Giovanni Cardone Settembre 2022
 
Fino al 6 Ottobre si potrà ammirare presso la Casina dei Mosaici di Villa Favorita ad Ercolano – Napoli la mostra Re- Genesis II Act dell’artista coreano Jeong-Yoen Rhee a cura di Paola de Ciuceis. L’esposizione dell’artista coreano vista a Napoli per la prima volta nel 2021 su impulso di KenKim per Kips Gallery di New York,  ritorna in esposizione ospite della Fondazione Ente Ville Vesuviane. Nel contempo si ringrazia il Museo Madre per la concessione del Matronato. Come dice la curatrice Paola de Ciuceis : “Rispetto all’esposizione presentata al Pan, subito dopo il lockdown, questa sarà l’occasione di conoscere l’artista che, alla precedente iniziativa non riuscì ad arrivare per le rigide disposizioni anti Covid. Il fascino del luogo avrà la sua parte nel far risplendere le opere di Jeong-Yoen Rhee mettendole a confronto con i mosaici borbonici. Per molti napoletani sarà anche l’occasione per conoscere un sito di grande interesse storico artistico che raramente viene visitato”. In una mia ricerca storiografica e scientifica sull’arte contemporanea coreana e sulla figura  Jeong-Yoen Rhee apro il mio saggio dicendo :  Lungo il percorso che mi portava a Villa Favorita mi sono posto tantissime domande sia sull’artista che sull’arte coreana , entrando nella Casina dei Mosaici di Villa Favorita sono rimasto incantato dai linguaggi e dalle opere dell’artista questo magico incontro tra l’artista e il luogo d’esposizione, le opere decorata da mosaici realizzati con scaglie di madreperla e porcellana provenienti dal Real Laboratorio di Capodimonte che dialogano perfettamente con la preziosa pittura di Jeong-YoenRhee nota per dipingere senza pennello, mescolando i colori con la mano e stendendoli con il dito indice. La particolarità dell’artista è anche quella di dipingere solo con prodotti organici tra i quali la creta, la cenere vulcanica, la polvere di carbone e di oro, il guscio d’uovo e soprattutto la madreperla e l’argilla rosa che donano un senso di mistero alle sue opere d’arte. Lo stesso senso che si ritrova nei mosaici che affrescano la Casina dei Mosaici di Ercolano, questo edificio che storicamente fu opera di Ferdinando Fuga, denominato la “Favorita” dal re Ferdinando IV di Borbone in omaggio alla regina Maria Carolina d’Austria, presenta un impianto planimetrico piuttosto inconsueto che si discosta dagli schemi ricorrenti tipici delle ville settecentesche del Miglio d’Oro. La facciata, che si sviluppa lungo la Via Regia delle Calabrie non presenta, infatti, lungo l’asse centrale aperture che consentono una diretta comunicazione dalla strada verso il parco. I due cortili d’accesso, simmetrici, sono collocati lateralmente ed il corpo centrale si dilata verso una direttrice posta in asse con il mare, concludendosi al piano rialzato, con un terrazzo posto in cima ad uno scalone semicircolare. Le scale di collegamento tra i piani sono poste alle estremità delle ali. La grande area del parco della “Villa Favorita” ricca di essenze mediterranee ed esotiche alquanto rare, interrotto nella sua continuità dalla linea ferroviaria e da un asse viario, si conclude verso il mare con l’approdo borbonico. Utilizzata impropriamente per lungo tempo, l’area del parco prospiciente al mare è tornata all’antico splendore grazie all’intervento dell’Ente per le Ville Vesuviane, ora Fondazione. Il vivace intreccio di viali alberati, di lecci conduce alla giostra e ad una cappella che adornano il parco raccontando la storia di uno dei periodi di maggiore splendore della villa: proprietà del Principe di Salerno Leopoldo di Borbone, dal 1823 fu aperta al pubblico, arricchita di giostre e strutture ginniche alla moda tedesca, edifici monumentali cosiddetti “ Case Coloniche”, “Cappella”, “ Lavanderia”. Leopoldo Principe di Salerno, figlio di Ferdinando IV, fece costruire dei giochi che nei giorni di festa apriva ai sudditi: orchestrine caroselli, bande e giostre a forma di cavallo, di barca. Oggi a noi resta la Palazzina del Mosaico,una peschiera e resti di alcune giostre.La Casina fu probabilmente acquistata in seguito al lascito alla famiglia reale anche se è già raffigurata nell’incisione di Francesco Sicuro del 1777 dedicata al Principe di Jaci. Sicuramente fu modificata nel suo impianto e nella decorazione della sala da gioco, resa unica dall’utilizzo di materiali, come la madreperla ai cocci di porcellana, che compongono mosaici suggestivi messi in opera, per volontà del re, grazie all’esperienza dei maestri locali, probabilmente formati presso il Real laboratorio di Pietre dure di Capodimonte. Il panorama che si ha la possibilità di ammirare dal retro della Casina dei Mosaici e tra i più suggestivi del Golfo di Napoli. Il molo, storico