SULL’INDIVIDUAZIONE “TERRITORIALE” DELL’UFFICIO DI ESPORTAZIONE CUI PRESENTARE LA DOMANDA PER IL RILASCIO DELL’ATTESTATO DI LIBERA CIRCOLAZIONE.
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Proseguendo nella trattazione di alcuni degli aspetti più dibattuti nell’applicazione “pratica” del diritto dei beni culturali, pare opportuno soffermarsi su un’importante questione afferente il procedimento di esportazione di un bene di interesse culturale, riassumibile nella seguente domanda: vi sono dei vincoli di tipo territoriale in materia di presentazione della domanda per il rilascio dell’attestato di libera circolazione? In altri termini, chi intende chiedere l’esportazione di un bene è tenuto a presentarlo necessariamente presso l’Ufficio per l’esportazione ricadente in un determinato luogo? Ad esempio, quello in cui si trova il bene o quello di residenza del proprietario o dell’acquirente del bene?


Le domande sopra poste assumono rilevanza non solo teorica ma soprattutto pratica in quanto, in Italia, non tutti gli Uffici di esportazione - com’è noto - evadono le pratiche nello stesso tempo. Alcuni sono certamente più veloci; altri - per ragioni di atavica carenza di personale - sono invece molto più lenti, con evidente danno per l’utenza finale.
Quindi, per coloro i quali si trovano ad operare in territori i cui Uffici esportazione sono non particolarmente rapidi, sarebbe conveniente avere la possibilità di “presentare” il bene presso un altro Ufficio esportazione dotato di maggiore celerità.
Si pensi, ad esempio, all’ipotesi del gallerista o della casa d’aste che, dopo aver venduto o “battuto” un dipinto acquistato da uno statunitense, abbia tutto l’interesse (legittimo) ad un pronto disbrigo delle pratiche per l’esportazione del bene, anche al fine di rendere un impeccabile servizio a clienti esteri non abituati ai tempi della burocrazia italiana, ed - invece - “incappi” in un Ufficio esportazione non velocissimo nell’espletare le pratiche de quibus.

Partiamo, come sempre, dal dato normativo.
L’ art. 68 d.lgv. 42/04 (cd. “Codice dei beni culturali e del paesaggio” o CBCP) prevede che “chi intende far uscire in via definitiva dal territorio della Repubblica le cose indicate nell'articolo 65, III com., deve farne denuncia e presentarle al competente ufficio di esportazione”.
Per quanto concerne gli aspetti “operativi” afferenti la procedura di rilascio dell’attestato di libera circolazione, fra cui quello attinente l’individuazione dell’Ufficio territorialmente competente, la disciplina di riferimento è invece contenuta nel R.D. n. 363/1913, che – ai sensi dell’art. 130 CBCP   - deve ritenersi ancora in vigore in difetto dell’emanazione del regolamento di attuazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgv. 42/04).

Ed invero, il citato R.D. n. 363/1913 prevede – all’art. 129 – che “chiunque voglia esportare all’estero, anche temporaneamente, cose di interesse storico, archeologico, paleontologico, artistico o numismatico, sia o no per esse seguita la notificazione di cui all’art. 5 della legge, deve presentarle AD UN Regio Ufficio per l’esportazione di oggetti di antichità e d’arte”.
Ebbene, l’espressione “deve presentarle AD UN Regio Ufficio per l’esportazione” (oggi, Ufficio di esportazione), senza ulteriori precisazioni, induce a ritenere che non vi sia alcuna preclusione territoriale, lasciando libero l’interessato di “presentare” il bene presso un qualunque Ufficio esportazione (munito della “sezione” d’interesse), prescindendo da vincoli di natura territoriale.
Diversamente, la norma non avrebbe utilizzato l’inciso “presentarle ad un Regio Ufficio per l’esportazione”, ma - come fatto in altre parti del “Codice” o di leggi in materia di beni culturali - sarebbero state utilizzate espressioni atte ad identificare l’Ufficio territorialmente competente.

Si pensi, ad esempio, al caso della denunzia di trasferimento della proprietà di un bene culturale, in relazione alla quale l’art. 59 del CBCP prevede che la denunzia debba essere presentata alla soprintendenza del “luogo ove si trovano i beni”. Pertanto, in osservanza del brocardo “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, è da escludere che la domanda per il rilascio dell’attestato di libera circolazione debba essere presentata necessariamente presso un determinato Ufficio esportazione (ad es., quello del luogo ove si trovi il bene o risieda il proprietario o l’alienante), ben potendosi la stessa presentare presso qualsivoglia Ufficio esportazione competente per materia.

Tale conclusione, certamente valida per i beni ex art. 65/III CBCP (“cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni”), è da ritenere valida anche con riferimento ai beni librari, in relazione ai quali la competenza in materia di esportazione spetta alle Regioni ai sensi dell’art. 8 D.P.R. n. 3/72.
Nella legislazione de qua, infatti, non è data rinvenire alcuna preclusione derogatoria al citato principio generale previsto dall’art. 129 R.D. 363/1913.
Anzi, la previgente normativa (art. 131 R.D. 363/1913) prevedeva, come per i beni di cui all’art. 129 R.D. 363/1913, la presentazione dei beni librari “alle Biblioteche indicate nel R.D. 498/1905”, senza alcun riferimento di tipo territoriale (non si diceva, ad esempio, alla biblioteca del luogo ove si trova il bene o espressioni simili).
Naturalmente, per i beni librari, ferma restando l’assenza di vincoli di natura territoriale ai fini dell’individuazione dell’Ufficio territorialmente competente, dovrà comunque tenersi conto della legislazione della Regione presso la quale si intenderà “presentare” il bene librario in ordine agli ulteriori aspetti operativi, essendo ogni Regione munita di una propria legislazione in materia.

Sulla scorta di quanto sinora osservato, appare quindi plausibile rispondere agli interrogativi sopra posti affermando che è possibile presentare la domanda per il rilascio dell’attestato di libera circolazione dei beni di cui all’art. 65 CBCP presso un qualunque Ufficio esportazione competente per materia, non sussistendo vincoli di natura territoriale in materia che impongano la presentazione della domanda de qua presso l’Ufficio di esportazione del luogo ove si trovi il bene o quello in cui risieda il proprietario o l’acquirente del bene.
   
Avv. Prof. Francesco Emanuele Salamone
Professore a c. di Diritto Penale dei Beni Culturali
Università della Tuscia di Viterbo

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Note:
1. Art. 130 CBCP: “Fino all'emanazione dei decreti e dei regolamenti previsti dal presente codice, restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni dei regolamenti approvati con regio decreto 2 ottobre 1911, n. 1163 e regio decreto 30.1.1913, n. 363, e ogni altra disposizione regolamentare attinente alle norme contenute in questa Parte”.