L'articolo di Vittorio Sgarbi sul settimanale culturale del Corriere della Sera, "Sette" seguito dall'intervista esclusiva al nostro magazine, hanno scatenato, come non era difficile prevedere, polemiche e prese di posizione molto spesso contrarie ma anche favorevoli alle tesi dello studioso.
Per quanto ci riguarda, ribadiamo che il rispetto di tutte le opinioni che ci onoriamo di ospitare, non comporta ovviamente l'adesione o la contrarietà circa i giudizi che vengono liberamente espressi e che continueremo a trasmettere così come le risposte di chi intendesse replicare, in omaggio alla nostra linea editoriale, che è quella di una rivista di storia dell'arte che fa della libera dialettica e dell'approfondimento la sua ragione d'essere: alla sola condizione che non vengano superati -come in effetti non è mai accaduto- i limiti del riguardo e dell'educazione. 

E' in questo spirito che pubblichiamo volentieri la seguente lettera di Edoardo Testori (in contemporanea al Corriere della Sera)

Gent.mo Direttore

Le scrivo in riferimento all’articolo apparso su “Sette” del 30 Dicembre a firma Vittorio Sgarbi intitolato :

“Macchè Artemisia , questo è Caravaggio…”.


Innanzi tutto mi congratulo con l’amico Vittorio per la sua intuizione ed ancor più per la lucidità del suo scritto.
La sua è una “Lectio Magistarlis” nella tradizione dei grandi storici del passato,Longhi in testa,ed offre a chi abbia voglia di capire, una nuova chiave di lettura per il grande artista lombardo.
Da tempo non si vedeva un intellettuale capace di demolire in poche parole un impianto attributivo come quello sulla Giuditta/Lemme e nello stesso tempo , usando i residui della stessa demolizione, costruire in modo assai convincente una nuova inedita proposta.
Vorrei tuttavia raccontarle in questa sede un aneddoto interessante che rafforza ulteriormente l’idea di Sgarbi: nella seconda metà degli anni ottanta, epoca in cui si stava formando la collezione di Fabrizio Lemme , il mio amato zio Giovanni Testori ,nonché firma eccelsa del vs. prestigioso quotidiano,un bel giorno mi confessò di ritenere che la Giuditta /Lemme fosse non già di mano di Artemisia Gentileschi, ma del ben più grande Caravaggio e da collocare cronologicamente negli anni novanta del ‘500 , per via di quel suo fare naturalistico vagamente manierista e statuario come si conviene ad un giovane ancora in odore di classicità.
Lo zio, sempre goloso di quadri del ‘600, cercò ripetutamente di acquisire il dipinto tramite i suoi intermediari romani , ma il tentativo fu inutile.
L’avv. Lemme non l’avrebbe ceduto perché la sua collezione di Barocco Romano sarebbe diventata oggetto di una futura donazione pubblica.
Ricordo lo zio Gianni abbastanza deluso dal diniego ed allora decisi di parlarne a Giuliano Briganti, grande storico e gentiluomo, che di Lemme era amico. Niente da fare !...anche con me Lemme fu lapidario.
Lo zio si mise il cuore in pace…ci si dimenticò della Giuditta e qualche tempo dopo la malattia se lo portò via col suo segreto…
Ecco una buona ragione per dare maggior risalto alla “scoperta” di Sgarbi.
Questa è veramente una grande novità per il Patrimonio Artistico Italiano e si contrappone agli innumerevoli isterici annunci di questi ultimi tempi
che hanno spinto Tommaso Montanari a pubblicare il volume “La mamma di Caravaggio è sempre incinta.”
Non vale neanche la pena di ricordare la recente invasione dei mercanti francesi a Brera con la mediocre Giuditta di Toulouse, né di menzionare il volume dal contenuto quasi umoristico appena dato alle stampe da Allemandi, con ben 79 opere inedite di Caravaggio….!
Speriamo invece vivamente che la gravidanza caravaggesca appena iniziata da Sgarbi con la Giuditta /Lemme , arrivi finalmente ad un lieto evento e per questo, se Io  fossi il Ministro dei Beni Culturali, gli proporrei senza indugi una mostra di confronti , magari…presso la Galleria Borghese di Romam, dove si custodiscono i grandi capolavori del Merisi dipinti negli stessi anni.
Tutto questo permetterebbe di fare chiarezza definitiva su Caravaggio e ridarebbe all’Italia il primato sull’argomento.
 
Suo
Edoardo Testori