La piccola mostra, curata da Giulio Manieri Elia e Fausta Navarro, si inserisce nella linea espositiva già sperimentata a Palazzo Grimani negli ultimi anni con la presentazione di opere restaurate, come le Storie di Ester realizzate da Paolo Veronese per il soffitto della chiesa di San Sebastiano e il Davide e Golia dello stesso Tiziano proveniente dalla Sacrestia della chiesa della Salute.
L’opera fu acquistata da Francesco Maria I Della Rovere tra il 1536 e il 1538. Il Granduca di Urbino si mostrò interessato al quadro in una lettera indirizzata al suo ambasciatore a Venezia Gian Giacomo Leonardi (2 maggio 1536), nella quale si sollecitava il corrispondente a chiedere al pittore di terminare il dipinto. È verosimile che la Bella giungesse nelle Marche insieme ai Ritratti dei duchi, inviati dal Vecellio nell’aprile del ’38. La tela giunse a Firenze nel 1631, quando fu trasferita in Toscana l’eredità di Vittoria Della Rovere, ultima discendente della nobile famiglia. Approdò infine a Pitti, nelle collezioni medicee, dove è ancora conservata.
La questione che ha catalizzato gli interessi della ricerca riguarda l’identità della donna ritratta: gli studiosi hanno prodotto in proposito una quantità davvero stupefacente di congetture, spesso francamente strampalate. La lista (incompleta) delle signore chiamate in causa dagli specialisti di ieri e di oggi comprende: Giulia Varano, prima moglie di Guidobaldo della Rovere, Violante, figlia di Palma il Vecchio (e amante di Tiziano, secondo la leggenda), Isabella d’Este, Caterina Cornaro, Giulia da Ponte, Angela Zaffetta e persino Eleonora Gonzaga, la cui effigie campeggia in un altro ben noto quadro tizianesco e all’epoca assai più matura della dama della Galleria Palatina. Un’altra ipotesi diffusa – radicata nella vecchissima opinione di Crowe e Cavalcaselle (1877-1888) – riconosce nel dipinto un’immagine di bellezza femminile idealizzata: anche questa idea, però, non poggia su argomenti di particolare robustezza, lasciando sostanzialmente inevaso il problema.
Il senso e la funzione dell’opera, insomma, rimangono sfuggenti, sebbene qualche indizio utile a sciogliere, almeno in parte, il nodo interpretativo sia fornito dall’abbigliamento della signora. Abbigliamento che è stato censito in modo meticoloso anche di recente (si veda, ad esempio, la scheda che Margaret Binotto ha dedicato al dipinto nel catalogo della mostra delle Scuderie del Quirinale, 2013, in part. p. 162), senza però riservare particolare attenzione alle possibili implicazioni simboliche di abiti, accessori e gesti (ma facendo ampio sfoggio di retorica epidittica di prima o seconda mano a proposito della qualità delle vesti).
Non si tratta – beninteso – di sostenere una versione pan-ermeneutica dell’analisi, per la quale tutto è codice, ma di esplorare, se non altro, la dimensione segnica di certi oggetti, il cui statuto simbolico del resto è ampiamente assestato nella cultura coeva, per verificare se tale dimensione possa o meno far propendere la lettura dell’immagine in una direzione piuttosto che in un’altra. Sotto questo profilo, una certa “inattentional blindness”, ad esempio, si è manifestata a proposito della cintola e della pelliccia. La prima – che somiglia al paternostro indossato dalla dama della tela di Paris Bordon oggi intitolata Gli sposi e il compare d’anello (Pinacoteca di Brera, 1525ca) – è un attestatissimo dono nuziale nei riti rinascimentali, legandosi per di più alle nascite (si vedano, tra l’altro, H. Economopoulos, Considerazioni sui ruoli dimenticati: gli “Amanti” di Paris Bordon e la figura del compare d’anello, in Venezia Cinquecento, II (1992), n. 3, pp. 99-123; J. M. Musacchio, Weasels and pregnancy in Renaissance Italy, in Renaissance Studies, vol. 15 (2001), n. 2, pp. 172-187).
Alla maternità (più precisamente al concepimento e al parto), d’altronde, è connessa di norma anche la pelliccia di mustelide che la Bella reca sull’avanbraccio destro (del significato dell’animale parla diffusamente il testo di Jacqueline Musacchio citato; si veda ora anche la sintesi fornita da F. Rigon, Gioiello, feticcio, amuleto, in Ritratti di dame fra Parmigianino e Veronese dalla corte dei Gonzaga a palazzo Thiene, Catalogo della Mostra, Palazzo Thiene, Vicenza 6 dicembre 2010 - 6 febbraio 2011, Vicenza 2010, pp. 70-80).
Che l’accessorio giochi un ruolo di qualche importanza nell’economia del dipinto, peraltro, è indicato – è proprio il caso di dirlo – dall’indice della mano sinistra della donna raffigurata da Tiziano, il cui gesto ha una connotazione ostensiva e deittica, richiamando l’attenzione sull’oggetto. Non è il caso, qui, di spingersi oltre nell’esame del dettaglio: l’intento era semplicemente di metterne in chiaro le possibilità simboliche, osservando ciò che Tiziano ha voluto che osservassimo attraverso il movimento della mano della figura femminile.
È appena il caso di aggiungere, per concludere questa semplice presentazione, che qualche supplemento di indagine meriterebbe anche l’acconciatura della Bella, con la treccia parzialmente sciolta che cadendo costeggia il petto della protagonista. Nonostante, infatti, il particolare sia sempre opportunamente registrato nelle descrizioni del dipinto, è mancata pure in questo caso una discussione delle componenti di carattere segnico, delineate per quanto riguarda l’arte veneta rinascimentale dagli studi di Enrico Maria Dal Pozzolo (se ne veda Una traccia per una treccia, in Colori d’amore. Parole, gesti e carezze nella pittura veneziana del Cinquecento, Treviso 2008, pp. 87-111).
La mostra, in ogni caso, costituisce un’occasione sicuramente favorevole per tornare ad interrogarsi una volta di più sulle questioni aperte, provvedendo nel contempo a mettere in evidenza a beneficio di un pubblico di non soli specialisti un’immagine nobilissima della pittura veneziana, che nella sua prestigiosa sede abituale rischia di essere oscurata dai tanti celebri capolavori della galleria fiorentina.
Francesco Sorce, 21/11/2013
LA "BELLA" DI TIZIANO A PALAZZO GRIMANI
Museo di Palazzo Grimani
Castello 4858, Santa Maria Formosa
Venezia
1 novembre 2013 – 26 gennaio 2014
Apertura
Lunedì 8.15 - 14.00
Martedì – domenica 8.15 – 19.15
Didascalie delle immagini
1. Tiziano Vecellio, Donna in abito blu (“La Bella”), 1536ca, olio su tela, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina
2. Tiziano Vecellio, Francesco Maria Della Rovere, 1538, olio su tela, Firenze, Galleria degli Uffizi
3. Paris Bordon, Gli sposi e il compare d'anello, 1525ca, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera
4. Tiziano Vecellio, Donna in abito blu (“La Bella”), particolare
5. Locandina della mostra