La_migliore_offerta_locandina “Vivere con una donna è come partecipare ad un asta. Non sai mai se la tua è l'offerta migliore”.
 

La migliore offerta, di Giuseppe Tornatore (2012) è l’esempio più recente del legame, ricco e duraturo, fra cinema e pittura. Seppur coniugata in modi diversi questa relazione ha costituito quasi sempre un arricchimento espressivo del cinema piuttosto che il contrario.


 
Infatti, benché la forza espressiva dell’arte “cugina” fu compresa da subito da molti artisti (Dalì, gli artisti espressionisti tedeschi, Ferdinand Léger e, in tempi più recenti, Andy Warhol e gli artisti vicini a movimenti di avanguardia come il New american cinema), il flusso ispirativo prevalente è senz’altro quello inverso: è stato il cinema ad aver attinto a piene mani, in modo più o meno esplicito, consapevole, dichiarato, ostentato o casuale, dal patrimonio iconografico della storia pittorica.

LaMiglioreOffertaGiuseppeTornatore_GalleriaEjzenštejn, Kubrick, Werner Herzog, Pasolini hanno molto spesso costruito le loro inquadrature non solo come citazioni ma come veri e propri calchi di quadri famosi (Barry Lyndon di Kubrick il caso certamente più significativo per il modo sistematico con cui ha “disegnato” quasi ogni inquadratura del film sul modello della pittura inglese del sette-ottocento (Constable, Gainsborough); ma sono innumerevoli i singoli esempi di citazione episodica: a partire dalla più nota inquadratura del cinema di Woody Allen, quella del ponte di Manhattan, che riprende pedissequamente un quadro di Hopper, autore saccheggiato in numerosissimi casi per la usa vicinanza spirituale con gli sconfitti tante volte raccontati dal cinema americano). Altrettanto spesso la pittura è entrata direttamente nelle narrazioni, sia in opere a carattere biografico – per citarne solo alcune: La ragazza dall’orecchino di perla, Frida, Il mio piede sinistro, Caravaggio, tutta la serie di film su Van Gogh – sia in film che hanno tratto ispirazione in modo generico dal mondo della pittura.
 
la_migliore_offerta_tornatore_dipintiE’ il caso dell’ultimo film di Giuseppe Tornatore, nel quale la pittura si fa metafora della vita, in particolare in quelle dicotomie verità/apparenza, autentico/falso che essa ha nel proprio DNA, con un tono che sa dosare toni sentimentali e meccanismi da thriller psicologico.
Il sentimento dominante del film è il dubbio. Proprio come quando di fronte ad un ritratto ci si rende conto di colpo di essere osservati dagli occhi della donna o dell’uomo del dipinto, e a causa di una lieve perdita di contatto con il razionale si percepisce di essere diventati oggetto dell’osservazione e non più osservatori, e che la nostra funzione è solo quella di dare un senso a quello sguardo, ravvivarlo, dargli uno scopo, la storia si propone come un lungo incipit che prepara con pazienza il rovesciamento e la perdita di quell’equilibrio percettivo che ci consente di tenerci strette le certezze e le convinzioni razionali. E allora, quando tutto crolla, scopriamo che ogni pezzo dell’insieme, ogni singolo elemento, ogni compagno di strada, persino un prezioso automa del Settecento pazientemente restaurato per essere rimesso in funzione come replica quasi perfetta dell’essere umano, rassicurante - un congegno innocente nel suo dipendere esclusivamente dalla sua stessa meccanica, privo di emozioni e di paure irrazionali -, tutto gioca un ruolo, e il caso non esiste.
 
