Non ci sono storie. La mostra “Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre Storie dell’infanzia di Gesù” non solo ha ripreso dopo i due passati rinvii, ma prorogherà la sua apertura fino al 5 Aprile presso la Pinacoteca “Ala Ponzone” di Cremona a cura di Mario Marubbi conservatore del Museo.
Orazio Gentileschi (Pisa 1563, Londra 1639) è l’uomo metodico dai toni temperati e padre della leggendaria Artemisia, che a seguito di soprusi e di violenze, diventò una “combattente con il pennello” e che ora è protagonista a Palazzo Reale di Milano con la mostra Le Signore dell’Arte (https://news-art.it/news/le-signore-dell-arte--storie-di-donne-tra-il-500--e--600.htm).
Come la guerriera curda Kobane del fumettista Michele Rech di ZeroCalcare non si è mai arresa, vivendo una “guerra”, che per l’epoca sociale sembrava persa in partenza, ma che poi si è invece rivelata vincente. E’ riuscita a prendere le distanze da tutto e da tutti, per poi rinascere più forte di prima.
Di contro i dipinti del padre sono pervasi da un senso di quiete, riflettono la luce morbida che era nel suo animo, la luminosità è di ispirazione caravaggesca, anche se di una “drammaticità” meno visibile.
Il caravaggismo ha in Georges de la Tour con i suoi oggetti e le figure scolpite dall’illuminazione, uno dei più importanti rappresentanti di questa nuova corrente pittorica in Francia, ma coloro che furono influenzati dall’opera di Gentileschi furono i pittori olandesi.
Nelle tele del pittore pisano riaffiorano studi classici ed antichi, nei quali si avverte l’ultimo respiro del Manierismo con le sue forme michelangiolesche e correggiane.
La Vergine vertiginosamente poetica, stupenda nei colori delle sue vesti, adora il Bambino attraverso l’espressione di un viso, che ci appare sereno e dal quale traspare una bellezza aristocratica ed elegante.
In mostra sono messe a confronto due versioni “gemelle” del Riposo, una viennese (fig.1), l’altra appartenente ad una collezione privata (fig.2).
La prima (eseguita a Londra intorno al 1626) appartenne al duca di Buckingham, poiché ne è stato accertato il pagamento attraverso un rendiconto di spesa redatto nel 1629; successivamente venne messa all’asta da George Cromwell ad Anversa nel 1646, rientrando così in un primo tempo nelle collezioni dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria per il suo castello di Praga, per poi arrivare infine al  Kunsthitorisches Museum di Vienna.
In cambio del prestito l’entità estera ha ricevuto il San Francesco in meditazione  (1605-1606) di Caravaggio.
Il dipinto viennese si differenzia dall’altra versione anche per le dimensioni rettangolari maggiori, che permettono una modifica importante della struttura compositiva: Giuseppe è infatti ritratto disteso per intero, venendo così meno oscurato dalla figura materna e rassicurante di Maria con il Bambino. Per l’espressività della postura e dello sguardo ricorda il personaggio Homer dei Simpson, il geniale cartoon creato da Matt Groening (qui però non ci troviamo di fronte ad una Sacra Famiglia bensì ad una “pazza” famiglia composta da Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie con le loro strampalate avventure).
Quella di Giuseppe è una posa, che si sposa alla perfezione con le linee della Madonna morbide e rilassate, che incarnano una soft attitude. La seduta avvolgente di quest’ultima rimanda a due grandi petali, che si uniscono. Maria è visibilmente emozionata per la sua prima creatura!
Stilisticamente è affine alla versione privata, tant’è che è possibile sovrapporre gran parte delle figure della Sacra Famiglia (replicate tramite l’uso di cartoni, assenti in quella privata e per questo considerata il prototipo dell’altra).
Oggetto di controversie per lungo tempo tra gli storici dell’arte è stata infatti la loro successione cronologica, fino all’assegnazione definitiva della primogenitura a quella privata (non solo per l’uso di cartoni).
Infatti da recenti indagini diagnostiche il Riposo, oltre ad essere stato realizzato su di una tela riutilizzata (sotto di essa vi sono gli schizzi di altre due raffigurazioni) presenta molti “pentimenti”: la mano sinistra di Maria è aperta, ma in radiografia appare chiusa a pugno; mentre quella di Giuseppe, che inizialmente viene ritratta per intero, ora è parzialmente coperta con la manica cerulea del braccio destro.
Dopo luci e ombre, che si sono rincorse su questi due quadri, fughe di notizie e di indizi, alla fine ogni dubbio è stato così…fugato.
