La storia dei ritrovamenti di capolavori d’arte lascia sempre molto a desiderare, soprattutto per le misteriose circostanze con cui di solito avvengono. L’ultimo in ordine di tempo è stato un ritratto di
Leonardo La bella Principessa di cui è stata contestata tanto l’attribuzione quanto la datazione. Tuttavia fu una delle attrazioni delle manifetazioni espositive durante l’Expo di Milano, grazie alla intelligenza con cui venne promosso da
Vittorio Sgarbi, peraltro mai dichiaratosi a favore di una così roboante attribuzione (vedi
https://news-art.it/news/soprintendenze--miste--e-musei-gratis--ecco-la-rivoluzione.htm)
Invece chi poco più di un anno fa giurò sull’autenticità di un ritrovamento “Solo Michelangelo avrebbe potuto realizzare un simile capolavoro !”, fu la professoressa inglese
Maria Loh, docente dell’
University College London, come apparve in un articolo del quotidiano londinese
The Times riferendosi alla scultura «perduta» di
Michelangelo, con il caratteristico naso rotto tipico dell’artista, da lei “individuata” all’interno del monastero francescano della chiesa dei Santi Apostoli a Roma. Non parliamo poi del noto Crocifisso tardo quattrocentesco attribuito sempre al
Buonarroti, che lo stato acquisì con un non piccolo esborso di denaro ed oggi oggetto di contenzioso giudiziario.
Ma potremmo continuare a lungo. Inutile dire che tanto più spesso simili opere riemergono dall’oblio, quanto più provocano incredulità e prese di distanza. Perché ? Forse proprio perché le cronache d’arte – o meglio, a metà strada tra arte e
gossip, o forse tra arte e
marketing- sono piene zeppe di misteriosi ritrovamenti che poi non hanno superato il vaglio della critica, vuoi per mancanza di quella qualità che l’attribuzione richiedeva, vuoi, soprattutto, perché la documentazione è troppo spesso se non sempre inefficace. Fateci caso : mai che un ritrovamento ‘clamoroso’ riguardi, che so?

un dipinto di
Sisto Badalocchio, o una tavola di
Jacobello del Fiore; o che si faccia chiasso per una scultura riemersa di
Giacomo Serpotta o di
Camillo Rusconi; no, piace “ritrovare”
Caravaggio, Leonardo, Michelangelo, Canova, e così via.
Vedremo come finirà questa volta. Per intanto registriamo il parere di
Vittorio Sgarbi che ritiene – ma ovviamente ad una primissima valutazione per di più su schermo- che questa Giuditta possa essere effettivamente quella dipinta da Merisi a Napoli nel 1607 :”
La posizione di Oloferne richiama da presso quella Barberini, il tendaggio è molto ben rispondente, insomma la qualità è notevole, l’ipotesi che si tratti della redazione originale mi sembra plausibile”
E neanche al noto critico, che di Caravaggio è un vero conoscitore, essendo autore, anche recentemente, di numerose pubblicazioni monografiche sull’artista oltre che di iniziative espositive di grande richiamo, interessa molto capire quanto sia credibile la ricostruzione, invero piuttosto romanzata, del ritrovamento dopo oltre 150 anni della tela, nella “
soffitta di un’abitazione di Tolosa nascosta in un’intercapedine”, da dove è miracolosamente ricomparsa “
durante i lavori per una perdita d’acqua” per di più “
in uno stato di conservazione eccezionale”. Lo ha dichiarato alla stampa,
Eric Turquin, noto mercante parigino, che sarebbe “l’esperto a capo del team che sta curando gli studi sulla tela” e che compare di fronte alla tela.
Se è vero infatti che normalmente nella soffitta della nonna venivano deposti merletti e balocchi fuori uso che dopo tanti anni intrigava poter ritrovare impolverati e arrugginiti, è altrettanto vero quello che dice
Vittorio Sgarbi :”
Non m’interessa se la storia del ritrovamento è una balla; è secondario in questi casi ricostruire la provenienza; l’importante è il quadro, e se penso a quello di Finson di Palazzo Zevallos la qualità indubbiamente assai più elevata che appare, sia pure per immagini, in questa versione francese induce a credere che possa trattarsi
dell’originale. Qualche dubbio forse può sollevare la conduzione un po’ ‘pesante’ della Giuditta, ma per questo aspetterei di vederlo de visu”
Anche noi non abbiamo visto la tela
sub judice da vicino e quindi anche il nostro giudizio è incompleto e allora forse non è male richiamare qualche dato incontrovertibile. Tutti sanno che l’originale di Caravaggio risale al 1607, ed anzi più precisamente, a prima del 25 settembre di quell’anno, data cui rimanda una lettera di
Frans Pourbus arrivato a Napoli proprio per individuare dipinti “delli più principali che si siano trovati”, come chiedeva il suo mandante, l’agente del
duca di Mantova; la lettera di Pourbos informa “ho visto qui doi quadri bellissimi di mano de M. Angelo da Caravaggio “, uno era la
Madonna del Rosario e l’altro “un quadro mezzano da camera di mezze figure et è un Oliferno con Giuditta, et non lo dariano a manco 300 ducati”.
Forse proprio perché informati dal loro amico Pourbus, saranno poi
Louis Finson ed
Abraham Winck –anch’essi come Pourbus, pittori oltre che mercanti d’arte- a prendere possesso sia del
Rosario che della
Giuditta trasferendoli nelle Fiandre, dove sono inseriti come comproprietà nel testamento di Finson. E’ del tutto verosimile, anche in ragione del suo secondo lavoro ( o primo?) di artista che Finson, abbia ricopiato la
Giuditta, ed è altrettanto verosimile che dunque a lui venga assegnata come “copia da originale perduto” la tela oggi a Palazzo Zevallos (fig. 3) . Perché era l’unica a conoscersi.
Ma non è anche possibile che ne abbia redatto altre copie ? E non è altresì possibile che due così importanti capolavori del Merisi apparendo nei Paesi Bassi possano aver stimolato altri autori ad esercitarcisi perché affascinati da quella pittura così rivoluzionaria ?
Se a questo aggiungiamo che Finson –come scrive
Maurizio Marini- operò a lungo in Francia “regione in cui sono documentate nei secoli XVII e XVIII alcune versione di una ignota ‘Giuditta’ attribuita a Caravaggio “ (cfr
Caravaggio Pictor Praestantissimus , Roma, 2001, p. 518), allora la vicenda dello strano misterioso ritrovamento “in una soffitta” potrebbe perdere molta parte di mistero….
Ma è solo un modesto suggerimento, e il team di esperti del Centro di ricerche e restauri dei Musei di Francia potrà sen’altro ignorarlo.
Referenze fotografiche (Repubblica.it; Caravaggio400.blogspot.com)