Giovanni Cardone Settembre 2021
Fino al 19 Settembre 2021 possiamo ammirare  a Palazzo Reale di Milano la mostra Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa a cura di Evgenija Petrova direttore Scientifico del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e Josef Kiblitskij. L’esposizione è dedicata dunque alle donne in Russia, eroine di un’atmosfera storica, sociale e culturale, del tutto particolare, ed è composta da due grandi capitoli suddivisi in otto sezioni in cui verranno esposti circa 90 capolavori del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, in larga parte mai esposti prima d’ora in Italia. Come dice il Sindaco di Milano Giuseppe Sala : “La mostra Divine Avanguardie si inserisce nel palinsesto culturale cittadino, i talenti delle donne, rassegna promossa dal Comune di Milano, che pone l’attenzione sulla figura femminile e il suo universo creativo. Dopo i mesi appena trascorsi, in cui abbiamo vissuto un tempo alimentato da preoccupazioni, spaesamento e inusuali insicurezze, sopraggiungono un nuovo desiderio di vita e l’esigenza di rifarci nuovamente gli occhi, riempiendoli di bellezza. Il bisogno di respirare una nuova aria, di riprendere una nuova normalità, ha spinto il Comune di Milano, di concerto con altre istituzioni e attori della città, a scommettere sulla cultura come leva di ripartenza. Abbiamo così riconsegnato al pubblico gli spazi espositivi, i teatri, i musei e abbiamo riprogrammato, ripensato luoghi e contenuti, affinché tutti potessero finalmente tornare a beneficiarne in totale sicurezza. Ci riempie di orgoglio riaprire la stagione delle grandi mostre internazionali ospitando a Palazzo Reale Divine e Avanguardie, retrospettiva che vanta quasi 100 capolavori, molti dei quali per la prima volta in Italia, provenienti dal grandioso Museo di Stato Russo di San Pietroburgo. Il percorso espositivo si dipana in otto sezioni e si compone di due capitoli, uno dedicato all’universo femminile e alle sue molteplici rappresentazioni, l’altro alle protagoniste e alle eroine della scena artistica, storica e culturale russa dei secoli XIV-XX. Accogliere le opere di queste geniali artiste rappresenta per Milano un’occasione straordinaria. Oltre a confermare il ruolo da protagonista della città nel panorama dell’arte internazionale, la mostra è un omaggio alle donne, colonne portanti delle nostre famiglie e della società. A loro affidiamo speranze e sogni e ci auguriamo che la loro capacità inventiva possa essere la maieutica per costruire un tempo e una città migliori”.  Mentre l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno afferma: “"Palazzo Reale prosegue la collaborazione con i più importanti musei del mondo con una grande mostra che si inserisce a pieno titolo nel palinsesto 'I Talenti delle Donne', rappresentando l'universo femminile sia come soggetto delle opere, in grado di raccontare la storia e la vita del popolo russo; sia come autore, portatore di uno sguardo capace di rappresentare la propria contemporaneità privata e sociale. Un percorso originale e affascinante che accompagna il visitatore lungo secoli di storia tagliando epoche e stili molto differenti, grazie a una selezione dei capolavori del Museo di San Pietroburgo scelta direttamente dai curatori del museo”. Il Percorso espositivo restituisce un’idea dell’arte russa dei secoli XIV-XX e del fondamentale ruolo delle donne in questo Paese, della loro bellezza, del loro contributo alla Storia dell’Arte, allo sviluppo e alla modernità, al loro ruolo nella società per l’emancipazione e il riconoscimento dei diritti grazie a un ricco corpus di opere, tramite mezzi espressivi e tecniche poliedriche per restituire, nel modo più ampio possibile, l’evoluzione culturale e sociale attraverso le espressioni artistiche: sacre icone, pittura a cavalletto, scultura, grafica e raffinata porcellana dal XIV al XX. Tra gli artisti che hanno raffigurato immagini e destini delle donne i visitatori vedranno opere di Il’ja Repin, Boris Kustodiev, Filipp Maljavin.
Attraverso un mia ricerca storiografica e scientifica ed essendo uno studioso delle Avanguardie Storiche posso dire che:  La rivoluzione del 1905 era fallita, ma aveva in qualche modo favorito un’aria nuova in campo culturale. Sbocciarono movimenti, si formarono associazioni, apparvero pubblicazioni che diffondevano nuove idee. Alcuni artisti ebbero un’evoluzione personale fuori dal loro Paese, come Vasilij Vasil’evi? Kandinskij e Marc Chagall, anche se mantennero sempre solidi legami con il proprio Paese. Kandinskij  fu colui che rivoluzionò la pittura tant’è vero che a trent’ anni nel 1896, lasciò la sua posizione accademica per iniziare a dipingere schizzi e studi anatomici, quindi si trasferì a Monaco per tentare l’ammissione all’Accademia delle belle arti. Dopo essere stato inizialmente rifiutato, riuscì a entrare all’accademia pochi anni dopo, e qui fiorì sia come pittore sia come teorico dell’arte.
Per comporre le sue opere, Kandinskij disse di prendere ispirazione dagli Haystacks i mucchi di fieno iconici del pittore impressionista francese Claude Monet oltre che dalle opere del compositore Richard Wagner. Spesso paragonò la pittura alla musica come scrisse nel suo trattato La Spiritualità nell’Arte. Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914  Kandinskij tornò in Russia per qualche anno e si occupò della fondazione di musei e della riorganizzazione delle scuole d’arte, ma poi nel 1921 si trasferì di nuovo in Germania poiché era insoddisfatto dalle teorie ufficiali dell’arte imposte sotto il regime comunista. Intorno al 1910, o poco dopo, l’astrattismo fiorisce un po’ ovunque, dimostrando che i tempi sono ormai maturi per rompere decisamente con una lunghissima tradizione artistica di carattere soprattutto figurativo. In Russia, negli anni che precedono e seguono la prima guerra mondiale e la Rivoluzione d’ottobre, i movimenti d’avanguardia sono fra i più attivi d’Europa nel raggiungere posizioni astratte: il merito non è soltanto degli artisti implicati in questo massiccio aggiornamento di una millenaria tradizione, ma anche di quel controverso fenomeno che si chiama mercato dell’arte e del collezionismo che esso incentiva. Nella Russia di questo periodo, la voglia di modernità e di europeità trova soddisfazione nell’allestimento di mostre soprattutto provenienti dalla Francia e nell’importazione di sculture e dipinti da vendere sul vivace mercato di San Pietroburgo e di Mosca grazie all’interazione fra galleristi francesi, inglesi e tedeschi e mercanti russi. Cosi i giovani protagonisti del rinnovamento possono conoscere i capolavori del postimpressionismo e delle prime avanguardie, fra le quali una notevole influenza esercita il futurismo italiano, ben noto e molto apprezzato a Parigi. Nel 1910 fu fondato il Raggismo da Michail Fèdorovic Larinov  insieme a Natal’ja Goncarova sua compagna d’arte e di vita. La corrente  ha questo nome perché basata sulla dinamica di linee che si irradiano come frecce in varie direzioni, incuneandosi reciprocamente, sostenute dalla forza del colore. Il  Raggismo rosso oltre a essere esemplare per il significato dell’irraggiamento delle linee, giustifica adeguatamente l’importanza assegnata da Larionov al colore, secondo quanto è sostenuto anche nel manifesto programmatico del raggismo, pubblicato nel 1913: «Pittura seguendo le leggi del colore; creazione di forme nuove il cui significato ed espressione dipendono soltanto dal grado di forza della tonalità e dalla posizione occupata da questa in relazione alle altre tonalità;rinascita della pittura con il solo mezzo delle sue leggi esclusive». Il raggismo quindi si inserisce in quella tendenza, tipica di buona parte dell’arte moderna