approdo Borbonico, permetteva alla Famiglia Reale di giungere al sito ercolanese direttamente via mare. È qui che Ferdinando IV di Borbone, scelse di approdare quando nel 1802 tornò da Palermo dove si era rifugiato in seguito ai moti rivoluzionari del 1799. L’Antico Approdo Borbonico, e l’edificio dei Coffee House, formato da due torrette che fiancheggiano la discesa a mare secondo l’uso dell’epoca, sono ancora visibili, ma il rapporto tra il litorale e l’intero giardino fu completamente stravolto dalla costruzione del tratto ferroviario del 1839. Le “Montagne Russe”, in realtà rappresentano il coffee house più bello del parco. Aggiunto nel 1854, sembra un piccolo teatrino all’aperto arricchito da una peschiera ed una fontana. Durante l’anno venivano allestiti in occasioni dei giochi aperti al pubblico, degli scivoli con passerelle di legno, da qui l’attribuzione del nome di “Montagne Russe”. Per chi avrà il piacere come me di vedere questa bellissima mostra di Jeong-Yoen Rhee le opere sono di grande impatto visivo ed emozionale la sua ricerca espressiva si  concretizza in una forma d’arte ambientale volta alla ricerca di una connessione bio-vegetale , l’artista indaga sulla relazione uomo-natura. In esposizione troveremo la summa dell’ultimo ventennio nel quale confluiscono gli anni di formazione, prima a Seoul alla scuola di pittura orientale del maestro Jong Sang Lee, poi anche negli Stati Uniti con un diploma al Pratt Institut e un dottorato alla Columbia University  di New York in cui seguono le esperienze in Europa tutti passaggi che, nel tempo, ne fanno una delle più influenti personalità contemporanee, espressione di quella generazione di artisti coreani che hanno vissuto tra Occidente e Oriente sviluppando un dialogo tra i due mondi ed una sintesi dell’incontro tra il nostro modernismo e il loro spiritualismo. Posso dire che l’arte contemporanea coreana nasce in una fase immediatamente successiva al conflitto sarà tutt’altro che pacifico in Sud Corea che va dal 1961 al 1987, quando la Corea del Sud diventa una Repubblica democratica, si susseguono colpi di stato e dittature militari. Allo stesso tempo il Paese passa da essere una Nazione povera, prevalentemente agricola e devastata ad essere un Paese sempre più sviluppato, industrializzato, fino a diventare la potenza economica che è oggi. Ciò avrà un grosso impatto sulle nuove generazioni, in particolare dal punto di vista sociale. In questo nuovo contesto i giovani hanno maggiori possibilità di viaggiare e studiare all’estero. Quasi tutti gli artisti che escono dall’area affrontano profondi mutamenti di stile, sono ben ricettivi alle tendenze contemporanee fondendo nuovi stili e tecniche con le proprie. La seconda metà degli anni Cinquanta è stato il periodo più fruttuoso per i nuovi movimenti artistici coreani, si formano in questo periodo diversi gruppi artistici, giovani che si uniscono per delineare insieme un’estetica comune. Nel 1957 nascono importanti gruppi che importeranno e svilupperanno le neoavanguardie occidentali in Corea delineando sin dal principio la propria estetica, quali The modern art society, The modern artists society, The creative artists society. Nel 1958 The modern artists society abbraccia completamente la linea dell’arte informale. L’arte Informale si era sviluppata in Europa all’inizio degli anni Cinquanta nel clima del dopoguerra, la tendenza era arrivata prima in Giappone, poi in Corea. Alcuni artisti avevano una linea più simile a quella degli espressionisti astratti americani, altri a quella dell’Informale europeo, ma fu il nominativo Informale a prevalere, probabilmente perché introdotto in questi termini dal Giappone. L’attecchire di questa arte fu facile, gli artisti rivedevano la gestualità dell’arte calligrafica nell’arte Informale, l’energia che scaturiva dal gesto pittorico e quindi dal corpo, richiamava il potere e il fascino della calligrafia tradizionale. Allo stesso modo gli artisti occidentali si interessano a queste tecniche e tradizioni dell’estremo oriente: la filosofia, l’arte, il buddismo zen, appaiono i primi articoli critici sull’impatto dell’arte orientale sugli espressionisti astratti. Gli artisti coreani che si avvicinano all’Informale iniziano a creare opere caratterizzate da fitti e pastosi strati di colore, pennellate aggressive, un’arte estremamente gestuale applicata ad enormi tele. La differenza con l’Informale europeo sta nel maggior uso di colori scuri, creando un effetto estremamente pesante rispetto al brillante colorismo degli europei. La tela viene concepita come lo specchio della vita stessa, piuttosto che come un luogo per esprimere un sentimento e un dramma interiore più tipico dell’Informale e dell’Espressionismo astratto.
