Il Museo degli Argenti, sito all’interno della reggia medicea, custodisce del resto una delle più importanti raccolte al mondo di opere eburnee, vantando pezzi di eccellente qualità provenienti dal collezionismo granducale. Al gruppo toscano, comunque, si aggiunge per l’occasione un nucleo rilevante di sculture conservate in diversi musei e collezioni private internazionali: l’antologia scelta dai curatori, pertanto, propone uno spaccato pienamente rappresentativo della sofisticatissima produzione barocca.
Dalla metà del XVI secolo e per i duecento anni successivi, dopo un periodo di relativo appannamento seguito alle fortune medievali, la scultura in avorio tornò ad essere una tecnica molto richiesta all’interno delle corti europee (Vienna, Dresda, Monaco di Baviera, oltre a Firenze). Le ragioni del rinnovato successo risiedevano certamente nel pregio e nella rarità della materia ma anche nella perizia strabiliante degli specialisti, in grado di realizzare, in dimensioni talvolta ridottissime, oggetti dai dettagli sorprendentemente minuti. Si trattava, d’altronde, di qualità tenute in gran conto nel contesto del gusto barocco, incline all’apprezzamento di quei virtuosismi “trascendentali” capaci di suscitare la meraviglia e lo stupore dei collezionisti.
Come accennato, i Medici nutrirono una vera passione per la raccolta di oggetti eseguiti nel prezioso materiale, acquistando tanto lavori figurativi (rilievi e sculture a tutto tondo) quanto, tra l’altro, un buon numero di “torri tornite”, caratterizzate dalle tipiche geometrie inattese e complicate. Ed è proprio attorno ai lasciti della nobile famiglia che si articola il percorso allestito da Eike D. Schmidt, ideatore e curatore, e Maria Sframeli, direttrice del Museo. Le opere in mostra sono distribuite in cinque sezioni strutturate in ordinate cronologico. L’apertura è costituita da un breve affaccio sui periodi che preludono alla fioritura barocca. In questa cornice, risulta di particolare interesse la presenza a Firenze di un Dittico di manifattura francese trecentesca (San Pietroburgo, Ermitage). Il rilievo, che raffigura la Madonna in trono allattante il Bambino tra San Giovanni Battista e San Giacomo il Maggiore e la Crocifissione, era appartenuto a Lorenzo il Magnifico e costituisce una testimonianza precoce del collezionismo di oggetti siffatti nelle dimore dei Medici.
In rappresentanza del mercato cinquecentesco e primo seicentesco, inoltre, sono esposte opere realizzate a Venezia e Roma, rispettivamente da Francesco Terilli e dai fiamminghi Nicolas Mostaert (italianizzato in Niccolò Pippi) e Jacob Cornelisz Cobaert. Segue, quindi, una sezione dedicata agli avori torniti (“Geometria virtuosa”), la cui esecuzione si deve ad artisti tedeschi come Marcus Heiden e il suo allievo Johan Eisenberg. I 18 esemplari messi in mostra, che esibiscono forme singolarissime, sono il frutto di un bottino di guerra fatto trasferire a Firenze dal principe Mattias de’Medici, a seguito delle vittorie conseguite durante la Guerra dei Trent’anni.
Passate le torri d’avorio, per così dire, si giunge finalmente nel cuore del progetto. La terza sezione, riservata agli “Artisti ultramontani in Italia”, riunisce opere di alcuni dei talenti di maggior spicco in epoca barocca che furono di stanza nelle corti italiane almeno per una parte della carriera. Vi si possono ammirare i lavori di Leonhard Kern, Georg Petel, Justus Glesker, François van Bossuit, accanto a quelli di un protagonista genovese del periodo, Domenico Bissoni, capofila dell’importante scuola ligure.
“La fioritura dell’avorio tardobarocco al di là delle Alpi” è il titolo della sezione seguente, dominata da Christoph Daniel Schenck, Balthasar Griessmann e Ignaz Elhafen. Alcuni di questi artisti tradussero in avorio i dipinti dei maestri italiani, conosciuti attraverso la diffusa circolazione delle stampe. Un esempio di tale pratica è costituito dalle molteplici versioni eburnee del Ratto delle Sabine di Pietro da Cortona, noto agli scultori di area tedesca per il tramite dell’incisione di Pietro Aquila.
L’itinerario si conclude focalizzando “L’apice del tardobarocco in Italia”: le opere di Balthasar Permoser, che soggiornò a Roma e Firenze tra gli anni Settanta e Ottanta del Seicento, primeggiano nell’ultima sezione, dando un saggio della penetrazione dello stile berniniano nella scala ridotta degli avori. Un certo spazio è infine riservato a Claude Beissonat e Johannes Sporer, quest’ultimo ormai già prossimo alle atmosfere neoclassiche.
Francesco Sorce, 18/7/2013
Diafane passioni
Avori barocchi dalle corti europee
Museo degli Argenti, Palazzo Pitti, Firenze
16 luglio – 3 novembre 2013
ORARIO
lunedì – domenica
8.15 – 18.50 nei mesi di luglio e agosto
8.15 – 18.30 nei mesi di settembre e ottobre (chiusura anticipata alle 17.30 con il ritorno all’ora solare)
8.15 – 16.30 nel mese di novembre
Chiuso primo e ultimo lunedì del mese
PREZZO BIGLIETTO
Intero: € 10.00
Ridotto: € 5.00 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 ed i 25 anni
Gratuito per i visitatori sotto i 18 e per i cittadini dell’U.E. sopra i 65 anni di età
Il biglietto della mostra consente l’ingresso anche al Museo degli Argenti, Giardino di Boboli,
Museo delle Porcellane, Galleria del Costume e Giardino Bardini.
CATALOGO
Sillabe
a cura di Eike D. Schmidt, Maria Sframeli
Didascalie immagini
1. Maestro delle Furie (attivo intorno al 1625), Marco Curzio che si getta nella voragine, Avorio, Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti
2. Manifattura francese, Dittico con la Madonna in trono allattante il Bambino tra San Giovanni Battista e San Giacomo il Maggiore e la Crocifissione, seconda metà del XIV secolo, avorio e metallo, San Pietroburgo, State Hermitage Museum
3. Domenico Bissoni (Bissone, ante 1574 - Genova, 1637), Crocifisso, Avorio con croce d’ebano, chiodi e lettere di rame dorato, Collezione privata
4. Ignaz Elhafen (Innsbruck, 1658 - Düsseldorf, 1715), Il ratto delle Sabine, Avorio, Toronto, Art Gallery of Ontario, The Thomson Collection
5. Johann Balthasar Stockamer (Norimberga, 1634 - Weissenfels ?, 1700 circa), David con la testa di Golia, 1663-1669, Avorio, Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti