Giovanni Cardone Giugno 2023  
Fino al 18 Settembre si potrà ammirare al MANN- Museo Archeologico Nazionale di Napoli la mostra di Ernesto Terlizzi. Ma che sanno gli Altri a cura di Marco Di Capua. L’esposizione gode del Matronato del Museo Madre di Napoli, Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee, del Patrocinio della Fondazione Filiberto e Bianca Menna insieme alla Casa Museo Spazio Tadini di Milano. In mostra un corpo di 20 opere di diverso formato tutte tecniche miste realizzate su carta thailandese kozo martellata ed intelaiate su cui l’artista segna, incolla e strappa carte e cartoni per costruire e raccontare, tra cielo e mare, luoghi e forme profughe attraverso l’inconfondibile segno a china del suo rigoroso bianco e nero. Con questa mostra Terlizzi infatti, chiude questo ciclo di opere dedicato ai profughi e il Mediterraneo iniziato proprio dieci anni fa con la personale di Milano “Apologia della superfice” a Spazio Tadini e poi ancora a Ferrara, Galleria del Carbone con la mostra “Derive” e infine quella di Roma a “StudioS” di Carmine Siniscalco. Un dramma questo epocale, di grande attualità ormai incontenibile e molto complesso da affrontare, su cui l’autore dal 2013 pone continuamente il suo sguardo d’artista. E oggi per questa mostra, lo fa innestando al centro di queste sue carte pregiate l’inconfondibile icona di un puttino alato della pittura pompeiana, come in una sorta di omaggio alla pittura di questo straordinario luogo di memoria e al Museo Napoletano che da tempo l’accoglie e la conserva . Come afferma Marco Di Capua nel testo di presentazione dicendo : “Ancora una volta Ernesto Terlizzi riesce a sintonizzare la propria mente e il proprio liberissimo gesto sulle onde di frequenza di temi attualmente cruciali accogliendo simultaneamente il richiamo di un luogo illustre, apparentemente immune a ogni turbamento. Proprio in tal modo egli riesce a innestare e fondere i frammenti e le schegge di un presente drammatico in uno spazio- tempo remoto, immemoriale. Le sue bellissime classicheggianti carte in bianco e nero, nel loro incessante farsi e disfarsi di strutture aperte quasi che certe virtù tanto raccomandate da Italo Calvino, come la molteplicità, l’esattezza, la leggerezza stiano ancora dicendo la loro sembrano sempre generarsi da un invito al decollo verso un fly/zone dove scorrono e si addensano vortici di memorie lacerate, segni fantasmi d’immagini”. In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Ernesto Terlizzi :  Come disse lo studioso tedesco Lessing il quale porta avanti una teoria che vuole, per la prima volta, attraverso la distinzione fra le arti, rintracciare un sistema estetico e una guida tecnica “basati sul riconoscimento della ‘pluralità’ dell’esperienza estetica intesa come un processo cui fanno capo fattori eterogenei anche extrartistici o addirittura extralinguistici”. L’esperienza estetica, secondo Lessing, non può più limitarsi al mero concetto di bellezza, ma deve anche coinvolgere la conoscenza sensibile e il soggetto nella sua totalità, vale a dire la conoscenza intellettuale. Non a caso nelle sue argomentazioni, rende partecipi tutti i sensi, dall’olfatto al gusto, dalla vista al tatto, riuscendo perfino a parlare di ‘estetica del brutto’, categoria che dopo il Laokoon  otterrà diritto di cittadinanza nell’estetica tedesca con esiti teorici, ma soprattutto artistici, di portata incalcolabile. Ma è l’aspetto ‘semiotico’ quello che più ci interessa indagare il quale ci riporta immediatamente al sottotitolo del testo, che evidenzia gli aspetti più innovativi dello studio di Lessing, Über die Grenzen der Malerei und Poesie: sono infatti i limiti, o meglio i ‘confini’, tra le due arti il vero ductus argomentativo dell’indagine lessinghiana. Leggendo Lessing certamente si prende le distanze dall’atteggiamento di coloro che hanno deliberatamente rintracciato negli scritti dei classici greci e latini ‘dottrine’ valide a supportare i propri fini estetici.