dall’impressionismo in poi, a rendere piuttosto il movimento che la stasi, considerando che tutto il nostro «essere» muta continuamente in modo irreversibile, che tutto in noi e fuori di noi si trasforma inarrestabilmente. Il “Suprematismo” è stato avviato da Kazimir Malevic  il quale, dopo un inizio vicino al cubismo e al futurismo il cosiddetto cubofuturismo con ricordi dei Fauves, crea questa corrente, volendo indicare, come dice lui stesso, «la supremazia della pura sensibilità nell’arte». La pittura per Malevic non può essere dunque che l’espressione del sentimento più intimo, non inquinato da alcun riferimento all’oggetto esterno, né da scopi politici, religiosi o sociali, indipendentemente dai quali essa si afferma «in sé e per sé». Nel 1913 il pittore dipinge un’opera dal titolo significativo: Quadrato nero su fondo bianco. Il quadrato nero in quanto forma geometrica non è tratto dalla realtà; quindi è «espressione della sensibilità» interiore, «non-oggettiva», contrapposto a ciò che è esterno  e che perciò per l’«io» è il «nulla» ossia il bianco: è la forma geometrica in cui tutti i lati e tutti gli angoli sono uguali, visibile da ogni parte senza che mutino i rapporti reciproci.
È la rinuncia all’invenzione della forma priva di ogni controllo e dettata solo dall’estro, per ritrovare l’assolutezza dell’idea pura e perfetta. Ed è anche la rinuncia al colore, perché bianco e nero non sono colori: ne sono soltanto gli estremi oppositivi. Ma proprio da questa opposizione nasce un nuovo significato cromatico, come accade, per esempio, nella grafica. Qualche anno dopo nel 1918 l’artista giunge, nella sua ricerca di assoluto, al limite estremo oltre il quale è impossibile andare, dipingendo il Quadrato bianco su fondo bianco nel quale attua una totale semplificazione delle forme prive di colore. Comunque, al di là di questi due casi irripetibili, la pittura suprematista di Malevic si basa sempre su forme geometriche essenzializzate e su pochi colori stesi uniformemente su forme bidimensionali. Malevic nel 1919 dice : “Ho lacerato l’abat-jour azzurro delle limitazioni di colore, sono uscito nel bianco; dietro di me, compagni aviatori, navigate nell’abisso, io ho alzato i semafori del suprematismo. Ho vinto l’involucro colorato del cielo, l’ho strappato e nella sacca che si è formata ho messo il colore e fatto un nodo. Navigate! Il bianco abisso libero, l’infinito sono davanti a noi..Quando, nel 1913, nel corso dei miei sforzi disperati per liberare l’arte dalla zavorra dell’oggettività, mi rifugiai nella forma del quadrato, ed esposi un quadro che non rappresentava altro che un quadrato nero su un fondo bianco, i critici e i pubblico si lamentarono: “È andato perduto tutto ciò che noi abbiamo amato. Siamo in un deserto. ” Consideravano questo quadrato incomprensibile e pericoloso… Ma non c’era altro da aspettarsi”.Poi ci fu il Costruttivismo che fu movimento d’avanguardia che si sviluppò in Russia nel complesso clima d’impegno ideologico e culturale degli anni successivi alla Rivoluzione del 1917. Sulla base di stimoli e suggestioni da esperienze avviate negli anni precedenti, in particolare da  Tatlin e da Rod?enko, decretando la morte dell’arte ‘da museo’ per impegnarsi nell’edificazione di una nuova società, i costruttivisti contrapposero all’arte come rappresentazione l’arte come costruzione. L’opera costruttivista, liberatasi da ogni relazione con il mondo oggettivo, è essa stessa oggetto, costruzione nello spazio, rappresentativa, al limite, del proprio processo di formazione, giungendo all’annullamento della distinzione tra forma e struttura dei materiali, e tra forma e funzione. Dalle dichiarazioni del primo gruppo di