L’atteggiamento dei giovani è quello di sfida e di rifiuto nei confronti degli accademici del Kook-jeon, tuttavia l’eccessiva volontà di voler mostrare la propria estetica radicale non fu accompagnata da una linea di ricerca e di sviluppo delle teorie del nuovo metodo creativo, divenendo così un eco vuoto, come dimostra la saturazione dell’arte Informale negli anni Sessanta. Lo stesso accadrà per nuovi giovani gruppi inclini ad altre tendenze di derivazione europea, come The creative artists society, costituito da artisti vicini al simbolismo e allo stile impressionista e The modern art society, interessati a tecniche della deformazione, ai simboli e segni. La nascita della mostra The Invitational Exhibition of Modern Artists accelererà l’arrivo dell’arte astratta, che si svilupperà alla fine degli anni Cinquanta, dominando il decennio successivo. La mostra combinava insieme varie e complesse attività artistiche di diversi gruppi e divenne il cuore di una nuova coscienza radicale sotto le parole d’ordine “moderno” e “avanguardia”.Mentre l’arte Informale si diffondeva progressivamente, nel 1960 viene fondato Mookrim-hoi che significa The Association of the Forest and Chinese Ink organizzato nel 1960 da giovani laureati della Seoul National University, che si autoproclamarono l’unico gruppo di giovani avanguardisti a fare ancora Korean Oriental Painting. Lavoreranno attivamente dal 1960 al 1964, enfatizzando gli slogan di antitradizionalismo e anti-forma, cambiando il vecchio sistema di valori. Eliminarono i materiali e i metodi convenzionali, sperimentarono e presero padronanza di nuove tecniche che rompevano con le vecchie convenzioni della pittura orientale. Queste sperimentazioni erano strettamente legate alla crescita in Corea dell’arte Informale. Sono anche gli anni in cui si rompono le barriere di genere e finalmente le donne entrano a far parte della scena artistica nazionale. Come accennato precedentemente il diffondersi dell’arte Informale alla fine degli anni Cinquanta porta anche al diffondersi dell’arte astratta nei primi Sessanta, gli artisti astratti crescono di numero in questo periodo e iniziano a dominare il circuito artistico. Ciò porta a un forte dibattito e controversia tra le tendenze di arte astratta e concreta, dibattito già avvenuto in Europa nell’immediato dopoguerra. Il 1967, decimo anniversario dell’arte Informale, è un anno cruciale che marcherà un’epoca. Viene inaugurata The United Exhibition of Young Artists, formata da un gruppo di artisti che si uniscono al fine di sviluppare diversi stili che stessero a metà tra astrattismo e realismo, che superassero il dibattito e recuperassero l’interesse per la natura. Ognuno era impegnato nelle proprie pratiche artistiche ma c’era un fattore comune che li univa ed era la voglia di sperimentazione, vivida risposta alla tendenza internazionale dopo il periodo dominato dall’arte astratta. Nella fase post-Informale vengono assorbite ancora nuove tendenze provenienti da Occidente: Op Art, Pop Art, Neo-Dada, Happenings e Iperrealismo. The Association of Korean AvantGarde (AG) nel 1969 prova ad essere un gruppo d’avanguardia davvero sperimentale, in attività quali pubblicazione di bollettini, mostre a tema, apertura di biennali. Se nel mondo artistico degli anni Sessanta ci si muove verso la sperimentazione più aperta, le direttive governative erano di tutt’altro auspicio. Il generale Park Chung-Hee, dopo il colpo di Stato del 1961, diventerà il terzo presidente coreano, in carica fino al 1979 e si farà testimone e rappresentante di una nuova ondata di nazionalismo. L’arte doveva essere fondata sull’identità nazionale, senza contaminazioni occidentali, a tal fine si promulgano leggi per la protezione dell’assetto culturale, si sponsorizzano una serie di politiche e iniziative per la promozione della cultura nazionale, si erigono statue in bronzo raffiguranti patrioti ed eroi coreani e si cerca di ravvivare l’interesse per la tradizione popolare: musica, balli, pittura. Ne consegue la riapertura del dibattito sull’identità dell’arte coreana. Una parte del mondo artistico sosteneva che gli elementi stranieri erano sempre stati integrati nella cultura domestica, e il voler enfatizzare troppo la “coreanità” e l’identità nazionale avrebbe potuto ostacolare lo sviluppo dell’arte contemporanea e l’internazionalizzazione della stessa. Sull’altro fronte si sosteneva che l’arte doveva rappresentare ed essere interpretata da uno specifico sentimento coreano, a sostegno di questa tesi venivano utilizzati slogan quali: «Things Korean are things Global». È da questo acceso dibattito che nel 1970 nasce il movimento denominato Monochrome Art o Single Color Painting (dansaek-hwa), tentativo di esprimere l’identità nazionale, senza però ignorare i trends internazionali. Fino ai primi anni Ottanta la scena sarà dominata da lavori, per l’appunto, monocromatici.