Ma noi moderni abbiamo creduto in molti casi di averli di gran lunga superati, trasformando i loro angusti viottoli in strade maestre; per quanto anche le più brevi e sicure strade maestre si possano ridurre in sentieri che conducono per luoghi incolti. La sfolgorante antitesi del Voltaire greco secondo cui la pittura è una poesia muta e la poesia è una pittura parlante, non stava certo in un trattato. Era una di quelle idee che venivano in mente spesso a Simonide, la cui verità è talmente evidente che crediamo di dover trascurare l’inesattezza e la falsità che l’accompagnano. Nondimeno tutto ciò non sfuggì agli antichi. Lessing diversamente da Winckelmann, non è tanto interessato al complesso statuario e ai suoi aspetti archeologici egli piuttosto rivolge la sua attenzione a questioni di teoria della pittura. La pittura di  Ernesto Terlizzi ha la capacità, la forza di suggestionare, in particolare di commuovere, di far insorgere sentimenti elevati. Questo perché l’artista appartenete alla Magna Grecia è stato influenzato anche senza volerlo dalle greche orazioni forensi alla calibrata arte oratoria romana. Possiamo dire che la relazione tra le arti figurative è stata nel tempo oggetto di un infinito numero di speculazioni che hanno dato vita a teorie, considerazioni e assiomi diversi e contestualmente applicabili. Trattandosi poi di una questione trasversale a diversi ambiti disciplinari non deve stupire che sia stata interesse centrale per storici dell’arte,filosofi,estetologi,semiologi, letterati e artisti che, di volta in volta, hanno affrontato il problema in accordo ai propri fini teorici. Tutte le epoche si sono interrogate sul dialogo tra parola e immagini sia attraverso pratiche artistiche vere e proprie, spesso frutto di sinergie intermediali, sia attraverso risposte critiche alle stesse, che hanno fatto di questo dialogo un oggetto di studio sempre nuovo. Sebbene però l’origine di questa relazione sia antica, è vero che il Novecento, e soprattutto gli ultimi decenni, è stato protagonista di un rinnovato interesse ad indagare le dinamiche interartistiche tra le due arti. Posso affermare che la pittura di Ernesto Terlizzi oscilla vertiginosamente tra una sottile e raffinata astrazione e un informale materico fatto di energia, segno e gestualità. Le opere dell’artista  sono una ridda ubriacante di ossimori, di coerenti contraddizioni: sono immobili tempeste, sono lampi fatti di materia spirituale, sono funambolici giochi tra disequilibrato e equilibrio, criptiche rivelazioni di un caos ordinato, superfici tridimensionali fatte di narrazioni contemporanee, ricche, colte e preziose. La forza primigenia e raffinata che promana da queste opere e che affascina il fruitore in maniera al tempo stesso sottile e prorompente deriva proprio dall’innata capacità dell’artista di conciliare gli opposti. Di fondere nel crogiolo incandescente della sua sapienza alchemica elementi opposti per dar vita ad opere d’arte di sostanziale, corposa coerenza artistica ed eterea, originaria originalità. Non è poi casuale se molte opere di Ernesto Terlizzi si rifanno all’astrazione-informale poiché appare evidente che ogni qual volta l’opera viene costruita sull’inquieto equilibrio tra Ordine e Caos, Forma e Materia, ebbene in tutti questi casi non è possibile non pensare a risvolti di tipo cosmogonico. Anche se le opere di Ernesto Terlizzi ci fanno sempre pensare a quei momenti cruciali nella storia ‘dell’Universo’ in cui la ‘Luce’ è  stata separata dalle ‘Tenebre’,‘Le Terre dai Mari’, le ‘Forme viventi’ dalla ‘Materia inanimata’. Momenti che mitologie e religioni di tutti i tempi e in tutti i luoghi hanno raccontato molto spesso con immagini ed espressioni molto simili e che forse rappresentano un comune retaggio profondo ed arcano ‘archetipico’ dell’umana sapienza. Ma forse le opere di Ernesto Terlizzi non ci raccontano soltanto questo. Forse nel Macrocosmo si rispecchia il Microcosmo. Forse le cosmogonie raccontano, metaforicamente, soggettive, psicologiche ontogenesi. Forse dietro il conflitto tra il Cosmo e il Caos, si cela quello tra il Conscio e l’Inconscio e la nascita del mondo simboleggia la nascita del soggetto. Ed allora possiamo interpretare sotto una diversa luce il difficile, complesso, conflittuale rapporto tra la Materia allo stato puro, indistinto, indifferenziato e la Forma che cerca disperatamente di emergere, di imporsi, di imporre il proprio sigillo di razionalità (o quanto meno di ragionevolezza) sull’eterna rivale: un rapporto tanto dialettico e necessario quanto problematico e violento. Nello scontro