lavoro dei costruttivisti fu  fondato nel 1920 dal Manifesto del realismo  e dal Programma del gruppo produttivista , dalle tesi portate avanti dalla rivista  dal saggio di Gan Konstruktivizm, del 1922, dalle sperimentazioni condotte nell’ambito dell’Inchuk emergono le varie sfumature del movimento in esso prevalse la tendenza produttivista, orientata, più che all’autonoma ricerca formale, che poneva un rischio di isolamento dell’artista dalla società, alla realizzazione di un progetto estetico complessivo, coerente con il progetto politico dell’edificazione del socialismo. Simbolo avveniristico delle speranze nelle illimitate possibilità della tecnica, svincolata dalla logica del profitto, rimane il progetto di Tatlin per il Monumento alla 3a Internazionale  del 1919 e del 1920. Un altro esempio coevo  del 1920 di arte cinetica è una scultura di Naum Gabo costituita da un’asticciola metallica che, messa in movimento da un motore, determina volumi e immagini spaziali. Gabo è lo pseudonimo adottato dall’artista per distinguersi dal fratello Anton Pevsner . L’uno e l’altro rifiutano il funzionalismo dell’opera d’arte sostenendone la non-oggettività e, ritenendo che proprio questo sia il realismo moderno, sottoscrivono, nel 1920, il Manifesto realista. La loro scultura tende a costruire le forme non tanto come nella tradizione con i «pieni», quanto anche con i «vuoti», determinando un’arte eminentemente spaziale. Poco dopo il Manifesto realista, Aleksandr Rodcenko  e Varvara Stèpanova, sua moglie, pubblicavano il Programma del gruppo produttivista, convinti al contrario dei Pevsner che, perdute ormai le funzioni tradizionali quella religiosa, per esempio, l’arte potesse riacquistare un significato nell’età moderna, legata alla produttività industriale, solo all’interno della produzione stessa, cessando di essere «arte» nel senso consueto della parola e diventando «tecnica»: è il concetto del design, ossia della scelta, per l’oggetto prodotto in serie, di una forma perfettamente aderente all’uso. Nella Russia di questi anni, cosi ricca di vitalità, la burocrazia statale torna a prendere il sopravvento sulla libertà degli artisti. Molti di essi abbandonano il paese e, soprattutto dopo la morte di Lenin  nel 1924 e l’avvento di Stalin, l’arte sovietica subisce un’involuzione dovuta alla volontà del potere centrale, giungendo a una nuova forma di realismo al servizio dell’ideologia politica imposta dall’alto, detta realismo socialista, per lo più vuotamente retorica.
Il regime imponeva infatti di esaltare le conquiste del nuovo ordine sociale rappresentando operai in pose solenni, soldati fieri di servire la patria rivoluzionaria, donne ormai affrancate dai condizionamenti della società tradizionale, contadini capaci di utilizzare le nuove, meravigliose tecniche di coltivazione e gli strumenti della tecnologia. Con questa mostra che ci da l’opportunità di descrivere le pittrice russe che hanno dato un contributo indelebile alle Avanguardie tra cui : Olga Rozanova la sua arte  si è sempre confrontata con i grandi pittori del tempo tra cui il  suprematista Kazimir Malevich uno dei maetsri degli anni Dieci e Venti del Novecento, di Aleksandr Dejneka, Kuzma Petrov-Vodkin, autore del ritratto della poetessa Anna Achmatova e di molti altri artisti della fine del XIX e inizio del XX secolo. È l’unica tra le “amazzoni dell’avanguardia” che ha dato vita a una corrente propria di modernismo, nota come “tsvetopis”. Il termine manca di una traduzione nella storia dell’arte occidentale, ma “tsvet” in russo significa “colore”, e si tratta in effetti di una teoria che prevede la supremazia del colore nella composizione artistica, laddove nel suprematismo