La piattezza della superficie della tela e della stesura del colore viene inteso come spazio ideale per esprimere la calma, l’armonia, uno spazio meditativo. I metodi di lavoro sono differenti, ma ciò che unisce ogni singolo artista è l’enfasi sulla piattezza della superficie, l’insistenza sulla mentalità orientale e la conseguente visione e valore che viene dato alla natura, con la regola ferrea dell’utilizzo di un solo colore per dipinto. Gli aspetti della tradizione orientale enfatizzati e utilizzati sono: il monocromo, la sfumatura e l’espressione minimalista. Questi artisti si sentivano eredi della Korean literati tradition, dell’arte calligrafica tradizionale, e della spiritualità buddista. L’utilizzo del singolo colore, di solito bianco o comunque un colore abbastanza neutro, voleva richiamare le tonalità utilizzate nella nativa Corea durante il regno di Silla nei recipienti di terracotta e nella porcellana del periodo Chos?n. Senza voler imitare, ma nel contempo, senza cercare di sentirsi immuni agli influssi stranieri, il gruppo tenta di superare la dicotomia est–ovest, tradizione–modernità. La Monochrome art diventerà il movimento rappresentativo dell’arte moderna coreana all’estero, dominerà il circuito artistico fino al 1980 circa, al punto che inizieranno ad essere mosse forti critiche al movimento per l’eccesso di potere e di influenza esercitato nel mondo dell’arte e nelle esposizioni internazionali. È in questo contesto di critica che emerge la Minjung art, un movimento che concepiva l’arte non come elitaria, ma popolare. Recuperando tematiche quali: la pittura di soggetto buddista, sciamanico, di genere (scene di vita quotidiana) e la folk art. Prima differenza con la Monochrome art, a cui il movimento si contrappone, è che più che un vero e proprio movimento artistico il Minjung è un movimento culturale di opposizione alla cultura capitalista e che punta a creare un’unica cultura nazionale fondata sulla comunione delle masse, rifiutando le forme e il linguaggio figurativo occidentale che creava una certa distanza con il popolo, destinatario di quest’arte, prediligendo il recupero delle tradizioni popolari. Esso fu in definitiva più un movimento di resistenza politica che di esplorazione delle forme artistiche e il sentimento antioccidentale che lo ha connotato era un passo obbligato al fine di giustificare il nazionalismo di base del movimento. Le principali caratteristiche dell’arte Minjung sono: l’enfasi sul soggetto raffigurato e sulla narrazione -più che sulla tecnica-; la preferenza di uno stile realistico che possa essere compreso facilmente dalle masse, in contrapposizione al complesso e difficilmente decifrabile linguaggio astratto; l’Influenza dell’arte buddista, folk, dell’incisione su legno e della pittura di genere e l’Identificazione con l’utopistica cultura delle fattorie collettive. Gli artisti Minjung si confrontano con i problemi contemporanei della Corea moderna: il nuovo ordine mondiale capitalista, la corruzione governativa, le difficoltà dei lavoratori, operai e contadini, la recente divisione tra nord e sud, la dipendenza economica, militare e culturale dagli Stati Uniti d’America e il nuovo tipo di imperialismo che ne consegue. Tutto ciò avviene in un periodo di estrema agitazione popolare, nel 1980 inizia un’ondata di manifestazioni in tutta la Corea contro la dittatura di Chun Doo-hwa. Epicentro delle proteste fu la cittadina di Gwangju, bastione dell’opposizione democratica. In questo contesto gli artisti Minjung utilizzano l’arte a fine politico, i contenuti satirici e ironici celano il disprezzo nei confronti del governo, ridicolizzando le condizioni attuali attraverso opere che sembrano non aver nulla a che fare con gli eventi reali. Il movimento inizierà a collassare nella seconda metà degli anni Ottanta, l’arte Minjung era soprattutto un’arte di tipo collettivo, la seconda generazione trovava difficoltà in questo tipo di espressione, sentiva l’impossibilità di poter esprimere la propria individualità. Monchrome e Minjung art hanno entrambe reinterpretato la tradizione artistica coreana, seppur in chiavi diverse. La Monochrome art ha innestato la tradizione nella modernità con un approccio spirituale e da un punto di vista storico–intellettuale per distinguersi dall’Occidente. La Minjung art, con la sua carica critica, la sua resistenza ideologica alle condizioni contemporanee, ha arricchito la tradizione di nuovi significati. Entrambe, piuttosto che preservare le forme originarie della tradizione, sono state in grado di darle nuove forme e significati tenendo il passo con i trends artistici degli anni Settanta e Ottanta . Sul finire del decennio la Corea del Sud si apre in via definitiva al mondo: riallaccia le relazioni diplomatiche con Unione Sovietica ed Est Europa, proclama le prime elezioni democratiche nel 1987, vengono organizzate le Olimpiadi a Seoul nel 1988, gli scambi con il mondo occidentale si fanno più intensi.
Questi eventi hanno ripercussioni sul mondo artistico, che sente sempre più la necessità di far conoscere il proprio lavoro al di fuori dei propri confini. Quell’eccessivo nazionalismo che aveva caratterizzato gli ultimi decenni viene meno, lasciando il posto al desiderio di globalizzazione, portando così la nuova generazione di artisti ad essere finalmente libera di esprimere a pieno la propria prospettiva individuale, sulla Corea, sulla politica, sull’arte, sul mondo. L’ultimo decennio del XX secolo è stato per la Corea il più ricco di cambiamenti dal punto di vista culturale e artistico. Nel 1993 venne inaugurata dal governo guidato dal Presidente Kim Young-sam «l’era della globalizzazione». Il primo governo democraticamente eletto della Repubblica di Corea si rese conto che i confini tra le nazioni stavano scomparendo, con conseguente sviluppo dei sistemi di comunicazione, dell’informazione tecnologica e del mercato globale. La Corea che era sempre stata pressoché a sé dal punto di vista etnico e aveva una forte tradizione nazionalista, in questa nuova società globale doveva imparare a convivere armoniosamente con il resto dell’umanità. Fino agli anni Novanta viaggiare all’estero per i comuni cittadini non era la norma, è in questo periodo che si verifica un boom di studenti universitari e lavoratori che si trasferisce all’estero e la classe media inizia a viaggiare semplicemente per piacere e curiosità. La possibilità di viaggiare dava anche l’opportunità di vedere direttamente che cosa stava accadendo sul piano artistico e culturale nelle altre nazioni, offrendo spunti ad artisti e curatori. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta gli artisti coreani avevano partecipato ad esposizioni internazionali quali: la Biennale di San Paolo, la Biennale di Parigi e la Biennale di Venezia, tra il 1983 e il 1993 la presenza coreana a questi eventi. Ma è negli anni Novanta che si iniziano ad organizzare eventi artistici su larga scala sul territorio nazionale, nel fermento di questi cambiamenti sociali gli artisti furono i più reattivi e sensibili al cambiamento, tentando di interpretarlo e declinarlo all’insegna della sperimentazione. Tra questi artisti della nuova generazione, Nam June Paik è sicuramente l’artista coreano più famoso a livello internazionale, considerato il pioniere della Video Art, emblema di questa nuova generazione trasferitasi oltreoceano per sviluppare la propria formazione. Nato in Corea, da adolescente si reca a studiare in Giappone, successivamente in Germania dove studia musica, fino ad arrivare negli Stati Uniti dove si stabilisce dal 1964. Sperimenterà diversi materiali e forme d’arte ed entrerà a far parte del gruppo artistico Fluxus, nel 1963 partecipa alla mostra considerata oggi la prima esposizione di video arte, dal titolo Exposition of Music – Electronic television, dove si mescolano musica elettronica e immagine elettronica, e nella quale presenta l’opera Tredici distorsioni per televisioni elettroniche. Nel 1993 vince il Leone d’oro alla quarantacinquesima Biennale di Venezia. Il suo lavoro di singolo artista è stato d’ispirazione a un’intera nuova generazione coreana, è stato direttamente coinvolto in molti eventi artistici internazionali, di aiuto e d’ispirazione nel delineare le politiche artistiche governative: non ci sono dubbi che sia stato in grado di anticipare e influenzare le tendenze artistiche degli anni Novanta in Corea. Paik pur adottando le tecnologie occidentali e lavorando con medium moderni e non tradizionali, non si è mai limitato alla mera imitazione dello stile occidentale, ma la sua estetica rimane fortemente radicata alla sua cultura natia.