La versione privata (1612) nell’Ottocento entrò a far parte della collezione dei Duchi di Buckingham.
Rilanciato sul mercato, venne poi acquistato da Paul Getty (1953), fino ad essere oggi uno dei gioielli simbolo di una collezione privata italiana. Ricostruendo la storia a ritroso, la tela è stata anche battuta all’asta da Sotheby’s nel 1950. L’ultima compravendita risale al 1992 da parte di Christie’s.
Quelle in mostra sono due delle quattro versioni della Fuga protagoniste di compravendite e lucrose transazioni avvenute nel corso del tempo. A questo soggetto Orazio ha dedicato infatti diverse repliche, chiamate anche copie, di alta qualità (alcune nominate nei registri non sono state ancora ritrovate) e le fonti archivistiche parlano di molti più esemplari, in aggiunta a quelle autografe attualmente note: un’ulteriore versione è infatti citata nell’inventario del 1642 della collezione del governatore spagnolo, nonché marchese di Leganes.
Oltre alle due presenti in mostra, ricordiamo quella del Birmingham City Museum, considerata per anni la prima versione (poi slittata in terza posizione dopo quella di Vienna), in cui il mulo veglia un San Giuseppe esausto e dormiente attraverso un muro di silenzio: si percepisce l’atmosfera rarefatta, in cui la Madonna appare tesa e distaccata, mentre lo sguardo vispo “goyano” e “simpsoniano” del Bambino è indice di colui che “sa già il fatto suo” – sottolineato anche dalla posizione delle mani -; vi è poi quella del  Musée du Louvre delimitata e ombreggiata quasi totalmente da un muro, da cui sbucano delle foglie (1626- 1628).
Delle quattro versioni autografe l’opera viennese è l’unica firmata e di provenienza storica certa.
Questa è un’occasione unica quindi per il pubblico e per gli esperti di ammirare due tele affiancate, che “duellano” a colpi di date, in cui vennero create.
Esposta troviamo anche la Madonna col Bambino in un paesaggio (1621-1624) – olio su rame – opera peraltro rievocante della sopracitata Fuga di Birmingham. Oggetto di devozione privata, arrivò tra i beni con legato testamentario nel 1889.
Fino ad anni recenti ha trovato la sua ubicazione nelle cosiddette “stanze riservate”, destinate a ricordi familiari non accessibili al pubblico: è stata perciò scoperta tardi dalla critica. Di grande qualità esecutiva la scena rappresentata è intima e realista, le cromie sono luminose, raffinate e cangianti.
La mostra è anche un’occasione per ripercorrere il tema iconografico della fuga in Egitto della famiglia di Giuseppe (avvisato in sogno da un Angelo messaggero di Dio), per evitare l’uccisione del Bambino Gesù da parte di Erode, tramandato dal Vangelo di Matteo (Matteo 2,13-15) e degli episodi annessi, mettendo così a fuoco una riflessione teologica sulle varie declinazioni e reinterpretazioni delle Storie d’infanzia di Cristo attraverso i secoli, a partire dal Medioevo.
I due quadri cardine sono infatti affiancati da una settantina di opere tra sculture, miniature, incisioni e dipinti,  fino ad arrivare alla Fuga in Egitto di Mario Sironi (1930) – fig.3 - , conservata presso il Mart di  Rovereto dal 2017 e appartenente alla collezione del medico Allaria. E’ caratterizzato da una spiccata singolarità tematica, basata sull’ordine, la stilizzazione e la sintesi squadrata, nonché di un’armonia e compostezza racchiuse in una “moderna classicità”. Viene unita la raffigurazione di un paesaggio urbano monumentale oblico (oblicità che rafforza il concetto di difficoltà di cammino) lineare ed essenziale con uno biblico. San Giuseppe tiene una posizione arretrata ed inclinata. Appare nel soggetto una stella cometa, che rischiara il cielo notturno, ma che nel racconto evangelico accompagna i Re Magi e non la Sacra Famiglia. La notizia della fuga è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Si fugge da un mondo pieno di ferite per un nuovo inizio. Non si tratta di abbandonare, ma di far crescere nell’aria nuove radici, ovunque ci si trovi nel mondo. L’iconografia si rapporta all’attualità a noi più stretta, inclusa quella della crisi causata dalla pandemia del Covid. L’emergenza ha influito sul sistema sociale, cambiando radicalmente la vita dei cittadini. Ma torneremo a vedere la luce. Del resto, a pensarci bene, anche nella Genesi tutto ha avuto inizio dal buio. In principio le tenebre rivestivano infatti l’abisso, poi Dio disse “Sia la luce!”.