di Kazimir Malevich  la composizione si basava principalmente sulle forme.Come altri artisti dell’avanguardia russa, Rozanova sperimentò molto vari nuovi filoni artistici, prima di trovare il suo stile. Ebbe anche un periodo futurista e insieme con il suo amato che sposò nel 1912, il poeta Aleksej Kruchjonych, inventarono il “libro futurista”, nel quale testo e immagini si univano in una cosa sola. Il loro lavoro più noto in comune fu l’album in bianco e nero “Vojnà” (“Guerra”). Poi per un breve periodo la Rozanova entrò nel gruppo “Supremus” di Malevich. Nel 1917 dipinse i suoi capolavori “Riga verde” e “Composizione astratta”, che anticiparono di alcuni decenni l’espressionismo astratto di Mark Rothko e Barnett Newman . Varvara Stepanova moglie e compagna d’arte dell’avanguardista Aleksandr Rodchenko , la Stepanova è tra i fondatori del costruttivismo. Nel 1921 lasciò completamente la pittura, accusata dai costruttivisti di essere un’occupazione borghese, e dedicò il suo talento a un’“arte utile”, il design, soprattutto nel campo dell’abbigliamento. Divenne una degli inventori dell’abbigliamento industriale, che era basato su un’unica forma, che cambiava a seconda delle esigenze professionali. Insieme a Ljubov Popova nei primi anni Venti, lavorò nella Fabbrica moscovita di stampa su tessuto, dove sviluppò ornamenti per tessuti nello spirito delle avanguardie. Aleksandra Ekster fu una delle prime esponenti della pittura russa a passare all’arte astratta. Conobbe il cubismo nell’anno della sua apparizione, durante una visita a Parigi nel 1907, nel corso della quale incontrò Picasso , Georges Braque  e Guillaume Apollinaire . Ebbe una fase di infatuazione per il cubismo, durante la quale si fece conoscere soprattutto per i suoi paesaggi cubofuturisti di panorami d’Italia. Nel 1917 passò alla pittura astratta, distinguendosi per l’attenzione al colore e al dinamismo. Anche scenografa e costumista, realizzò splendidi progetti per il Teatro da Camera di Mosca, portando il cubismo sul palcoscenico. Zinaida Serebrjakova nella sua produzione artistica sono molto forti i riverberi dell’Art Nouveau. Le protagoniste dei suoi ritratti sono l’incarnazione della bellezza e della poesia dell’Epoca d’argento. Romantiche e serene, sembrano vivere fuori dalle tempeste della vita, in un mondo di eterna femminilità, dove non risuona il rumore angosciante delle rivoluzioni e delle guerre. Allo stesso tempo, invece, l’artista stessa è passata attraverso le macine della storia. Subito dopo la rivoluzione, perse il marito Boris, morto per il tifo contratto nelle carceri bolsceviche. Con quattro figli e la madre malata rimase senza entrate. Nel 1924, andò a Parigi, dove le era stato commissionato un grande murales decorativo, ma non le permisero di rientrare in Unione Sovietica. I due figli più piccoli, dopo due e quattro anni di attesa, poterono raggiungerla, mentre con i più grandi poté riabbracciarsi solo nel 1960, dopo 36 anni di separazione. Le opere più famose della Serebrjakova sono probabilmente l’autoritratto “Al tavolo da toletta”, e “Il candeggio della tela” dal ciclo contadino. Natalja Goncharova denominata la “suffragetta dell’arte russa” ai nostri giorni è diventata la pittrice russa più cara, visto che all’asta le sue opere hanno toccato i 6,5 milioni di sterline. Nella sua arte si fondono e vengono rielaborati neoprimitivismo, tradizionale pittura di icone e le più nuove tendenze pittoriche delle avanguardie. Dando un nuovo significato alla pittura religiosa, Goncharova ne ha creata una versione moderna nella sua serie contadina. Nella sua giovinezza, partecipò alle azioni dei futuristi, e recitò persino nei loro film-azione, a seno nudo.