la_migliore_offerta_giuseppe_tornatore_astaIn una non identificata città mitteleuropea Virgil Oldman (Geoffrey Rush) è un anziano mercante d’arte e battitore d’asta di grande fascino e successo, raffinato collezionista dai modi eleganti, un uomo solitario, un maniaco ossessivo costretto ad indossare sempre un paio di guanti (ne possiede a decine, tutti perfettamente allineati in un armadio monotematico), o a proteggersi con un fazzoletto ogni volta che deve avvicinarsi ad oggetti potenzialmente infettivi (la cornetta del telefono, le sbarre rugginose del cancello di una vecchia villa), incapace di stabilire un contatto diretto, ravvicinato, con le donne. Per questo, come sublime compensazione, nel corso della sua vita di banditore e di mercante, anche grazie alla complicità di Billy, amico fidato e pittore mediocre (interpretato da Donald Sutherland) che, per suo conto, riesce ad aggiudicarsi a prezzi inferiori rispetto al loro reale valore le opere che quello batte con affabile e ineffabile destrezza, si è circondato da un’incredibile galleria di ritratti femminili (si va da Raffaello a Tiziano, da Bronzino a Leonardo, da Dürer a Cranach, da Rubens a Guido Reni, a Ingres, a Rousseau… nei titoli di coda del film c’è la lista completa – è evidente che viene richiesta allo spettatore una notevole “sospensione dell’incredulità”). Sono loro le uniche donne che Oldman riesca a guardare e il cui sguardo riesca a sopportare.
la_migliore_offerta_Silvia_HoeksUn giorno Oldman viene incaricato di valutare, ai fini di una vendita all’asta, il ricco patrimonio contenuto in una villa ancora abitata dall’unica erede dei vecchi proprietari, una ragazza misteriosa (Sylvia Hoeks), afflitta da una grave forma di agorafobia, e che per questo si è autoreclusa all’interno di una stanza segreta della villa. Con lei Oldman instaura un rapporto complesso, sempre più coinvolgente e rovinoso, ma liberatorio. I loro colloqui avvengono o al telefono, o attraverso una parete, su cui la ragazza ha praticato un piccolo foro che le permette di guardare senza essere guardata: ecco rovesciarsi la struttura del rapporto fra Oldman e il suo privatissimo, segreto mondo femminile: i quadri, inanimati, si lasciano guardare. Ora è lui, il vecchio voyeur a essere oggetto dello sguardo nascosto e segreto di una donna.
 
La_migliore_offerta_Donald_SutherlandAiutato dai consigli di un giovane artigiano (piuttosto ferrato sull’argomento donne) che lo sta aiutando a ricostruire un prezioso automa di Jacques de Vaucanson, i cui pezzi va ritrovando misteriosamente negli scantinati della villa, Oldman prende via via coraggio e riesce a violare il muro eretto dalla malattia della ragazza (e dalla propria), cominciando a frequentarla, in un processo di reciproca liberazione dal terrore di vivere, e ad amarla, riamato. Entrambi, infatti, riescono ad uscire dal guscio delle proprie paure, della fobia, e a riconquistare a poco a poco gli spazi della vita vera. La felicità purtroppo è destinata a durare poco.
Il film, che Tornatore ha dichiarato di aver pensato come una storia d’amore raccontata come fosse un giallo, con colpi di scena emotivi, devia quasi impercettibilmente verso un finale inatteso, nel quale il vero e il falso si scambiano di posizione come pedine alla fine di una partita a dama.
 
geoffrey_rush_giuseppe_tornatoreIl tema dell’apparire e del nascondere è il filo rosso che tiene insieme i due livelli del racconto, quello reale e quello della pittura: “I sentimenti umani sono come le opere, si possono simulare”, dice Billy. E Oldman mette in guardia sul fatto che ogni falsario, come un serial killer, coltiva il segreto proposito di volersi fare scoprire. “Anche in un falso d'arte c'è qualcosa di vero”: il falso perfetto non solo non esiste, ma non ha motivo di esistere, e comunque non avrebbe valore se davvero fosse assolutamente indistinguibile dall’originale. Il falsario ama inserire anche un microscopico segno che lo possa far identificare e ottenere la giusta ricompensa. Forse, però, non è sempre così. Ciò che sembrava non era e Oldman, alla fine, è vittima di se stesso e della sua poca confidenza con gli essere umani. Cercherà un ultimo conforto fra i perfetti ingranaggi degli orologi di un piccolo bar di Praga (il che chiude in modo circolare il film, che si era aperto con Oldman seduto al tavolo di un elegante ristorante, ossequiato dai camerieri, ma tristemente solo) in attesa che la donna che gli aveva cambiato la vita possa tornare ad essere quella che lui aveva creduto e amato.
Gli ingranaggi perfetti possono far funzionare un orologio, un automa, o un film. Non la vita vera.
                                                                                                       Ezio Tarantino, 24/02/2013
 
Geoffrey_RushLa migliore offerta
Italia, 2012
Regia e sceneggiatura, Giuseppe Tornatore
Durata, 124 min.
Produzione, Paco Cinematografica – Warner Bros. Italia
Fotografia, Fabio Zamarion
Montaggio, Massimo Quaglia
Musiche, Ennio Morricone
Scenografia, Maurizio Sabatini
Interpreti e personaggi:
Geoffrey Rush: Virgil Oldman
Jim Sturgess: Robert
Sylvia Hoeks: Claire Ibetson
Donald Sutherland: Billy Whistler