Ha dimostrato che mantenendo una sensibilità nazionale è possibile raggiungere il successo internazionale e che i coreani possono ambire a un audience diversificato senza necessariamente aderire alle teorie estetiche occidentali. La scena artistica coreana prima degli anni Novanta era stata dominata dalla tendenza Minjung e da quella astratta, la prima veniva identificata con il realismo e la seconda con il modernismo. Questa divisione netta, che si rifletteva nelle affiliazioni politiche degli artisti, critici e storici e nella dicotomia tra cultura popolare ed elitaria, veniva adesso analizzata e criticata dai giovani artisti in un’ottica totalmente personale. La Corea si ritrova all’improvviso catapultata nell’era postmoderna e ad affrontare nuove questioni con cui non aveva mai avuto occasione di rapportarsi, quali la pop culture, il femminismo, l’omosessualità. In generale possiamo far partire l’epoca postmoderna tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando nel mondo occidentale prendono vita una serie di movimenti di opposizione alla società capitalista e all’imperialismo ed avviene un radicale cambiamento dei valori che raggiunge l’apice nella rivoluzione sociale del 1968. Ciò porta a un estremo scetticismo nei confronti della società moderna, opposto alla totale fiducia che si aveva nei confronti della scienza e del progresso durante la prima metà del XX secolo, quando fioriscono le avanguardie storiche. Possiamo definire il postmodernismo come un’espressione del malcontento generale della società globale piuttosto che l’antitesi della società moderna. Il termine, partendo dal campo della letteratura, si è diffuso nel campo dell’architettura, delle arti e delle teorie culturali. Ora che l’avanguardismo e l’ideologia modernista erano tramontati quali linguaggi usare in arte per interpretare la contemporaneità? Questo si domandava il mondo artistico. La Corea arriva più tardi a indagarsi su queste questioni, dagli anni Ottanta in poi, proprio mentre il dibattito inizia ad attenuarsi negli Stati Uniti. Del resto, era un dibattito inevitabile, essendo la Corea sotto l’influenza americana e l’America attrice principale sullo scenario postmoderno. Ma se il contesto sociale e politico, il revival, la diversificazione di tendenze, la riflessione sui modi di rappresentazione sono questioni comuni a tutto il mondo artistico, al contesto coreano se ne aggiungono altre legate all’identità coreana stessa. È quello che potremmo definire «the avant-guard dilemma», ovvero la difficoltà degli artisti nell’epoca postmoderna di scegliere una direzione tra tre diverse tendenze: quella internazionale, tradizionale o ibrida. È meglio rimanere a metà strada tra i trends internazionali e quelli locali, oppure sviluppare un nuovo tipo di arte? Come superare l’arte moderna coreana d’avanguardia per creare un’arte postmoderna coreana di successo? Le risposte a queste domande, se esistono, sono ostacolate da diversi fattori: la difficoltà di incontrare il gusto del pubblico, in quanto la divisione tra il gusto proletario e quello borghese è ancora attuale in Corea, così come l’opposizione tra chi ricerca un’arte più tradizionale rispetto a chi segue i trends internazionali; il tentativo di conservare nell’epoca postmoderna un’originalità in un mondo sempre più privo di confini, è difficile per i nuovi artisti distinguere in maniera netta la cultura tradizionale da quella internazionale, specialmente nel nuovo millennio gli artisti iniziano a desiderare di creare un’arte propria, personale, slegata da un’identità nazionale che non è più chiara e definita; la difficoltà di essere unici, di non ripetersi e Il problema di analisi critica ed estetica della società globale. Vista la velocità con cui la Corea è diventata una superpotenza mondiale, il veloce processo di globalizzazione e “americanizzazione” e il conseguente sconvolgimento a cui la società è stata sottoposta, risulta difficile reperire strumenti di analisi oggettiva. L’esempio prima accennato di Nam June Paik può essere perfettamente inserito in questo contesto, nella ricerca di soluzioni al dilemma e come caso di creazione di un’arte ibrida coreano-internazionale. Dal punto di vista del sistema dell’arte avvengono importanti cambiamenti nel decennio: lo sviluppo e l’incremento del numero dei curatori, grazie anche a una specifica preparazione universitaria; il ruolo centrale delle istituzioni artistiche, specialmente musei privati e spazi alternativi assumono ruoli maggiori in campo decisionale e promozionale; l’emergere di spazi alternativi, nati con i più diversi intenti: per progetti site-specific, per creare luoghi di scambio di idee, dibattiti, confronto, per supportare gli artisti e assicurargli un luogo dove esporre e l’incremento dei fondi pubblici e