Dopo la Rivoluzione, si trasferì con suo marito Mikhail Larionov a Parigi, dove lavorerà principalmente in campo teatrale, nelle “Stagioni russe” di Mikhail Djagilev. Ljubov Popova dopo essere passata per il cubofuturismo e il suprematismo, Ljubov Popova trovò la sua definitiva collocazione nel costruttivismo. Nel 1921 insieme ad altro membri del movimento si dedicò alla “produzione di oggetti”. Scrisse: “L’attività dell’artista contemporaneo rientra inevitabilmente nei confini della produzione di oggetti di consumo”. Con Varvara Stepanova  si concentrò sulla produzione di abiti per l’industria. In quelli da lei disegnati erano molto sottolineati l’aspetto costruttivo e quello funzionale. Un particolare taglio di tasche, cuciture, cinture e fibbie caratterizzava i diversi modelli: da operaio, pilota, agitatore politico e altre professioni “rivoluzionarie”. Vera Mukhina autrice di sculture monumentali, è una degli artisti che hanno dato vita al filone dello stile eroico nella scultura sovietica.I suoi eroi sono i titani della nuova vita sovietica, i conquistatori della storia. Partecipò attivamente alla realizzazione del piano di propaganda monumentale varato negli anni Venti. Il suo lavoro principale resta la scultura “L’operaio e la kolchoziana”, realizzata per l’Expo di Parigi del 1937 e oggi visibile nel Parco VdnKh di Mosca nonché riprodotta all’inizio della gran parte delle pellicole sovietiche, perché nel 1947 fu scelta dagli studi della Mosfilm come proprio simbolo. Dopo la Seconda guerra mondiale, Mukhina di dedicò ai ritratti dei membri dell’apparato sovietico. La mostra è articolata in otto sezioni: Il Cielo - La Vergine e le sante; Il Trono - Zarine di tutte le Russie; La Terra - L’orizzonte delle contadine; Verso L’Indipendenza  - Donne e società; La Famiglia  - Rituali e convenzioni; Madri - La dimensione dell’amore; Il Corpo - Femminilità svelata e Le Artiste - Realismo e amazzoni dell’avanguardia. In questa ultima sezione saranno presenti le donne artiste, “mazzoni dell’avanguardia russa”, che furono attive nei primi trent’anni del Novecento quando vennero creati veri capolavori da artiste come Natalia Goncharova, Ljubov Popova, Aleksandra Ekster e altre ancora. La mostra si conclude con la famosa scultura di Vera Mukhina “L’operaio e la kolkoziana”, creata per il padiglione dell’URSS all’Esposizione Internazionale del 1937 a Parigi. La mostra rientra nell’ambito dell’anno incrociato Italia-Russia per i musei e la cultura indetto dai rispettivi Ministeri degli Affari Esteri ed è stata realizzata grazie al sostegno di alcune realtà che hanno creduto nel progetto nonostante il periodo difficile che tutti stiamo vivendo, per questo motivo ci teniamo particolarmente a citare: in primis VTB Bank, sponsor ufficiale del progetto presente dalla prima ora, l’azienda Kohro che ha dato un contributo di grande eleganza conferendo i tessuti che sono parte integrante dell’allestimento, eleganza che ritroviamo anche negli Hotel partner del progetto: Grand Hotel et de Milan e Straf Hotel o ancora grandi gruppi come Alfasigma, Bper e Tenaris Dalmine che hanno dato valore e sostegno al progetto con la speranza di una ripartenza per tutto il comparto della cultura. La mostra rientra nel palinsesto del Comune di Milano-Cultura  con il catalogo “I talenti delle donne” Edito da Skira.
 
 
 
Palazzo Reale di Milano
Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa
28 Ottobre 2020 al 19 Settembre 2021
Dal Martedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.30
Chiuso il Lunedì