Gli Asburgo furono la dinastia regnante in Spagna tra il Cinquecento e il Seicento. David García Cueto, giovane e illuminato professore dell’Università di Granada, persegue da tempo lo scopo di districare quel complesso fenomeno delle copie nel collezionismo di corte tra il XVI e il XVII secolo. L’argomento, di importanza assolutamente non secondaria, è stato sinora alquanto trascurato in ambito spagnolo dove chiaramente è maggiore l’interesse storico-artistico. Con questo progetto, che da qualche tempo vede coinvolti diversi storici, si è finalmente cominciato ad indagare il fenomeno delle copie attraverso ricerche, studi e convegni. Storicamente la copia ha trovato ampi spazi nel gusto collezionistico iberico, ed in generale è stato un fenomeno antico che ha trovato diffusione a partire dal periodo ellenistico, ma che nell’arte figurativa moderna assume in particolare una manifestazione che si articola in diversi rivoli motivazionali. In Spagna nel periodo preso in considerazione la copia ebbe una grande fortuna. Dalle collezioni e, poi, negli inventari a noi pervenuti essa è rivendicata con gran rispetto sotto il profilo artistico, venendo spesso catalogata con la sua esatta attribuzione. L’opera riprodotta non veniva considerata con disvalore ed era apprezzata per la sua capacità intrinseca di testimoniare qualcosa di non facile ripetizione senza impegnare grosse fortune. Questo concetto era già sentito nelle passate generazioni. A partire dall’età romana e per tutto il Medioevo e ancora durante l’Età Moderna, la copia è stata un mezzo di divulgazione di modelli, in un contesto storico-sociale in cui l’originalità non era un valore primario, né copiare era considerato disdicevole. Gli antichi, infatti, non ebbero un concetto della proprietà intellettuale simile al nostro copyright. L’unico metro per valutare una pittura o una scultura era quello della téchne, dell’abilità artigianale, del saper fare. Il copista era uno scultore che non faceva un lavoro diverso da quello dell’artista da cui copiava, e dunque firmava serenamente la copia col suo nome, limitandosi ad aggiungervi “epoiei”, “epoiesen” (fece), esattamente come lo scultore che aveva realizzato il cosiddetto originale.
Alla fine dello scorso mese di aprile 2017, si è tenuto tra l’Università degli Studi di Bologna ALMA MATER STUDIORUM, Dipartimento delle Arti, e il Reale Collegio di Spagna, in tre giornate di studio, un altro convegno sui rapporti dell’arte figurativa tra Italia e Spagna e che ha toccato anche il tema delle copie nell’ambito della pittura bolognese in terra ispanica. Il convegno organizzato dal capo dipartimento Prof Marinella Pigozzi che ha interessato in parte Diego Velazquez ha visto partecipare la studiosa romana Francesca Curti con un nuovo lavoro proprio sul collezionismo che riguarda il pittore sivigliano. David García Cueto, in questa assise emiliana ha anticipato alcuni argomenti che saranno al centro del convegno del Prado.
D: Professor può spiegare ai nostri lettori da dove parte questo progetto di studio della copia che lei ha abbracciato e dove pensa che possa arrivare?
Innanzitutto, molte grazie alla rivista per l’ interesse per questa iniziativa.
Nel sistema universitario spagnolo è possibile chiedere finanziamento allo Stato per sviluppare delle ricerche in qualsiasi ambito del sapere, secondo una modalità simile ai PRIN italiani. Vedendo l’elenco dei progetti svolti negli ultimi anni riguardanti la Storia dell’Arte, mi sono reso conto che il fenomeno della copia pittorica non era mai stato considerato nel contesto di queste ricerche scientifiche, anche se il numero e la qualità di queste opere nel patrimonio spagnolo è enorme. È vero che la storiografia ispanica ha posto attenzione in diversi studi la copia pittorica, ma quasi sempre come fenomeno sussidiario della creazione di “originali”. Il mio desiderio è indagare il vero ruolo che le copie hanno compiuto nella cultura dell’età moderna, come trasmissione di nuovi stili, nuovi gusti e nuove proposte iconografiche. L’impegno del progetto, che abbiamo chiamato con l’acronimo
Copimonarch, è quello di arrivare a fare una valutazione del fenomeno complessiva di tutti i territori ispanici tra 500 e 600, e per questo indaghiamo anche le Fiandre, l’Italia e l’America Latina.
D:Il diffondersi in Spagna dello stile rinascimentale italiano vede come antesignano Fernando Yañez, pittore valenzano attivo all’inizio del XVI secolo, il quale è citato in un documento come assistente di Leonardo da Vinci a Firenze nel 1505. Ma fu con Filippo II che la pittura spagnola conobbe a metà del Cinquecento il suo inesorabile sviluppo per almeno i due secoli successivi. I numerosi pittori italiani accorsi in Spagna costituirono una scuola per i pittori spagnoli che a loro volta posero le fondamenta per una scuola spagnola di eccellenza che ha seguito un proprio corso. Quali sono per Lei gli artisti del Cinquecento che ritiene più importanti e che si sono formati in quel periodo partendo dalle basi rinascimentali della pittura italiana e che hanno sviluppato una identità propria legata al cattolicesimo e alla tradizione iberica?
