta va bene e altre no, per ogni quadro acquisito e venduto presto ce ne sono diversi che tornano in magazzino.
(Miriam) Certo, i ‘colpi’ li puoi fare sulle opere non capite, non riconosciute nella loro importanza, e dunque stimate relativamente poco. Questo accade raramente, e più presso i mercanti che i privati; questi ultimi tendono a sopravvalutare le loro opere attribuendole sempre a grandi autori, e la capacità è piuttosto quello di riconoscere i pochi casi in cui hanno ragione.
3. Parlando di ‘colpi grossi’ quest’anno indubbiamente nel campo degli Old Master la citazione spetta alla Danae di Orazio Gentileschi, che ha superato i 30 milioni di dollari a NY. A vostro parere è un risultato giustificato per un pittore come Gentileschi?
R. (Umberto) Mah, forse non val la pena parlarne: i prezzi in realtà non sono mai giustificati, o viceversa lo sono sempre. In realtà il prezzo lo stabilisce la domanda, lo fa per qualsiasi cosa chi è disposto a pagarla. Per questo il dipinto di Orazio valeva quei soldi. Lo ha preso il Getty, che è più ricco museo americano, nel mondo alcune persone che guadagnano cifre impressionanti hanno avuto la speranza di averlo in casa. Fanno parte del mercato anche questi, pur dedicando solo pochi giorni all’anno ai maggiori eventi. E’ bello che ci sia varietà, e che accanto ad essi ci siano in certe occasioni anche i più piccoli collezionisti, dediti a fare ricerche e consultare cataloghi tutto l’anno, in attesa di un’opera alla loro portata che sia capace di emozionarli allo stesso modo.
(Miriam) Quel quadro è stupendo, e non ci sono proporzioni rispetto alle quotazioni dell’artista. Recentemente un bel dipinto di Orazio su pietra con l’
Annunciazione, battuto in un’asta svizzera, non ha raggiunto 700 mila euro, ma si trattava di una piccola opera devozionale e la relazione con gli esiti

di NY non esiste.
4. E’ possibile, tuttavia il fatto ha creato meraviglia tra gli addetti ai lavori, e lo stesso accadde per il risultato fatto segnare tre anni fa a Londra dal Sacrificio d’Isacco della Barbara Piasecka Collection, già attribuito a Caravaggio che, presentato come Cavarozzi, ha raggiunto e superato i 3 milioni di sterline; ecco, faccio ad entrambi queste osservazioni perché in un intervento ospitato sulla nostra rivista subito dopo l’asta newyorchese, un avvocato, esperto del settore, scrisse che in tempi di globalizzazione e in periodi come questo di crisi economica, di incertezza sui mercati finanziari, anche il dipinto di un grande maestro può essere considerato un bene rifugio, un investimento sicuro. Ma se questo è vero, personalmente non mi spiego come mai molte case d’asta, come molte gallerie, si ridimensionino o addirittura chiudano i battenti, o comunque soffrano molto la crisi.
R. (Umberto) Credo che ci troviamo in una fase ‘primitiva’ del nostro mercato: con la globalizzazione si è aperto un grande sviluppo per l’arte, che nell’antico non ha ancora trovato i necessari punti di riferimento. Siti web tipo Artnet e Artprice mostrano le quotazioni d’asta di un artista contemporaneo o moderno riuscendo a darci un’idea piuttosto precisa dell’effettivo valore delle sue opere; al contrario, nell’antico ci sono tutta una serie di variabili, come l’attendibilità di un’attribuzione e la conservazione, che rendono estremamente complesso il lavoro di valutazione e l’individuazione di un investimento. Il web avvantaggia le case d’asta proprio perché sono capaci di dare informazioni maggiori, più rapide e trasparenti rispetto ai singoli mercanti.
(Miriam) Se i dipinti antichi raggiungono grandi record non posso che essere contenta, perché rilanciano l’attenzione sul settore. Tuttavia occorre scremare molto ed analizzare i fenomeni nel loro complesso, perché se è vero che si arriva qualche volta a record impensabili la maggior parte dei lotti sono sempre più sottovalutati e spesso invenduti, con le persone molto meno disposte di un tempo a comprare l’antico. Le case d’asta hanno tutto l’interesse a enfatizzare il grande colpo, ma la realtà delle vendite nel complesso è ben diversa. Tra i galleristi si salvano quelli che sanno fare il loro mestiere, capaci di indirizzare le proprie ricerche e lavorare con trasparenza, accontentandosi di guadagni minori.