Purtroppo le notti sono anche sempre più inquinate da un chiarore non naturale, che oscura le stelle.

L’italia, insieme all’Olanda, possiede in Europa la più alta percentuale di territorio inquinato dall’illuminazione artificiale. La Pianura padana è fra le aree più “flashiate” dell’intero Pianeta. L’inquinamento ci sta portando via la notte. Illuminando la notte, sottraiamo il riposo a molte specie animali, nuociamo alla nostra salute e alla nostra interiorità. It’s really a shock…because.

Grazie al dipinto sironiano riscopriamo il momento perfetto in cui, occhi al cielo, senza bisogno di parole, ci si gode la visione, il paesaggio e se stessi, a tu per tu con l’universo notturno. Sotto all’opera si nasconde stratificata una bellezza e senso di connessione con il creato, a cui non siamo più abituati. Ci rendiamo conto, che la natura a tratti ancora incontaminata nel suo splendore è immensa, mentre il più delle volte “ospita” edifici e strutture, che “impongono” il passaggio, o il risiedere dell’uomo. 

Un uomo che nel suo continuo pellegrinare contamina l’habitat naturale. Un cammino assillato dai dubbi e dalle incognite, che si sovrappone alla raffigurazione lignea della Madonna con il Bambino seduta sul dorso dell’asino (che potremmo chiamare Nello), condotto da Giuseppe in viaggio verso l’Egitto. Solo nel corso della storia troveremo poi delle figure religiose più spontanee e realiste come quella della Fuga in Egitto, in cui la Madonna fa una sosta per allattare il Bambino o fiabesche come quella di Brueghel il Giovane del 1650 (per “l’atto gentile del porre” del San Giovannino, l’opera rimanda alla Madonna del Cardellino di Raffaello). Anche se il paesaggio richiede ancora “un’alibi” narrativo sacro o mitologico, ora si fa strada autonomamente attraverso un’ossigenazione ed una vivacità canterina, raggiunta con l’abbassamento del punto di osservazione. Nel dipinto di Brueghel più che una fuga sembra si “celebri” un pic nic in una briosa gita campestre domenicale, con la Sacra Famiglia al centro di una radura, circondata da accurate e folte chiome di palpitanti e flessuosi arbusti (che sembrano viventi – come direbbe Van Gogh: “vedo negli alberi capacità di espressione, un’anima” - ) mentre sulla destra si scorge in lontananza un laghetto, ove si stanno abbeverando degli animali. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad una Madonna-Biancaneve con i sette dinamici puttini alati. Gesu’ bambino con un balzo si arrampica agilmente per essere allattato.
Il tripudio pullulante della natura in un connubio perfetto tra figure, flora e fauna, dà vita a dei piccoli cosmi, in cui l’uomo risulta parte di un mondo articolato, esplorato da ogni creatura del creatore.
Tanti sono i quadri traboccanti di queste minuziosità in mostra, che addietro nel tempo ci sono senz’altro scappati:  per questo meritano ora una nostra visita o meglio…una fuga da tutti i nostri impegni!
 
 
Maria Cristina Bibbi
Marzo 2021

 

 

Info

Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre Storie dell’infanzia di Gesù
Pinacoteca di Cremona “Ala Ponzone”
Mostra in corso, prorogata fino al 5 Aprile 2021
Web: https://musei.comune.cremona.it/