promozione degli artisti nazionali, organizzando anche collaborazioni internazionali e sviluppando un network di artisti. Tra gli eventi più significativi avvenuti nella prima metà del decennio vi è la prima Biennale di Gwangju del 1995, diretta verso un audience internazionale nella nuova era globale. Storicamente l’area di Gwangju era conosciuta come un luogo di artisti, grazie all’alto numero di pittori che provenivano dalla regione. Ma in realtà la scelta di questa città fu più dettata da ragioni politiche, dopo il massacro del 1980 si voleva recuperare l’immagine della città. Ingerenze politiche a parte, questa Biennale permise a molti giovani talenti di apparire sotto i riflettori internazionali, grazie ad artisti e curatori provenienti da tutto il mondo che vennero in visita alla Biennale si crearono connessioni e incontri. Dalla fondazione di questo evento si innesca in Corea una sorta di “sindrome Biennale”, successivamente vengono inaugurate: The Busan Biennale, The Cheongju international industrial Arts Biennale e The international Pottery Biennales of Gwangju, Incheon and Yeoju al fine di creare un’identità culturale per queste piccole città e promuovere il turismo e l’industria.
 
 
 
La mostra è suddivisa in quattro momenti :
 
Re-Genesis
La sua sfida è un riordino del caos universale partendo dagli oggetti più noti e riconoscibili per raccontare il mondo in un altro modo. Proprio come un demiurgo Rhee impasta con le mani senza la mediazione di strumento alcuno: senza spatola né pennelli, solo con l’uso del polpastrello per stendere e definire con straordinaria padronanza del mezzo, nell’imprimere la giusta dose necessaria sino a ottenere l’effetto desiderato e a trasmettere il senso estetico della sua visione.
 
Natura
Jeong-Yoen Rhee rievoca la terra – fiori, piante, frutta – nella scelta dei materiali e nell’uso di un metodo artigianale, per esempio mescolare il terreno con le mani o stendere i colori con il dito; il risultato è una teoria di raffinate combinazioni – scandite da immagini iconiche tratteggiate da forme casuali ma fortemente evocative, stilizzate nel tratto gentile e poetico tipico della tradizionale orientale a pennellata lunga e stile calligrafico, espressione di una visione delicata ma profonda dell’arte e della vita. Per l’intelligenza e la sensibilità con la quale affronta certi temi, i dipinti di Rhee si distinguono per il lirismo con cui conquistano l’occhio ai significati più profondi. Scandite da forme irregolari, le opere richiamano fisionomie note come sfere, imbuti, caffettiere, strumenti a fiato, alberi, pesci, fiori di loto, astri che sapientemente intrecciati agli elementi della natura – acqua, pioggia, pietre, conchiglie, frammenti ossei – suggeriscono l’immedesimazione con il cosmo. Un discorso a parte, va riservato al bambù, tema molto popolare nella cultura tradizionale dell’artista e spesso presente per il significato fortemente simbolico che lo caratterizza: forte e resistente, con quelle sue articolazioni cave flessibili ma sempre dritte, è emblema di fermezza ed esempio per l’individuo che nella condivisione di abilità e valori può trovare il perno della società.
Spiritualità e religione
Pratica zen, meditazione e yoga accompagnano da sempre la vita di Jeong-Yoen Rhee che mutua le sue rappresentazioni espressive proprio dalle immagini mentali di questa consuetudine; guidata da flussi di luce spirituale l’artista incanala flussi di emozioni e coscienza che si materializzano in rappresentazioni del mondo, della natura, dello spirito stesso, l’artista lega strettamente arte e vita. Ponendo al centro la religione, suggerisce all’osservatore un viaggio tra occhi e mente per alleggerire con la vita che non sempre è semplice spogliandola dei pesi con la preghiera, la riflessione.
Materiali e tecniche
Grande sperimentatrice, Rhee si distingue per la scelta dei materiali che adopera selezionandoli tra i prodotti organici che preferisce a quelli industriali per la capacità di mantenere nel tempo tonalità uniche e proprietà originali quanto a odori e colori. Tra i più usati: la lacca, presa direttamente dall’albero della lacca; ancora, la creta, la terra e la cenere vulcanica, la polvere di carbone e di oro, il guscio d’uovo, la madreperla, l’argilla rosa che nei loro riflessi e tonalità donano un’aura di mistero. Tra i supporti, preferisce la carta coreana fatta a mano dal gelso, la tela di canapa tessuta al telaio oppure con speciali macchine cui si deve quel tessuto dalla trama ruvida degli abiti tradizionali nazionali. Alla continua ricerca del divino, non conosce confini nella definizione delle forme e si muove con disinvoltura tra le due e le tre dimensioni. La tridimensionalità, difatti, le permette di esprimere l’armonia della natura e l’energia della vita spirituale.