ineluttabile tra la Forma e l’Informe, spesso i confini tra aggressore ed aggredito si confondono, i ruoli si rovesciano a ripetizione, così rapidamente che talvolta capita di smarrirsi e di non distinguere più l’una cosa dall’altra. Le nuove opere di Ernesto Terlizzi raccontano anche questo: quanto labile sia il confine che separa il Soggetto dall’Oggetto, l’Uomo dal Mondo che lo circonda. E quanto difficile, e doloroso, e per nulla certo, sia il processo di auto-definizione. Le opere dell’artista non ci mostrano l’esito di questo titanico scontro, quanto piuttosto una fase, nel vivo del combattimento. Così colori e materiali che scompongono e ricompongono il piano narrativo appaiono come una vera e propria raffigurazione delle linee di forza e dei campi di energia che si sprigionano nel corso di questi eventi di autentica ontogenesi dell’Io. Ontogenesi che rappresenta il primo, vero contenuto di queste opere. Quello a cui assistiamo, dunque, per quanto violento, brutale, o anche solo essenziale, possa sembrarci è, in definitiva, un lieto evento, nel senso comune della parola: vale a dire una nascita. La nascita di un Soggetto: sia esso un pensiero, un individuo, un personaggio o una creatura degli abissi della psiche. In altre parole si potrebbe descrivere tale processo creativo come un conflitto tra la Coscienza e l’Inconscio: come l’impellente (ma impossibile) tentativo della parte solare dell’Io di rendere conto delle sue parti più oscure e irriducibili. Ecco, proprio in questo è il valore, l’apporto di conoscenza, la scoperta dell’Informe, dell’impossibilità di piegare completamente l’Irrazionale alle ragioni della Ragione. E viceversa. Perché se è vero che “il cuore ha delle ragioni che la ragione ignora” è altrettanto vero che spesso (quasi sempre) “c’è del metodo nella nostra follia”. Infine possiamo dire che la pittura di Ernesto Terlizzi attraverso i colori esprime quella Luce allo stato puro o meglio quella fusione tra Luce e colore. Il colore utilizzato dall’artista con sapienza creando una stesura e una composizione sulla tela da sembrare altro, creando così una luce calda, pastosa, a tratti friabile, quasi tangibile. Una luce pulsante, che si irradia dal centro dell’opera, che conquista, a fatica, irradiandosi, ogni centimetro quadrato della superficie, con pennellate fitte e modulate, inquiete, che sembrano vibrare di un afflato vitale, che a tratti si sfaldano, si addensano, si distendono. Ogni pennellata di colore è un piccolo respiro trattenuto, in impercettibile fremito, un palpito appena accennato. Le nuove opere di Ernesto Terlizzi, che si presentano quindi al nostro sguardo come un vero e proprio ciclo tematico, anche stilisticamente coerente. Tutto questo lo si può definire l’incontro- scontro tra essere e divenire dove il segno ed il colore per alcuni aspetti sono alle base del linguaggio dove l’artista si rifà principalmente al segno e al gesto che gli permettono di dare forza al suo messaggio. Le opere di Ernesto Terlizzi descrivono in pieno i contenuti dell’artista che in parte si rifà ad un percorso dove la materia narra il suo mondo che è tormentato da pensieri e azioni che fanno parte di una società dove regna l’incertezza, l’ambiguità dei significati che non sono fuorvianti, ma generano un seguito di suggestioni che costituiscono proprio la principale connotazione della sua  ricerca. I lavori raccontano una nuova e interessante fase di semplificazione, o meglio di aggregazione descrittiva che suggerisce un più ampio campo d’ispirazione, tematiche contigue alle provocazioni visive,  che narrano per alcuni aspetti il ‘degrado’ della nostra società contemporanea . Sembrano infatti ricollegarsi a quelle esperienze fondamentali che fanno si che le composizioni evidenziano quelle eccedenze materiche che si attenuano per isolare spazi vuoti, fondali monocromi dalle evidenti allusioni astrali. Si direbbe che l’artista, dopo tante calate nei recessi della coscienza individuale, si è voluto interrogare sul cammino di ognuno e quindi saggiare panorami più vasti di quelli introspettivi, porre in campo simboli di valore universale. Tutto questo fa parte del mondo ideato da Ernesto Terlizzi dove la metafora visiva di un mondo contemporaneo che rappresenta l’artista che mette a nudo il proprio ‘Io’ ma nel contempo tende ha raccontare l’uomo contemporaneo. Con le sue opere Ernesto Terlizzi  ci ha voluto farci riflettere sul destino comune, ecco perché l’artista vuole coinvolge il fruitore comunicando il proprio pensiero a chi lo riceve, oppure a chi è disponibile a farlo divenire proprio.