5. Questo punto mi sembra molto importante. Spesso, proprio nella logica della valutazione di cui parlavi, case d’asta e gallerie (non so voi come vi comportate) si affidano agli expertises che dovrebbero in qualche modo rassicurare il cliente sulla sua scelta o comunque consentirgli una certa sicurezza al momento dell’acquisto, ma risulta che non sempre è così; esiste una qualche regola in proposito ?
R. (Umberto) Il fenomeno degli expertises storico artistici è in netto calo. Prima a detenere le conoscenze e a divulgarle erano in pochi, e per questo il loro parere era particolarmente autorevole. Le pubblicazioni scientifiche su un determinato artista o movimento erano del resto quasi esclusivamente a loro cura. Oggi ci sono meno gerarchie e le competenze sono più diffuse, come il confronto e lo scambio dei pareri. Un fatto che in generale è senza

dubbio positivo. Ma torno alla mia tesi sulla fase ‘primitiva’ che stiamo attraversando, ed il problema è che il parere ragionato di uno specialista è spesso oscurato dalle voci di corridoio. Con la crisi sono fuoriusciti dalle gallerie o dalle case d’asta in tanti, che nella difficoltà di riposizionarsi non hanno smesso di consigliare, e spesso di criticare, per mettersi in luce e perseguire i propri interessi. Capita così che all’inaugurazione di una fiera internazionale in cui i dipinti sono stati studiati nel confronto con i maggiori esperti e vagliati dalla commissione scientifica, studiosi rampanti, mediatori avventurosi ed ex colleghi possano disorientare i collezionisti con giudizi banali ed affrettati, determinando l’insuccesso di una manifestazione.
(Miriam) Anche il sistema degli expertises, che viaggiavano corredati di foto, è sostanzialmente stato superato dal web; nell’era di Whatsapp il collezionista è in grado di fotografare un’opera e recepire in poco tempo il parere dei diversi studiosi, mercanti, collezionisti e amatori con cui condivide la sua passione, a loro volta questi inoltrano la richiesta agli specialisti di loro conoscenza, e il giudizio che si forma su un’opera in vendita diventa corale. Il problema è che a fronte di una maggiore dilatazione dei giudizi vi è un loro minore approfondimento.
5. Mi dai lo spunto per un’altra domanda che vi riguarda direttamente. In due anni di attività voi avere conquistato il diritto di partecipare ai più rilevanti eventi fieristici; da Tefaf (Maastricht) a Parigi, alla Biennale di Firenze, come alla prossima che si terrà a Roma: come siete stati accolti voi, due giovani galleristi, dai colleghi più navigati?
R. (Umberto) Per noi è stato importante riscontrare la loro stima, e lo è ancor di più riuscire a conservarla in futuro. Per la trasmissione delle conoscenze specifiche è fondamentale un diretto passaggio di testimone fra le generazioni, ed essendo gli ultimi arrivati abbiamo ancora molto da imparare.
(Miriam) Sin dall’inizio le cose sono andate in modo abbastanza fortunato, e abbiamo avuto numerosi apprezzamenti; certo c’era, come c’è sempre, il discorso della concorrenza tra colleghi, ma sembra che con noi abbia prevalso la voglia di incoraggiarci, forse perché per questo lavoro siamo relativamente giovani. Un nuovo cliente che sta per comprare qualcosa si fa spesso consigliare da chi già conosce, e il parere di un collega esperto può favorire o far saltare una vendita. Abbiamo già vissuto entrambe le esperienze…
6. Tutto ciò per chiedere ad entrambi: ve la sentireste, in base alla vostra esperienza biennale, di consigliare a due giovani d’oggi di ripercorrere il vostro stesso cammino ?
R. (Umberto) Ai miei figli lo sconsiglierei, in modo da esser sicuro che chi non mi ascolterà andrà bene. Non è una scelta di comodo ma una vocazione, una necessità che non richiede consigli.