Il Catalogo della mostra di Jeong-Yoen Rhee Re- Genesis II è stato realizzato da Paparo editore.
Biografia Jeong Yoen Rhee
Nata a Seoul nel 1952. Rimasta a studiare arte nella capitale sud coreana fino al 1988, si è poi trasferita a New York. Nella sua lunga carriera, ormai ultra quarantennale, ha esposto negli Stati Uniti, in Corea, Portogallo, Spagna, Germania, Francia, Australia, Giappone e Kenya. Jeong-Yoen Rhee è famosa per l’originalità dei suoi lavori che concepisce “come una forma di arte ambientale”. Con la complicità della pratica zen, della meditazione e dello yoga, “sviluppa una riflessione sulla vita che nasce dall’osservazione della natura per arrivare alla relazione uomo-natura, uomo-destino”. Una pittura resa preziosa anche dall’uso dei materiali e dei supporti. In particolare l’artista si distingue per la scelta di utilizzare prodotti organici rispetto a quelli industriali in virtù della capacità che hanno di mantenere nel tempo tonalità uniche e proprietà originali anche rispetto a odori e colori.
Education
1993 Studied Art Education in Doctoral Program at Teachers College, Columbia University (ED.D.CT), New York, U.S.A.
1988 Graduated from Pratt Institute (M.F.A), Brooklyn, New York, U.S.A.
1984 Studied Art Education Graduated School of Seoul National University, Seoul, Korea
1975 Graduated from College of Fine Arts Seoul National University (B.F.A), Seoul, Korea
Solo Exhibitions
2022 42th- Solo Exhibition, Casina de in Mosaici of Villa Favorita Napoli, Italy (07/06/2022~10/06/2022)
2020 41th- Solo Exhibition, Palazzo delle art napoli, Napoli, Italy (10/14/2020~02/12/2021)
2019 40th- Solo Exhibition, Seoul Arts Center First Floor Hall 1-2, Seoul, Korea
2017 39th- Solo Exhibition, Space Gallery, Seoul, Korea
2015 38th- Steinberg Museum of Art at Hillwood
2014 37th- Palazzo Tagliaferro Museum, Andora, Italy
2014 36th- Ueno Royal Museum , Tokyo, Japan
2012 35th – ART ASIA/1, Kips Gallery, COEX, Seoul
2011 34th – Invitation Exhibition, Kips Gallery, NewYork, Chelsea
2010 33th – Invitation Exhibition, Chelsea West Galley, NewYork, Chelsea
2010 32th – ART KARLSRUHE, Germany
2009 31th – CASO (Contemporary Art Space Osaka), Osaka, Japan
2007 30th – KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2007 29th – Invitation Exhibition, Gallery Oms, New Jersey, U.S.A.
2006 28th – Invitation Exhibition, Galerie BHAK
2006 27th – KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2005 26th – KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2004 25th – Insa Art Carnival, Insa Art Center, Seoul
2004 24th – SFAF, Seoul Arts Center, Seoul
2004 23th – KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2003 22th – KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2002 21th – Osaka Museum, Japan
2002 20th- KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2001 19th – Invitation Exhibition, Kovayashi Gallery, Tokyo, Japan
2001 18th – Invitation Exhibition, Dongsanbang Gallery, Seoul
2001 17th – Invitation Exhibition, Sungkok Art Museum, Seoul
2001 16th – KCAF (Korean Contemporary Art Festival), Seoul Arts Center, Seoul
2000 15th – Gallery Art Fair (Dongsanbang Gallery Invitation), Seoul Arts Center, Seoul
2000 14th – Invitation Exhibition, Gallery Grimsi, Suwon
2000 13th – MANIF Seoul International Art Fair, Seoul Arts Center, Seoul
1999 12th – MAC 2000, Paris, Prance
1999 11th – Keumho Museum, Seoul
1999 10th – Invitation Exhibition Marking Foundation of CAMOS, Gallery Ami, Seoul
1998 9th – Gallery Art Fair (Gallery Ami Invitation), Seoul Arts Center, Seoul
1998 8th – Wonju Chiak Culture & Art Center, Wonju
1998 7th – Kongpyung Art Center, Seoul
1995 6th – Haworth Public Library, New Jersey, U.S.A.
1995 5th – Center Gallery, New Jersey, U.S.A.
1994 4th – HAENAH-KENT Gallery Invitation, Seoul
1990 3rd – Gallery Hankuk Invitation, Seoul
1989 2nd – Macy Gallery, New York, U.S.A.
1987 1st – Higgings Hall Gallery, New York, U.S.A.
Awards
2013 Innovation Leader of Korea Award : category of Culture and Art (Newsmaker)
2012 Respected Person of the Year Award : category of Culture and Art (Sisa Today)
2011 Innovation Leader of Korea Award : category of Culture and Art (Newsmaker)
2006 Received KCAF Invited Artist Award
2000 The 10th Korean Fine Art Artist’s Award
2000 Ehwa Alumni Award
1998 Contemporary Formative Artist’s Award
1991 Award for Excellence in Women’s Vision Juried Art Exhibition, Teachers College, Columbia University, New York
1985 Selected for Student’s Choice Show, Brooklyn, New York
1984 Winner of the Prize from the Paris International Art Committee, Paris, France
1976 Selected for the 25th National Arts Exhibition, Seoul
1975 Selected for the 24th National Arts Exhibition, Seoul
Selected Group Exhibitions
2022 Homophone and heterophone (05/11~05/23), Dongduk Art Gallery, Seoul, Korea
2005 Invited artist of Seoul Fine Art Exhibition, Seoul Museum of Art
2005 Exhibition by Invitation of the Kyunghyang Shinmun in Commemoration of 60th Anniversary of National Liberation, Kyunghyang Gallery, Kyunghyang Shinmun