Forse sarà sorprendente per i nostri lettori farne menzione d’un artista oggi quasi sconosciuto, ma di grande fama nella Spagna di fine Cinquecento, Juan Fernández de Navarrete
El Mudo (Logroño c. 1535- Toledo 1579). Lui fu pittore prediletto di Filippo II, essendo interprete dello stile di Tiziano –si dice in alcuni testi scolaro del grande maestro veneto- e allo stesso tempo codificatore delle iconografie controriformate che incontravano il gusto collezionistico del re spagnolo e della società dell’epoca. Dal punto di vista della copia, una delle rivelazioni che il progetto
Copimonarch stà realizzando è quella di verificare, tramite le molte copie di sue opere ancora presenti in diversi luoghi della geografia spagnola. Il Navarrete godè di enorme fama ormai durante la sua vita, essendo l’artista spagnolo più copiato attorno al 1600. Allo stesso modo, lui ebbe anche una grande reputazione come copista, riproducendo abilmente a richiesta del re opere dello stesso Tiziano o di Van der Weyden.
D: Storicamente Saragozza, capitale dell’antico Regno d’Aragona per la Spagna, ha avuto un ruolo preminente sotto il profilo artistico agevolato dal fatto che fu una delle poche città in cui vi fu un vice regno. Potremmo dire una succursale della corte di Madrid che indusse, soprattutto sotto il regno di Filippo IV, a un grande collezionismo da parte della nobiltà locale protesa ad emulare il monarca. Conseguentemente la città attrasse una scuola pittorica di primo livello perché vi si stabilirono pittori come Bernardo Polo e Francesco Lupicini, ancora oggi poco studiati nonostante il grande ambito qualitativo. Negli inventari della nutrita nobiltà aragonese la copia ha grandi spazi da Raffaello a Bassano, da Tiziano a Caravaggio, da Guido Reni al Guercino sino al Ribera.
Secondo Lei qual è in generale il valore della copia nelle collezioni iberiche e in quelle derivate dai monarchici?
È vero che la presenza di copie nelle collezioni della nobiltà spagnola è molto alta. Sulle pinacoteche madrilene sappiamo di più grazie ai molti inventari pubblicati da Marcus Burke e Peter Cherry con la Getty Foundation, ma fuori di Madrid c’è ancora tanto da studiare su questo fenomeno. Per quello che sappiamo, le copie nelle raccolte aristocratiche avevano infatti una funzione precisa, quella di collegare il gusto dei nobili con quello della corona, giacché molto spesso quelle copie riproducevano originali famosi della collezione reale. Raffaello, Tiziano e i Bassano erano i maestri più copiati tra gli italiani, e probabilmente Navarrete tra gli spagnoli. Erano pertanto un modo per avvicinarsi al potere.
D: E’ fuor di dubbio che questo progetto porterà ad una migliore sistemazione storiografica di questo fenomeno delle copie e della loro rivalutazione, sia in senso artistico che filologico, contribuendo notevolmente ad un avanzamento dello stato degli studi. Quindi supponiamo che alla fine verrà fuori una pubblicazione, che oltre a raccogliere e mettere insieme nuove notizie farà il punto della situazione.
C’è una pubblicazione in corso di una cara collega italiana, Carla Mazzarelli, professoressa presso l’Università della Svizzera Italiana e anche ricercatrice del progetto
Copimonarch, dove saranno chiarite molto delle funzioni e procedure che la copia pittorica ha compiuto in età moderna. All’interno del nostro progetto, sono in preparazione tre volumi corrispondenti ai tre convegni finora organizzati: uno sulla copia nel mondo iberico tra ‘500 e ‘700, un altro sulla copia di scuola napoletana e un terzo sulla copia fiamminga. Tutti e tre saranno pronti per il 2018. Mi auguro di poter far uscire un quarto volume dopo la celebrazione del convegno al Museo del Prado dei prossimi 26-27 giugno con i risultati scientifici presentati in quest’occasione. In qualsiasi caso, mi sembra un grande passo in avanti che una istituzione importante come il Prado stia attribuendo un nuovo valore scientifico e patrimoniale alle copie pittoriche accogliendo quest’evento.
Foto 1 Copia altare raffigurazione dei SS Pietro e Paolo di Fernandez Navarrete -Escorial-
Foto 2 Canestra di Frutta Bernardo Poli -Collezione privata -
Foto 3 David Garcia Cueto
Di seguito i link relativi al convegno del Professor David Garcia Cueto
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Redazione News Art