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(Miriam) Si, lo consiglierei alle mie figlie, perché no? A noi quest’attività piace e dà molte soddisfazioni non solo dal punto di vista commerciale; d’altronde credo non ci si metta a fare questo lavoro con la sola logica del guadagno.
7. E continuando con i consigli, che tipo di antico consigliereste; quali sono i soggetti che ‘tirano’ oggi tra i collezionisti? E a vostro parere quale genere di dipinto antico potrebbe rivelarsi un’occasione in termini d’investimento?
R. (Umberto) Paradossalmente anche per l’antico i cambiamenti del gusto si succedono con impressionante rapidità. Per questo il miglior investimento a mio avviso è scegliere opere belle e significative nel momento in cui non sono ‘di moda’.
(Miriam) Il consiglio primo è di scegliere quello che piace, anche facendo dei sacrifici; non bisogna essere bulimici, ma aspettare il momento e l’opera giusta. Non si deve smettere mai di ascoltare chi ti sta attorno e può aiutarti con il suo esempio e la sua esperienza, ma poi è importante decidere da sé. Il secondo di specializzarsi in un settore, seguire una tendenza, perché una collezione del genere approfondisce e sviluppa le conoscenze creando valore, una somma eterogenea di grandi cifre e di nomi celebri secondo me non porta tanto lontano.
8. Ecco, ma per entrare maggiormente nello specifico, ad un cliente che avesse oggi da spendere cifre non di grande portata cosa consigliereste ? Caravaggeschi, nature morte, arte sacra, paesaggi?
R. (Umberto) Dopo il successo raggiunto alla fine del 900 oggi
le Nature morte, o anche le
Bambocciate e le
Battaglie non hanno grande interesse collezionistico, e chi saprà raccoglierne diverse, tutte rappresentative al massimo livello dei diversi generi, di qualità e conservazione notevole, vedrà nel medio periodo ben rivalutato il suo impegno economico.
(Miriam) Reggono certamente le loro quotazioni oggi le
Vedute e certamente anche i caravaggeschi; mentre i grandi quadri barocchi, specie se religiosi, non se la passano bene; sono certo meno appetiti di prima in clima di globalizzazione. La grande natura morta barocca dovrebbe piacere ad una clientela extra europea più di un soggetto sacro, ma non abbiamo ancora riscontri in tal senso; in attesa di un rilancio generale della pittura antica seguiamo anche autori fra Otto e Novecento di rilievo, come Gemito e Mancini.
9. Oggi il pubblico ha modo di informarsi direttamente su prezzi, risultati e incassi delle case d’asta grazie a siti come Artnet e Artprice che pubblicano regolarmente ogni cosa al riguardo: per un antiquario è un vantaggio o uno svantaggio?
R. Umberto) La trasparenza è un bene ed ha come effetto la calmierizzazione dei prezzi, che è un altro elemento positivo, il problema è che siamo in una fase in cui si sente l’esigenza di regolamentare questi passaggi. Mi chiedo ad esempio come sia possibile, se un privato acquista un dipinto in asta, che i suoi ospiti a cena possano saperne il prezzo pagato. Ci sono spazi legati alla privacy e diritti d’autore che non possono essere violati, e non parlo da antiquario, ma dal punto di vista generale. I siti che Lei ha nominato pagano alle case d’asta le innumerevoli immagini che pubblicano? Citano gli autori delle foto? Miriam sta per pubblicare un libro (si tratta del catalogo generale delle opere di Andrea De Lione,
ndA), e per questo ha pagato cifre notevoli per i diritti ai vari musei, alle istituzioni e ai fotografi che detengono i diritti di immagine delle opere. Temo che la realtà di questi siti funzioni in modo che tutto è indistintamente sacrificato in nome della pubblicità e della trasparenza, e una casa d’aste che non consentisse la pubblicazione dei suoi risultati perderebbe visibilità e credibilità.