2005 Exhibition by Invitation of Korean Fine Art, Municipal Culture Center, Merina, Greece.
2004 Seoul Contemporary Art Exhibition in Rome, House of Association of Architects of Rome, Rome, Italy
2003 6 Korean Contemporary Artists from Korea, Koran Embassy to UN Gallery, New York
2003 Best Star & Best Artist, Gana Insa Art Center, Seoul
2002 Exhibition by Invitation Recommended by Fine Art Teporters – Direction and Examination of Korean Fine Art, Gallery Korea
2002 Exhibition by Invitation of Judging Committee, The 23rd Worker Culture and Art Festival, Sejong Culture Hall
2002 Fine Art Festival for Peace Between South and North, Sejong Culture Hall
2002 Exhibition by Invitation of 10 Korean Modern Fine Artists, Galleria Artomat, Italy
2001 Opening Exhibition of Lim Lip Museum, Lim Lip Museum
2000 21 Remarkable Artists, Gallery Bogo, Seoul, Korea
2000 10th Anniversary of Establishing Diplomatic Relations, Sofia Municipal Gallery, Bulgaria
1999 Indigenity of Korean Art, Posco Art Museum, Korea
1994 The 8 Women Artists From Korea, Haenah-Kent Gallery, New York
1992 Seoul/New York ’92, Korean Art Cultural Center, New York, U.S.A.
1991 24 Korean Artists in New York, Haenah-Kent Gallery, Soho, New York, U.S.A.
1983 The Invitational Exhibition of Korean Artist, Germany
And more than 100 Other Group Exhibitions
International Art Fair
2013 The 13th KIAF (Korea International Art Fair), COEX, Seoul
2013 HFAF : Housston Fine Art Fair 2013, George R. Brown Convention Center, Houston, Texas, U.S.A
2013 Art Hamptons 2013, The Sulpture Fields of Novas, NY, U.S.A
2013 Palm Springs Fine Art Fair 2013, Palm Springs Convention Center, U.S.A
2013 Shin Han Gallery Annual Exhibition, Shin Han Bank, NY, U.S.A
2012 SF Fine Art Fair, San Francisco, U.S.A.
2012 Houston Art Fair, Houston Texas, U.S.A.
2012 Art Miami, Miami Florida, U.S.A.
2012 Korean Art Show, New York, U.S.A.
2012 ART ASIA/ 1 Asia-representing Artists, COEX, KOREA
2011 Art Chicago, Chicago, U.S.A.
2011 SF Fine Art Fair Modern & Contemporary art, San Francisco, U.S.A.
2011 The 11th KIAF (Korea International Art Fair), Kips Gallery(NewYork Chelsea), COEX, Seoul
2010 ART KARLSRUHE, Germany
2010 Art Hampton, New York, U.S.A.
2010 International Asian Contemporary Art MIAMI
2010 The 10th KIAF (Korea International Art Fair), Kips Gallery(NewYork Chelsea), COEX, Seoul
2009 The 8th KIAF (Korea International Art Fair), COEX, Seoul
2009 Gallery Kaze (Osaka, Japan) COEX, Seoul
2009 ARTELISABOA 09 FEIRA INTERNATIONAL DE LISBOA,
2009 PARQUE DAS NACOES, LISBOA, PORTUGAL
2009 KACF (Korea), MANIF (Korea), SFAF (Korea), KIAF (Korea) etc.
2007 palma de Mallorca, Spain
2007 The 6th KIAF (Korea International Art Fair), Galerie Bhak, COEX, Seoul
2007 St-Art 07, Parc des expositions Strasbourg, France
2005 ARCO Art Fair, FEMA, Madrid, Spain
2005 Art Sydney, Royal Hall of Industries & Hordern Pavillion, Sydney
2002 Melbourne Art Fair, Gallery Bhak, Australia
2001, 2002 San Francisco International Art Exposition, U.S.A.
2001 Palm Springs International Art Fair (Galerie Bhak), U.S.A.
2001 Art Miami (Galerie Bhak), U.S.A.
2001, 2002, 2003 Art Chicago (Galerie Bhak), Merchandise Mart, Chicago, U.S.A.
2001, 2002 Art Cologne, Koelnmesse, Cologne, Germany
2000 Mac2000, Paris, FRANCE
Work Archived
Attached artist in Mizuma, Kips & Wada Art Gallery Soho New York
Pre-Attached artist to KIPS Gallery in United States.
Pre-Full Professor, Department of Basic, SADI & Vice Dean
UN Headquarters, National Museum of Modern Art (Fine Art Bank),
Seoul Museum of Art, Geumho Art Museum, SK Telecom,
Gobayashi Gallery (Tokyo, Japan), Embassy of Kenya,
Royal Court of Netherland, Oriental Museum in Italy, Eura Corporation
 
Casina dei Mosaici – Villa Favorita Ercolano – Napoli
Jeong-Yoen Rhee in Re- Genesis II Act
dal 6 Luglio 2022 al 6 Ottobre 2022
dal Lunedì alla Domenica dalle ore 7.00 alle ore 19.00