 
 
Ernesto Terlizzi  
Nasce e Angri nel 1949, studia al Liceo artistico di Napoli e Pittura presso l’Accademia Belle Arti della stessa città. Dalla fine degli anni sessanta è presente nel panorama artistico nazionale ed internazionale con mostre di gruppo e personali su tutto il territorio italiano tra cui si segnalano quella di Firenze nel1979 “Galleria Inquadrature”; 1980 Napoli “Galleria S:Carlo”; 1981 Bergamo “Galleria Fumagalli”;1984 Venezia/Mestre” Galleria Plusart”1988 Perugia “Materiali Immagini”; 1989 Napoli Istituto Francais “Le Grenoble”; 1990 Pinacoteca e Musei Comunali Macerata; 1999 “Studio 10 Arte” Potenza; 2oo6 Baronissi (Sa)” Museo FRAC”; 2010 Roma “Galleria Consorti” ;2012 Gazoldo degli Ippoliti (Mn) “Museo MAM”; 2013 Ferrara “Galleria del Carbone” 2014 Milano “Spazio Tadini” e Roma “StudioS”; Montoro (Av) “Chiostro S. Maria degli Angeli”; 2017 Cracovia “Istituto Italiano di Cultura”; 2019 Matera “ArtiVisive/Gallery” e Salerno “Pinacoteca Provinciale”. Inoltre è stato invitato nei principali premi di Pittura italiani tra cui Premio Michetti 1978/82/83 e 2006; Premio Termoli 1991 e Premio Sulmona nel 2006 e 2009 nonché in varie mostre di gruppo in ambito europeo; Stoccolma “Gummesons KoustGallery “The modernity of lirism” e Helsinki Jonsuus Art Museum. Nel 2011 è invitato alla 54 “Biennale Internazionale d’arte di Venezia” Padiglione “Lo Stato dell’Arte Campania”; 2013 Tel Aviv Giorgio De Chirico e 36 artisti Italiani “Museo Beit Hair”; 2014 Triennale Milano “Sguardi Altrove”. 2017 Matera “Nuove acquisizioni per Timmari “ArtiVisive/Gallery. Molte delle sue opere commentate da autorevoli intellettuali e storici dell’Arte sono inserite in diverse collezioni pubbliche e private tra cui: Museo d’Arte Moderna Durazzo Albania; Museo d’Arte Contemporanea, Ripe S. Ginesio Macerata; Consolato Venezuelano di Napoli; MACTE Museo d’Arte Contemporanea Termoli; Pinacoteca e Musei comunali Macerata; Museo FRAC Baronissi SA; Museo delle “Generazioni del 900 Anni 40” Pieve di Cento (Bo); Museo CAM Casoria (Na); Montoro/Contemporanea Collezione Permanente; MUMI Museo Michetti Francavilla Al Mare (Ch); Museo MAM Gazoldo degli Ippoliti (Mn), Museo dell’Universtà di Chieti.
 
MANN- Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Ernesto Terlezzi. Ma che sanno gli Altri
dall’ 8 Giugno 2023 al 18 Settembre 2023
dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.30
Martedì Chiuso