(Miriam): il fatto che dopo un’asta la casa inserisce i risultati sul suo sito è un conto, la vendita è pubblica. La pubblicità delle notizie non si può arrestare e in questo sta la forza della rete. Tuttavia chi lucra su questi dati e sulle foto che riproduce deve contribuire al sistema verificando le informazioni e pagando diritti di immagine. Le cifre di aggiudicazione sono pubblicate al netto dei diritti delle case d’asta, delle tasse di importazione, dei contesti di tassazione, e questo insieme di spese supera spesso di un terzo le somme indicate. Che dire? Il fascino di un dipinto che viene dal passato consisteva, fino all’avvento di questi siti, anche nel senso di scoperta, nell’immaginazione fantastica della storia dello stesso nei secoli. Ora tutto si è inevitabilmente appiattito sul risultato crudo più recente. Fa niente se hai trovato di quel dipinto una importante voce d’inventario del Seicento. Per un mercante si è fatto difficile vendere, anche con poco guadagno, un dipinto appena comprato in asta. In questa fase nuova il privato pensa piuttosto che ha perso in asta l’occasione vera e che può coglierla una prossima volta.
10. Torniamo al vostro lavoro di galleristi. Vi è mai capitato di impegnarvi in un modo che non immaginavate per poter soddisfare un cliente?
R. (Umberto) Accade spesso perché crediamo che il lavoro di un mercante sia proprio quello di riuscire a soddisfare il cliente, indovinando le sue

preferenze e non esitando davanti alle sue richieste. Del resto lavoriamo entro una casistica ampia e sempre particolare, e la nostra forza fino ad ora è stata di aver contribuito a formare delle collezioni che nel tempo potranno ancora arricchirsi, se troviamo al giusto prezzo l’opera che sappiamo possa completarle. Proprio di recente abbiamo potuto comprare un’opera che un nostro cliente aveva cercato di acquistare anni prima e ancora rimpiangeva. Gliela abbiamo ceduta quasi al prezzo di costo, guadagnandoci una stima e una soddisfazione che è reciproca.
(Miriam) Questo è il costume della nostra galleria: lavoriamo in modo molto mirato, perché la strada di distribuire i pani e i pesci con un guadagno prefissato non è più praticabile.
11. E c’è mai stato un quadro, un oggetto cui vi siete affezionati al punto di pensare o addirittura sperare di non doverlo mai vendere?
R. (Umberto) Si probabilmente è accaduto proprio alla Biennale di Firenze, con una testa in terracotta di Vincenzo Gemito di qualità eccezionale, una giovane adolescente con un’espressione molto malinconica; ce l’hanno richiesta in tanti che rilanciavano le loro offerte ed alla fine l’ha presa un collezionista molto discreto e attento sostanzialmente al prezzo richiesto.
(Miriam) L’abbiamo venduta bene, e dunque eravamo soddisfatti, ma poi Umberto e io ci siamo sentiti veramente depressi dalla nostalgia, pur consapevoli che l’avevamo venduta al cliente più capace di amarla. In ogni caso da queste esperienze scopri come le cose che ami di più devi difenderle. Noi non facciamo prezzi alti, e proprio perché siamo nuovi in un campo piuttosto consolidato abbiamo interesse a crescere e a vendere per investire nei nuovi frutti della nostra ricerca. Per fare questo talvolta occorre anche pagare uno scotto in termini di realizzo, ma si deve guardare anche a chi vuol premiare e incoraggiare il tuo lavoro.
12. Un’ultima domanda; cosa ne pensate delle normative che adesso regolano la compravendita di oggetti di antiquariato, e in particolare di questa annunciata normativa che libererebbe la merce valutata sotto i 100 mila euro dai possibili vincoli delle soprintendenze.
R. (Umberto) Le Sovrintendenze, dopo aver inseguito logiche di totale arbitrio nell’esercizio dei vincoli, sarebbero piegate all’improvviso ad una logica di soli numeri. Un’altra prova che finito un mondo siamo ad una nuova preistoria. Quanto vale la bandiera con cui un reggimento ha combattuto eroicamente sul Piave? Credo che lo stato debba mirare a conservare quella piuttosto che opere di un pittore che vale mille volte di più, ma che già riempiono luoghi troppo vuoti come le nostre chiese e i musei.
(Miriam); Una pietra nello stagno di una regolamentazione asimmetrica e anacronistica va lanciata. Ragionando sotto l’aspetto mercantile e del diritto privato un provvedimento del genere sarebbe un grande passo avanti rispetto all’ingorgo e al clima di incertezza che la burocrazia oggi impone.